“Avviso per i #codardicretinicomplici: con me cascate male perché non vi riuscirà mai di trascinarmi nel vostro fango. Sodano (sindaco di Mantova, ndr) stamattina ha parlato a nome vostro, ma cari noti la storia è scritta: voi avete voluto e votato Lagocastello, io l’ho bloccato nonostante le vostre intimidazioni”. Sfogo pesantissimo, affidato a Facebook e confermato a voce a ilfattoquotidiano.it, quello dell’ex sindaco di Mantova Fiorenza Brioni, del Pd. Con chi ce l’ha? Con chi adesso cerca di attribuirle responsabilità per una vicenda che lei ha avversato. “Fra questi molti del Pd, che allora fecero finta di non vedere e che oggi sono reticenti e continuano a far finta che il problema mafia, da noi, sia di poco conto”. La parola chiave è Lagocastello, lottizzazione che proprio la Brioni contribuì ad annullare e attorno alla quale si stanno concentrando le indagini dell’operazione Pesci, che la Direzione distrettuale Antimafia di Brescia sta portando avanti in questi giorni per accertare infiltrazioni di una cosca di ‘ndrangheta nel tessuto economico di Mantova e Cremona e negli apparati istituzionali del Comune di Mantova.
Lagocastello: 180mila metri cubi di cemento in riva al lago, di fronte al castello di San Giorgio; duecento villette e un albergo per un totale di 1200 persone insediate. Lagocastello, come il nome della società che avrebbe dovuto costruire in quell’area e che come socio unico aveva l’imprenditore edile calabrese Antonio Muto, coinvolto nell’indagine della Dda di Brescia e attualmente agli arresti domiciliari con accuse pesanti a cui rispondere, come quella di estorsione. Nella stessa indagine è entrato anche il sindaco di Mantova, Nicola Sodano, che si dichiara estraneo e innocente, ma che dovrà rispondere di accuse quali corruzione in atti giudiziari. E tutto, si diceva, ruota attorno sempre alla lottizzazione Lagocastello.
Lagocastello, la lottizzazione incriminata. 180mila mc di cemento
in riva al lago, di fronte al castello: 200 villette e un albergo
Questo nome compare per la prima volta a fine 2004 quando l’immobiliare di Antonio Muto presenta all’amministrazione comunale un progetto edilizio importante, che avrebbe sconvolto uno degli ingressi più pittoreschi d’Italia, quello dal ponte di San Giorgio conduce al castello dei Gonzaga. Un progetto che avrebbe, fra le atre cose, necessitato di una variante urbanistica al Piano Regolatore. “Era la prima volta – spiega Fiorenza Brioni – che veniva resa edificabile la sponda di un lago e per fare ciò serviva una variante al Pgt, che venne approvata in fretta e furia. L’amministrazione Burchiellaro era a fine mandato, le elezioni erano vicine e si voleva evitare che la pratica rimanesse impantanata. Inoltre, cosa inusuale, anche lo schema di convenzione urbanistica venne approvato alla velocità della luce”.
La giunta dell’allora sindaco diessino, Gianfranco Burchiellaro, approva il progetto in toto e concede le autorizzazioni a costruire. Il cantiere parte, e la società di Muto inizia le opere di urbanizzazione primaria. Nell’aprile del 2005 le elezioni le vince Fiorenza Brioni, pasionaria del Pd che fra i punti del suo programma ha proprio lo stop alla lottizzazione in riva al lago. Appena eletta cerca subito di bloccare Lagocastello, ma si accorge che non tutto il suo partito la segue: “Ci fu una profonda spaccatura – spiega l’ex sindaco – e alcuni dei Ds per ricompattare lo schieramento mi chiesero continuità con la giunta Burchiellaro e per continuità intendevano anche non bloccare Lagocastello”. Nella pratica della lottizzazione, però, manca la Valutazione di Impatto Ambientale e il sindaco ne approfitta per fermarla. La società costruttrice fa ricorso al Tar.
L’ex sindaco: “Avviso per i
#codardicretinicomplici: voi avete votato Lagocastello. Io l’ho bloccato nonostante le vostre intimidazioni”
Fra un ricorso e l’altro si arriva nel 2009. Anno chiave, perché la Sovrintendenza, quattro anni dopo le concessioni edilizie, pone un vincolo di inedificabilità sull’area, da considerarsi alla stregua di un bene culturale. Il Tar nel 2011 conferma i vincoli di inedificabilità. I legali di Muto fanno ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tribunale amministrativo. Il costruttore cutrese non ci sta, ha già venduto case e investito soldi. Minaccia di chiedere danni al Comune per 80 milioni di euro. Nel luglio 2012 arriva anche la sentenza di ultimo grado amministrativo, che conferma quella del Tar. La lottizzazione Lagocastello non s’ha da fare e quell’area dovrà rimanere verde.
Nel frattempo l’amministrazione comunale è cambiata e al posto di Fiorenza Brioni, nel 2010, si insedia Nicola Sodano, sostenuto da una coalizione di centrodestra. Sulla questione Lagocastello il sindaco attualmente in carica è meno radicale del suo predecessore e cerca la mediazione. Il resto è storia di questi giorni, con i carabinieri che notificano al sindaco un avviso di garanzia nell’ambito dell’indagine Pesci – collegata all’inchiesta Aemilia della Dda di Bologna – e stanno un giorno intero in Comune a prelevare documenti su quella lottizzazione. In un’intervista a un quotidiano locale di qualche giorno fa il sindaco in carica ha attaccato i suoi predecessori dicendo che la magistratura dovrebbe fare indagini su di loro. E a quel punto ecco il post al veleno di Fiorenza Brioni: “Non è un sfogo – dice – ma una riflessione lucida. I codardi, cretini e complici sono tutti coloro che, a ogni livello istituzionale e politico, hanno fatto finta che a Mantova il problema mafia non ci fosse. Mi hanno fatta passare per una visionaria. A deludermi maggiormente i vertici locali del mio partito, il Pd. Non hanno reagito. La città è travolta da un’indagine sulla mafia e loro non fanno nulla. Hanno convocato due incontri nei prossimi giorni e all’ordine del giorno non si fa cenno al problema delle infiltrazioni mafiose nel nostro territorio. Si tratta di un gruppo dirigente inadeguato che deride e mette all’angolo chi denuncia situazioni di illegalità”.