Caro compagno, caro marito, so che la monogamia non è per tutti o forse non è per tutti i periodi della vita. So che ci possono essere dei momenti in cui uno è più fragile – o chissà, più forte – e in cui la curiosità non prende la forma di un altro lavoro, di un hobby, ma di un altro volto e un altro corpo. Perciò ti dico: se vuoi tradirmi, ecco le mie regole.
Credo infatti che, come per ogni altra cosa della vita, si possa farlo in mille modi. Forse non esiste un tradimento politicamente corretto, però sì, ci può essere un’etichetta del tradimento: detto altrimenti, e meglio, un modo di tradire che possa rispettare l’altro. No, non sto per dirti che puoi tradirmi solo se riesci a separare sesso e sentimenti (per me è ridicolo, non esiste questa separazione e chi ci riuscisse sarebbe un mostro); no, non ti sto per dire che puoi farlo solo se sporadicamente, una botta e via, anche se certo una vera e propria vita parallela che duri decadi quella no, non potrei immaginarla, farebbe troppo male. Invece la prima regola che ti do, se vuoi tradirmi, è questa: continua ad amarmi e, quindi, a esserci tutto intero quando ci sei, a condividere con me tutto te stesso, a metterti in gioco ogni momento. La seconda regola, invece, è questa: che io non sappia nulla. Spetta a te la cancellazione di ogni traccia, e tutta l’ansia relativa.
Non guarderò il tuo cellulare, non frugherò nei tuoi abiti, ma non c’è dubbio: il lavoro principale lo devi fare tu.
Ed ecco la terza regola, anche questa semplice solo in apparenza: usa il preservativo, perché non voglio essere esposta mentre credo di essere protetta. Se rispetterai queste tre regole, potremo continuare a stare insieme (credo, anche, senza alcuna borghese ipocrisia). E naturalmente, ma ça va sans dire, no?, se dovesse capitare a me, te lo prometto: anche io, giuro, le rispetterò.
di Elisabetta Ambrosi
Caro compagno, caro marito, siccome so che voi uomini siete fedeli solo alla squadra del cuore – mentre io, non tenendo al calcio, nemmeno a quella – non ti chiedo promesse di fedeltà. Una cosa te la prometto io: non ti spierò e non ti sorveglierò. Mai.
Credo che chi diventa secondino del proprio partner, gli fruga nelle tasche, lo segue, gli legge di straforo messaggi e posta in cerca di indizi, merita di trovare prima o poi quel che cerca, se non altro come premio per l’impegno profuso. Non ti spierò perché da piccola mi dicevano che chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù; più tardi ho scoperto che chi ha una vita amorosa disordinata, invece, è amicissimo del Nazareno – quello vero, non quello del patto. Lui ha sempre un occhio di riguardo per chi ha molto ama e ama molti; anzi, chissà che la vera unicità del messaggio di Gesù, rispetto alle altre religioni, non sia proprio nella comprensione per l’amore fuori dal matrimonio. Le uniche donne che stima sono prostitute e adultere, mentre con i farisei e gli ipocriti è durissimo. Chi spia i tradimenti veri o presunti giù all’inferno ci va da vivo, quando al tarlo del dubbio preferisce l’umiliante paranoia del controllo e, se i sospetti diventano certezza, dà tutto se stesso in pasto ai demoni della rabbia, del rancore e dell’umiliazione.
Tieniti pure i tuoi misteri: da italiana sono così abituata a non sapere la verità che, dovendo scegliere, preferirei sapere cos’è successo davvero la notte di Ustica piuttosto che la notte in cui sei tornato a casa alle 4 con addosso un profumo diverso dal mio. Non mi credi? Bravo. Io, forse, nemmeno. E poiché in realtà sono orribilmente gelosa e potrebbe venirmi la tentazione di spiarti, per neutralizzare la paura del tradimento con le sue ansie e ossessioni ho adottato la soluzione più semplice ed efficace: ti ho tradito prima io.
di Lia Celi