E’ certo: l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica cambierà volto al Paese. Le cose andranno meglio, i privilegi acquisiti andranno scomparendo, i costi del Quirinale saranno dimezzati, sarà messo in discussione il posto fisso delle Pa, la pressione fiscale scenderà di brutto, gli investitori esteri si picchieranno per investire in Italia, le pensioni d’oro e gli stipendi dei parlamentari saranno tagliati. Torneremo a guardare il Tricolore con spirito di patria.
C’è euforia. Dopo il Pacco del Nazareno, in cui mi sono domandato che senso avrà più la legge dopo che un premier come Matteo Renzi ha incontrato a ripetizione un pregiudicato per frode fiscale, ecco che da pregiudicato per frode fiscale Silvio Berlusconi è ancora al Quirinale.
Ora mi domando: quale Presidente della Repubblica può accettare di accogliere, per il proprio giuramento, un condannato in via definitiva come Berlusconi, vanificando di fatto e in un attimo il senso stesso della giustizia, contribuendo ad avallare il principio che vale la pena essere i più furbi, sempre e comunque? Si dirà che la politica è l’arte del compromesso, che il compromesso è, si spera, a fin di bene. Ma allora…tutto questo bene quando arriva? Quale Presidente della Repubblica in visita alle Fosse Ardeatine nel giorno stesso della sua elezione, ispirando speranze e valori antifascisti, accetterebbe mai di invitare di lì a pochi giorni uno che dell’antifascismo non glien’è mai fregato un accidente? Quale capo dello Stato accetterebbe di giurare fedeltà al Paese in presenza di un condannato in via definitiva dalla giustizia italiana per frode fiscale? Il nostro.