L'Istat ha rilevato che il mese scorso l'indice dei prezzi al consumo ha registrato la variazione negativa più consistente dal 1959. La tendenza, che accomuna l'Italia al resto dell'Eurozona, deriva soprattutto dalla caduta del valore dei beni energetici
L’Italia torna su un sentiero di deflazione. A gennaio, calcola l’Istat, la variazione del livello dei prezzi è stata negativa: -0,4% rispetto al mese precedente, -0,6% su gennaio 2014. Questo dopo la flessione dello 0,2% registrata a novembre e la sostanziale stagnazione di dicembre, anche se le prime avvisaglie si erano sentite già ad agosto quando l’indice dei prezzi al consumo è calato dello 0,1% per la prima volta dal 1959. Una situazione che del resto ci accomuna con il resto dell’Eurozona, che in dicembre ha visto il segno meno comparire davanti all’indice dei prezzi calcolato da Eurostat per i 19 Paesi. E il “contagio” ha ormai raggiunto anche la Germania, dove il tasso di variazione dei prezzi il mese scorso è sceso a -0,3% anno su anno. Non per niente è proprio per contrastare questa spirale negativa – la deflazione tende a frenare i consumi in attesa di ulteriori cali dei prezzi, e di conseguenza deprime gli investimenti e l’intera attività economica – che la Banca centrale europea ha deciso di lanciare, a partire da marzo, un programma di riacquisto di titoli di Stato con l’obiettivo di riportare l’inflazione verso il 2 per cento.
La flessione su base annua dell’indice generale è dovuta in larga misura all’accentuarsi della caduta tendenziale dei prezzi dei beni energetici, in particolare quelli non regolamentati (-14,1%, da -8% di dicembre), e al rallentamento della crescita annua dei prezzi dei servizi, con particolare riferimento ai trasporti (+0,2%, da +2% del mese precedente). Al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici, l’inflazione di fondo è positiva ma in ulteriore rallentamento: +0,3% rispetto al +0,6% di dicembre.