Secondo l'inchiesta Aemilia che ha portato in carcere 117 persone, la ditta Bianchini Costruzioni ha utilizzato il materiale in capannoni, caserme dei pompieri, campi di accoglienza per gli sfollati. A rivelarlo è lo stesso titolare dell'azienda, ora in carcere, durante una conversazione intercettata
Scuole, capannoni, caserme dei pompieri, campi di accoglienza per gli sfollati del terremoto. Nei cantieri della ricostruzione dopo il sisma del 2012 dove è passata la ditta emiliana Bianchini Costruzioni, non c’era solo la ’ndrangheta, ma spesso anche l’amianto. Miscelato assieme alla terra per farne materiale da pavimentazione così da trarne, secondo i pm, “un ingiusto profitto”. E’ questa l’accusa che emerge dalle carte della maxi inchiesta sulle cosche in Emilia, culminata il 28 gennaio con l’arresto di 117 persone, molte delle quali indagate per associazione mafiosa, altre per concorso esterno o altri reati tra i quali anche quelli contro l’ambiente.
L’occasione del sisma per fare affari del resto era ghiotta. Le scuole in particolare: a luglio 2012 il commissario per l’emergenza Vasco Errani aveva stanziato 56 milioni di euro per costruire entro settembre, in tempo da record, edifici scolastici temporanei al posto di quelli inagibili. La ditta di San Felice sul Panaro, il cui capo Augusto Bianchini è ora in carcere con l’accusa, tra le altre, di concorso esterno in associazione mafiosa, raccoglie una serie di subappalti. A Reggiolo per esempio prende lavori per 140 mila euro per il cortile della scuola “Carducci”. Mesi dopo però, il 9 novembre 2012, i Carabinieri intercettano una conversazione all’interno dell’auto di Bianchini. Con lui c’è Antonio Vignali, un consulente ambientale della ditta, e i due parlano dell’eventualità che i funzionari dell’Arpa (l’agenzia regionale per l’ambiente) possano trovare la sostanza killer nel giardino della scuola di Reggiolo. Bianchini dice di “esserne certo” e teme che i controlli vengano poi estesi a tutte le altre scuole dove la sua ditta ha lavorato e portato la terra, con i relativi costi di bonifica che questo avrebbe comportato.
Previsione azzeccata, visto che poco dopo la Bianchini dovrà bonificare quella e altre scuole: infatti l’amianto viene trovato fuori da una scuola di Finale Emilia. E non solo. Il 24 novembre 2012 Bianchini commenta con sua moglie i risultati dei controlli in due cortili scolastici di Mirandola e di Concordia sulla Secchia. “Siamo rovinati”, replica lei. Peraltro in alcuni dei cantieri di quelle scuole la manovalanza utilizzata dalla Bianchini era stata assoldata direttamente da un uomo – secondo gli inquirenti – della ’ndrangheta, Michele Bolognino. Si tratta di uno dei “promotori” della associazione a delinquere e in contatto diretto con Bianchini, come spiegato nelle carte della maxi inchiesta del procuratore Roberto Alfonso e del sostituto Marco Mescolini della Dda di Bologna.
L’amianto in quei mesi è un vero e proprio assillo per la Bianchini, che ha appalti in tutto il cratere. La Ausl trova tracce di amianto nella terra usata per pavimentare il campo di accoglienza Trento di San Felice sul Panaro e vicino al campo di accoglienza di Massa Finalese. Sempre a San Felice, la sostanza viene trovata anche vicino alla caserma dei Vigili del fuoco e nel piazzale dell’area provvisoria, denominata Piazza Italia, in cui il Comune aveva previsto andassero i commercianti con i loro negozi. Ancora ne viene trovato nel deposito della stessa Bianchini Costruzioni, senza l’autorizzazione per lo stoccaggio.
Il 18 ottobre 2012, nell’area della ditta Phoenix dove lavora sempre la Bianchini Costruzioni, l’Arpa va a fare dei prelievi sul terreno. Il giorno dopo l’ispezione, il 19 ottobre, Augusto Bianchini corre ai ripari e chiama Lauro Alleluia. Quest’ultimo è uomo di fiducia di Michele Bolognino. Bianchini chiede ad Alleluia di gettare sul terreno 3 centimetri di magrone, una sorta di calcestruzzo magro. Obiettivo, secondo gli inquirenti, è quello ostacolare i successivi controlli che sarebbero arrivati dall’Arpa. Un’operazione riuscita quella di Bianchini, secondo il gip, visto che pochi giorni dopo, i tecnici dell’Arpa tornano. I campioni prelevati il 18 ottobre erano risultati positivi alla presenza di amianto, ma ora i tecnici Arpa non possono fare nuovi prelievi: “L’area interessata risultava ricoperta da materiale fine pressato”. Il magrone aveva funzionato e l’operaio Alleluia, secondo il gip, riscuote addirittura da Bianchini (tramite Bolognino) un ‘premio’ di 200 ore per il lavoro di ‘copertura’ svolto.
Il 24 novembre 2012 Augusto Bianchini e la moglie vengono intercettati. Lei sostiene che per la questione dell’amianto si trovano “in una bruttissima situazione”. La donna – si legge nell’ordinanza del gip Alberto Ziroldi – rinfaccia al marito “che dopo il terremoto per accaparrarsi il maggior numero di commesse, hanno osato di più, pur essendo consapevoli che con il fibrocemento il rischio sarebbe elevato, soprattutto per loro che si trovavano già sotto i riflettori”. Pochi mesi dopo la Bianchini Costruzioni verrà esclusa dai lavori per il post terremoto, dopo che il prefetto l’avrà cancellata dalla white list, l’elenco delle ditte immuni da possibili infiltrazioni mafiose.