Sono 340 le amministrazioni che non ottemperano gli obblighi di legge sulla pubblicazione di incarichi, contratti, consulenze, stipendi. Nella lista nera dell'Anac spuntano le società pubbliche al centro degli scandali. E poi Comuni, ospedali, aziende sanitarie. Pronta la raffica di diffide e sanzioni
L’anticorruzione bussa alla porta, nessuno risponde. Non casca il mondo se lo fa il comune di Pachino, 22mila abitanti in provincia di Siracusa, che tutti conoscono per il pomodorino ma dove nessuno conosce retribuzione e rimborsi del sindaco e del suo vice, dei tre assessori che compongono la giunta e dei 20 consiglieri. Ma è clamoroso se nella lista nera dell’Anac spuntano enti al centro delle più pesanti vicende giudiziarie degli ultimi anni, dal Mose di Venezia all’Expo di Milano. Nell’elenco c’è anche il più costoso ospedale d’Italia, comuni commissariati, discariche ed enti di bonifica già nel mirino della finanza. La questione, allora, si fa delicata e rinfocola un sospetto pesante: che tutto l’armamentario di leggi, di misure preventive e repressive in definitiva non riesca a imporre davvero la cultura della legalità e della trasparenza a chi inquina l’economia. Non a caso, per tutti gli enti citati, sono scattate diffide a raffica.
A dare il polso della situazione è l’ultima ricognizione dell’Anac sull’attività di vigilanza in materia di trasparenza, aggiornata il 19 gennaio scorso. Si tratta dei risultati di una complessa attività di controllo che rientra nelle competenze dell’autorità anticorruzione pensata non per a soddisfare la curiosità morbosa degli ispettori guidati da Cantone ma per dar corso alle segnalazioni di comuni cittadini che si sono imbattuti nei “buchi neri” delle informazioni che le amministrazioni pubbliche son tenute a pubblicare in forza di legge, precisamente la numero 33 del 2013: compensi, incarichi, performance, presenze, bandi, contratti e quant’altro. In poche parole, la tanto invocata trasparenza come antidoto alla corruzione e all’illecito nelle articolazioni dello Stato.
Il risultato di questa attività, ad oggi, è un elenco di 340 inadempienze frutto di altrettante segnalazioni a istanza di parte che sono giunte dal 1 gennaio al 31 dicembre 2014 attraverso la piattaforma www.campagnatrasparenza.it. Una per una sono state poi approfondite dall’anticorruzione e il risultato dell’attività istruttoria, a quasi due anni dalla legge, è il seguente: solo 18 segnalazioni sono risultate infondate e quindi archiviate, 215 enti sono invece risultati effettivamente inadempienti agli obblighi e a loro è stato chiesto di adeguarsi entro una scadenza prestabilita, rimuovendo le inosservanze accertate. Quanti l’hanno fatto? A una seconda verifica, dettagliata nell’aggiornamento, risulta che all’appuntamento si sono presentate in regola 104 amministrazioni, ovvero il 64%. Ma altre 40 si sono adeguate alle richieste solo “parzialmente” (25%) e 18 (11%) non si sono adeguate affatto, facendo spallucce ai richiami dell’Anac. E per entrambe le categorie sono scattate le diffide che preludono, in caso di ulteriore inadempienza e in applicazione della circolare n.2/2013 della Funzione Pubblica (scarica) – a sanzioni disciplinari e amministrative (da 500 e a 10mila euro) a carico dei dirigenti e degli organi di indirizzo politico, nonché la possibilità di invalidare l’efficacia degli atti oggetto di contestazione. Al momento, ma potrebbe essere questione di pochi mesi, non risultano emesse sanzioni.
Dall’elenco spuntano vere e proprie chicche – se così si può dire – come la mancata pubblicazione di una graduatoria a seguito di concorso da parte del ministero della Giustizia. Possibile? Sì e l’adeguamento dopo il richiamo dell’Anac è stato solo “parziale”. Del resto, risultano “verifiche in corso” anche a carico del ministero dell’Interno per quanto riguarda la prefettura di Napoli per l’omissione di informazioni sugli incarichi conferiti ai dipendenti; informazioni che non sono un orpello, ma un antidoto naturale al conflitto di interessi.
