Eterogenesi dei fini è l’espressione che definisce un’azione intrapresa per raggiungere un determinato risultato e che, invece, quasi sempre in modo inconsapevole, approda a conclusione opposte e non desiderate. Di eterogenesi dei fini si deve parlare a proposito delle urla e degli strepiti del partito azienda. In queste ore l’ex Cavaliere, i suoi ultimi fedeli, le sue artiglierie mediatiche, hanno scatenato una campagna preventiva contro i nuovi canoni previsti per l’uso delle frequenze da parte di Rai e Mediaset.
L’ammontare del canone era stato deciso prima della elezione di Mattarella, era stato preceduto dalle decisioni dell’Autorità di garanzia delle Comunicazioni, e rappresenta, in modo ancora insufficiente, un atto di equità verso decine e decine di emittenti locali che, in proporzione avrebbero pagato più dei grandi gruppi.
Sarà appena il caso di ricordare che, per decenni, Mediaset, ha pagato una cifra irrisoria per l’affitto dell’etere, in aperta difformità rispetto alle sentenze della stessa Corte Costuzionale. Cosa c’entra il canone di affitto con l’elezione di Mattarella? Perché i forzisti denunciano, tanto per cambiare, il “rischio esproprio”? Qui si materializza l’eterogenesi dei fini: convinti di denunciare l’imminente arrivo dei cosacchi ad Arcore, svelano l’essenza del conflitto di interessi e la sua centralità nelle politiche della destra proprietaria.
Il canone tv faceva parte dei patti del Nazareno? La “generosa” partecipazione alle riforme istituzionali era legata alla speranza di grazia e favori? Perché mai le altre imprese debbono continuare a pagare i costi del conflitto di interesse? “Forse ora tireranno fuori anche il conflitto di interesse..”, ha piagnucolato un colonnello di Berlusconi, quasi fosse l’arma finale, il preannuncio dello sterminio.
Probabilmente non accadrà, la tempesta di placherà, e l’ex cavaliere tornerà a corte, voterà tutto e racconterà ai suoi di aver spezzato le reni ai nemici. In questo caso sarebbe un’altra occasione persa per l’Italia e, paradossalmente, per la stessa destra. Mai come in questo momento sarebbe infatti necessaria una legge sul conflitto di interessi che impedisse intrecci tra esecutivi, politica ed affari, nel pubblico e nel privato. Intrecci, per altro, che non riguardano il solo Berlusconi, ma tanta parte del mondo dei media.
Servirebbe un nuovo statuto dell’impresa editoriale capace di bilanciare gli interessi delle proprietà con i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione. Non si tratta di punire Berlusconi e le sue aziende, ma di smetterla di punire tutti gli altri. Peraltro la risoluzione del conflitto di interessi, anomalia italica, renderebbe la destra più libera e più credibile nelle azioni e nelle reazioni.
Se davvero il patto del Nazareno, scritto con la minuscola, è stato affossato sarà il caso di approvarla sul serio una legge sul conflitto di interessi e di cominciare a trattare tutte le aziende in modo uguale, a prescindere dal nome e cognome del proprietario.