L'ad Marco Patuano ha annunciato che ci saranno 8mila posti di lavoro e gli stanziamenti per la rete di nuova generazione supereranno il miliardo: "Vogliamo cablare tutta l'Italia"
Telecom Italia promette 8mila posti di lavoro e lo sviluppo della rete di nuova generazione in sette regioni del Sud. E, con questa mossa, fa virtualmente un passo in avanti sul dossier Metroweb. In un’intervista rilasciata al quotidiano romano Il Messaggero, l’amministratore delegato dell’ex monopolista, Marco Patuano, ha annunciato che gli investimenti di Telecom per lo sviluppo della fibra saranno più elevati del previsto. Una promessa che suona bene alle orecchie del fondo F2i che sta valutando la possibilità di cedere la maggioranza dell’azienda della fibra, Metroweb, a Telecom o a Vodafone anche sulla base dei piani di sviluppo che il futuro acquirente sarà capace di sostenere.
L’ad di Telecom ha spiegato che la sua azienda vuole “cablare tutta l’Italia” mettendo sul piatto “ben più di un miliardo” di investimenti. Il piano d’azione, che verrà presentato al mercato il prossimo 19 febbraio, partirà da Calabria, Basilicata, Molise, Puglia, Lazio, Sicilia e Campania. In queste regioni, il gruppo ha infatti vinto i bandi per la realizzazione della nuova infrastruttura attraverso i progetti regionali cofinanziati con fondi europei regionali e nazionali destinati alle zone meno redditizie (le cosiddette “aree bianche”). Per sviluppare la fibra nelle sette regioni del Sud, Telecom potrà quindi contare su circa 350 milioni di contributi pubblici cui dovrà affiancare altri 300 milioni di investimenti privati.
Secondo Patuano, l’operazione di investimento nelle aree bianche, testimonia che quando “si tratta di fare, noi siamo pronti a fare”. E deve essere interpretata nel più ampio contesto di impegno del gruppo a favore dello sviluppo dell’Italia. “L’obiettivo è di modernizzare il Paese nel suo complesso e fare crescere il prodotto interno lordo. Soprattutto in quelle aree dove gli altri operatori preferiscono non avventurarsi – ha precisato il top manager – Non solo. Con questo piano e anche grazie alle nuove regole introdotte dal Job acts, Telecom assumerà oltre 4mila lavoratori e altrettanti posti di lavoro saranno creati in maniera indiretta, e in gran parte, nelle stesse regioni interessate dagli investimenti”.
In cambio, come previsto dai bandi Infratel, Telecom, che pure prevede un ritorno dell’investimento nelle sette regioni dopo dieci anni, resterà l’unico referente della nuova rete alla cui porta dovranno bussare gli altri operatori che vorranno utilizzare il network di nuova generazione. “L’infrastruttura sarà aperta a tutti in base alle tariffe e alle modalità definite dell’Agcom”, ha puntualizzato Patuano, descrivendo uno scenario simile a quello di monopolio che esiste oggi per l’ultimo miglio in rame di proprietà Telecom.
Ma quanto tempo bisognerà attendere prima di vedere realmente realizzata la nuova infrastruttura nelle sette regioni del Sud? “Si tratta di investimenti che saranno operativi in tempi brevissimi – ha precisato – L’operazione sarà chiusa entro metà del 2016”. Insomma, un intervento lampo finalizzato a “coprire con la banda ultra larga zone che altrimenti non avrebbero avuto la fibra o comunque l’avrebbero avuta ma con tempi decisamente più lunghi”, come ha chiarito l’ad di Telecom. E che, secondo il top manager, è “un’esperienza positiva che potrebbe ripetersi al livello nazionale nel piano del governo”.
Con ogni probabilità anche di questo si parlerà nel consiglio di amministrazione previsto per giovedi’ 4. Sul tavolo dei consiglieri, ci saranno anche il dossier Metroweb e il resoconto della recente trasferta di Patuano in Brasile per riposizionare Tim Brasil. Intanto sul fronte soci, il gruppo registra un cambiamento: Marco Fossati, azionista attivista con sua Findim, ha deciso di disinvestire pesantemente scendendo sotto la quota del 2% dal precedente 4,98 per cento. Fossati era stato molto critico in passato con la gestione Patuano e aveva sostenuto la necessità di potenziare gli investimenti sulla banda larga. Un tema caro anche a Palazzo Chigi dove però Renzi non si sbilancia, nonostante abbia in passato promesso ai suoi elettori una rete di nuova generazione a maggioranza pubblica, aperta a parità di condizioni a tutti gli operatori.