Ci sono poi 72 nuovi nomi cinesi nella lista (contro i 56 americani) e sempre cinese è l’uomo che ha visto crescere maggiormente la sua ricchezza. Si tratta di Liu Qiangdong, proprietario di Jd.com, l’azienda di ecommerce che comincia a far seria concorrenza ad Alibaba, il gruppo fresco dell’opa più grande della storia. Il suo patrimonio è quadruplicato: dagli 1,5 miliardi di dollari dell’anno scorso ai 6,7 di quest’anno. E la concorrenza si sente. Jack Ma, che è appunto il patron di Alibaba, è sceso dal primo al terzo posto del podio cinese, nonostante a settembre avesse guadagnato 25 miliardi di dollari dalla quotazione a Wall Street della sua creatura.
Il primato quest’anno spetta al re del solare, Li Hejun che con i suoi 26 miliardi di dollari si colloca al 28esimo posto a livello globale. La sua azienda Hanergy è leader nel settore cinese del fotovoltaico (anche se ancora non è riuscita a dare una risposta convincente all’inchiesta sul Financial Times che lo scorso mese la accusava di “pratiche non convenzionali”). Al secondo posto si piazza Wang Jianlin, presidente del gruppo immobiliare Wanda con un patrimonio stimato in 25 miliardi di dollari, interessi nelle sale cinematografiche Usa e una quota del 20 per cento nell’Atletico Madrid.
Sembra proprio che il baricentro del mondo stia cambiando, ma la massiccia presenza di cinesi tra i miliardari non deve farci dimenticare che la maggior parte dell’1,3 miliardi di cittadini dell’ex Celeste Impero ha un Pil pro capite al di sotto della media mondiale. Se si prende in considerazione questo dato, infatti, la Cina si colloca solo al 90esimo posto. Non stupisce che una delle dieci parole scelte dallo scrittore Yu Hua per descrivere la Cina contemporanea sia proprio “disparità”. Per dirla come lui “è come se fossimo seduti in un teatro bizzarro dove, contemporaneamente, su una metà del palco va in scena una commedia e sull’altra una tragedia”.
Il Fatto Quotidiano, 4 febbraio 2015