Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna, in ambienti sicuri. Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro. Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale”.

Sono le parole pronunciate stamattina a Montecitorio dal neo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, davanti alla Camere unite. Un discorso interrotto da 43 applausi. Da notare che le 48 parole dedicate all’istruzione sono state approvate da onorevoli e senatori da due applausi: il primo nel momento in cui Mattarella ha pronunciato “diritto allo studio”; il secondo a sottolineare il tema del lavoro. Nessun applauso, invece, nel momento in cui il Capo dello Stato ha parlato di divario digitale. Forse non è un caso.

Chissà se stamattina Mattarella pensando agli ambienti sicuri ha immaginato il volto di Cinzia Caggiano, la mamma di Vito Scafidi morto a causa del crollo del contro-soffitto di un’aula del liceo “Darwin” di Rivoli a soli 17 anni. Proprio in quegli istanti in cui il presidente giurava fedeltà, la mamma di quel ragazzo si presentava a Roma davanti alla Cassazione per avere giustizia dopo sette anni dalla tragedia.

Mattarella, forse, non a caso, seppur con la consueta retorica tipica di questi discorsi, ha posto l’accento su tre questioni che riguardano la scuola: la sicurezza, il lavoro e la digitalizzazione. Se il secondo tema poteva apparire scontato in un Paese dove la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 44,2%, la questione edilizia e soprattutto quella tecnologica non lo erano per nulla.

Il garante della Costituzione sa bene che il 58% degli edifici è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974 mentre solo il 3,3 % tra il 2001 e il 2003.

Ancor più Mattarella sa come l’Italia sia arretrata sul piano digitale: ultima in classifica, sempre con la maglia nera. Probabilmente la sera prima, quando limava il discorso, deve aver letto i dati: solo il 10% delle nostre scuole primarie e il 23% delle secondarie è connesso a Internet con una rete adeguata. Quasi in una scuola su due, la connessione non raggiunge le classi.

E se persino l’inquilino del Quirinale, nel suo primo discorso alla nazione, punta il dito contro il pantano digitale dei nostri istituti, credo sia suonata la campanella per il Governo che di là delle promesse de “La Buona Scuola” avrà il compito nei prossimi mesi di mettere al centro della riforma la questione sollevata da Mattarella.

Alle parole dovranno seguire i fatti: il neo presidente ben sa che l’Italia è il solo Paese dell’Ocse ad aver registrato una diminuzione della spesa pubblica per le istituzioni scolastiche tra il 2000 e il 2011. Mattarella, stamattina, si è voluto definire un arbitro imparziale e ha chiesto, rivolgendosi agli onorevoli e ai senatori, di essere aiutato dai giocatori. Il presidente ha scordato che oltre ai giocatori ci sono gli osservatori arbitrali: a noi insegnanti, a chi si occupa di scuola toccherà questo compito.

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