L’iniziativa è di quelle che fanno gridare allo scandalo. E il tema, ancora una volta, è quello del lavoro frontaliere tra Italia e Svizzera. Nel Comune di Claro, alto Canton Ticino, è diventata effettiva in questi giorni un’iniziativa dell’amministrazione di destra che prevede l’esposizione di un bollino per le aziende e gli esercizi commerciali che impiegano personale residente. Ovviamente tutti respingono le accuse di razzismo, a partire dal sindaco Roberto Keller. “Non si tratta di razzismo e – puntualizza – non è una iniziativa a tutela degli svizzeri verso cittadini di altre nazioni. Qui tuteliamo i residenti, a prescindere dalla nazionalità. Sempre più spesso vediamo i nostri ragazzi restare senza lavoro, perché arriva qualcuno da fuori disposto a lavorare a prezzi stracciati, molto al di sotto dello stipendio minimo per garantirsi un’esistenza dignitosa in Svizzera”. Claro è un piccolo Comune che conta poco meno di 3 mila anime, ma l’iniziativa del sindaco ha acceso un dibattito che sta superando i confini del paesino. “Sono molti i sindaci del Canton Ticino che mi chiamano, per molti – spiega Keller – sta diventando una priorità tutelare il lavoro della nostra gente”. Pochi, invece, gli esercizi commerciali e le aziende interessate: “Ad oggi – ammette – sono solo tre, ma non è questo il punto”. Già, forse perché i primi a beneficiare del lavoro frontaliero sono proprio gli imprenditori elvetici che approfittano della manodopera a basso costo proveniente da oltreconfine, a discapito dell’occupazione interna. “La questione rimarrà aperta fino a quando l’Italia non avrà una ripresa seria, è una questione di osmosi – puntualizza ancora Keller – qui c’è un territorio di 350 mila abitanti che ogni giorno riceve 60mila lavoratori italiani. Lo squilibrio è evidente e le preoccupazioni di un padre svizzero possono essere facilmente comprese anche da un padre italiano” di Alessandro Madron
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