Sempre nel capoluogo campano, fa spallucce anche il più grande ospedale del Sud Italia. Il Cardarelli, mistero dei misteri, spende più di tutti gli altri: 17.583 euro per posto letto contro una media nazionale di 7.597 (fonte: Centro studi sanità pubblica dell’Università Bicocca di Milano). E non aiuta certo a svelare il mistero la mancata pubblicazione di “atti amministrativi generali” che gli è costato un richiamo dall’Anac. L’ospedale ha risposto, con adeguamento parziale. Per restare in sanità c’è l’Asl 5 di Reggio Calabria che non riporta da nessuna parte l’elenco dei consulenti e dei collaboratori. “Il dato non è pubblicato”, pazienza se li paghiamo noi. Su altre sei aziende sanitarie sono in corso verifiche.
Venendo ai Comuni sono 176 quelli sotto osservazione. Il nome di Acqui Terme evoca limpidezze cristalline ma la sezione “Amministrazione trasparente” non riporta alcun dato. Lo è così tanto che neppure si vede. A seguito del richiamo c’è stato un adeguamento, ma ancora parziale. Seguono decine e decine di comuni che non pubblicano l’elenco dei beni, bandi di gara, incarichi di vertice, informazioni su organi di indirizzo politico, consulenze e quant’altro. Il Comune di Salerno, solo dopo espresso richiamo, ha reso consultabili gli elenchi dei beneficiari di sovvenzioni, contributi e sussidi. Ancora una volta solo “parzialmente”.
L’autorità portuale di Venezia è stazione appaltante e snodo politico-amministrativo della vicenda Mose e della mai risolta questione Grandi Navi. Mazzette, appalti pilotati, conflitti di interesse hanno portato l’anno scorso a 35 arresti e un centinaio di indagati. Terremoto a Venezia. Stupisce apprendere ora che i curriculum dei dirigenti dell’ente che dovrebbero essere pubblici e pubblicati, lo siano ancora oggi in forma largamente incompleta. L’Anac ha chiesto di avere e pubblicare i dettagli, non sono arrivati. Nell’ambito dei rifiuti primeggia il Consorzio di Bonifica integrale di Sarno, quello che giusto tre mesi fa la Corte dei Conti ha chiamato a rispondere di mala gestione per aver cagionato nel corso degli anni dal 2009 al 2013 un danno erariale da 9 milioni di euro: mancato versamento delle ritenute d’acconto e dei contributi ai dipendenti, versamento di emolumenti “privi di controprestazioni lavorative”, la corresponsione di “inutili e onerosi compensi a consulenti esterni”. Tutta roba che hanno dovuto rilevare i militari della Guardia di Finanzia di Nocera Inferiore al termine di articolate indagini. Se tali informazioni fossero state disponibili per tempo, forse, le grane sarebbero emerse prima che il danno arrivasse a tanti zeri. Ma la sezione “Amministrazione Trasparente”, che dovrebbe riportare gare, contratti, incarichi etc a fine gennaio risultava ancora “priva di ogni contenuto”.
Altre sorprese riserve l’Azienda lombarda di edilizia regionale, quella che a Milano ha in pancia 100mila case popolari e che a più riprese ha alimentato negli anni polemiche e inchieste per gli affitti a canoni stracciati a beneficio dei soliti noti. La segnalazione che arriva all’Anac riguarda proprio l’omessa “indicazione identificativa degli immobili posseduti, dei canoni di locazione versati e percepiti”. In poche parole il cuore stesso delle vicende che tanto spazio hanno preso sulle pagine di politica e cronaca giudiziaria. Il dato, si legge, “non è pubblicato”. Scatta il richiamo, segue adeguamento, ma sempre “parziale”: vengono indicati immobili e canoni, non i beneficiari. E le premesse delle affittopoli passate e future, nonostante gli sforzi, restano. E’ stato infine necessario il richiamo dell’Anac perché la società Expo2015, circondata da scandali e tentativi di infiltrazione da parte di imprese criminali, indicasse un proprio funzionario responsabile della trasparenza. Meglio tardi che mai, visto che mancano tre mesi all’inaugurazione. E che tutti gli obblighi di legge fossero assolti al taglio del nastro sarebbe verybello.