Domani 5 febbraio, il magistrato Alfredo Robledo comparirà davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Dovrà difendersi da quattro gravi “incolpazioni” che rischiano di costargli l’immediato trasferimento dalla Procura di Milano e l’esclusione dalla funzione di magistrato che fa indagini. Il procuratore generale della Cassazione, Gianfranco Ciani, lo accusa di aver rivelato notizie segrete su un’indagine a un avvocato, il difensore della Lega Domenico Aiello, al quale avrebbe chiesto in cambio informazioni riservate su un procedimento in corso presso il Parlamento europeo riguardante l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini. Robledo ha aperto da mesi un duro conflitto con il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati, che accusa di scorrettezze. Le “incolpazioni” del Csm sono la conseguenza di comportamenti censurabili o la vendetta per la sua ribellione al capo?

1. La prima accusa è quella di aver divulgato all’avvocato Aiello, “venendo meno ai propri doveri di imparzialità e riserbo”, il contenuto di atti segreti che riguardavano l’indagine sulle spese allegre dei consiglieri regionali lombardi. La prova sarebbe nelle telefonate e nei messaggi di Aiello, che raccontava ai capi della Lega quanto aveva appreso in Procura con comunicazioni di questo tono: “Domani sera mi daranno altri nominativi di nostri consiglieri indagati: hanno intercettazioni gravi contro Pdl mentre su noi pare ci sia una impiegata gola profonda”. E ancora: “Guarda che domani sera, quando io lo incontro per questi altri nominativi, lui mi dirà anche questo e mi ha garantito, poi, che entro il 15, massimo 20 di gennaio, arrivano gli stessi avvisi al Pd, all’Italia dei valori e al Movimento pensionati”. Robledo spiega di avere risposto alle proteste di Aiello (“Ce l’avete con la Lega”) assicurando che non aveva in corso un’indagine a senso unico, ma che invece la Procura di Milano non avrebbe fatto sconti a nessuno, né a destra né a sinistra. Senza rivelare nessun segreto. Le telefonate di Aiello sono del dicembre 2012, ma solo l’8 gennaio 2013 i gruppi consiliari consegnano gli scontrini e i documenti su cui viene aperta l’indagine per peculato o appropriazione indebita (mai nessuna intercettazione, mai alcuna ipotesi di associazione a delinquere). E fino al 25 gennaio, quando arriva in procura la relazione della Guardia di finanza, neppure Robledo sapeva numeri, nomi e addebiti degli indagati. Aiello conferma: mai ricevuto informazioni riservate, le notizie (peraltro imprecise e in alcuni casi sbagliate) le apprendeva da siti, giornali e da colloqui con i giornalisti che lavorano a palazzo di giustizia. Confermano la correttezza di Robledo anche gli avvocati Giacomo Lunghini e Davide Sangiorgio, difensori dei consiglieri regionali del Pd.

Aiello viene a sapere dalle agenzie Agi e Asca, il pomeriggio del 29 gennaio, che effettivamente le indagini si erano allargate a tutti i gruppi consiliari. Allora manda un sms a Robledo: “Uomo di parola! Poi grande magistrato”. E Robledo risponde: “Caro avvocato, promissio boni viri est obligatio”. Come a dire: te l’avevo detto che non avremmo fatto differenze.

2. Robledo nel 2013 era in causa, penale e civile, con l’ex sindaco Albertini, che lo aveva a suo dire diffamato dopo essere stato messo sotto indagine per i derivati fatti comprare dal Comune di Milano. A febbraio, il magistrato chiede ad Aiello (che a sua volta si rivolge al parlamentare europeo della Lega Francesco Speroni) notizie sulla richiesta d’immunità parlamentare avanzata da Albertini al Parlamento europeo, a cui vuole replicare con un atto. Per il procuratore Ciani è una grave scorrettezza. Per Robledo, è solo la richiesta di informazioni lecite e di documenti non segreti, come l’ordine del giorno (pubblico) della Commissione giuridica che doveva discutere l’immunità di Albertini (poi respinta, e con Speroni assente). Intanto l’inchiesta sui consiglieri regionali della Lega era già terminata (15 su 16 saranno rinviati a giudizio). Le indagini del dipartimento di Robledo (sulla famiglia Bossi, sul cassiere Francesco Belsito, oltre che sulle spese pazze dei consiglieri) non hanno concesso alcuno sconto agli indagati, hanno anzi messo in gravissima difficoltà il partito. Nessun trattamento di favore neppure per Aiello. Anzi, Robledo ha respinto, chiedendo l’archiviazione, le due cause che all’avvocato più stavano a cuore: la querela per diffamazione di Roberto Maroni contro Belsito che in un’intervista su Panorama lo accusava di corruzione; e la querela contro Matteo Brigandì, che pretendeva dalla Lega 3 milioni di euro.

3. Il procuratore Ciani accusa ancora Robledo di aver assistito Aiello affinché riuscisse ad avere, nel febbraio 2013, un rapporto sui conti della Lega redatto dai consulenti della procura. È l’accusa più debole, perché se proprio avesse voluto, gliel’avrebbe passato sottobanco e nessuno se ne sarebbe accorto. Invece gli consiglia, alla luce del sole, di richiederlo, in quanto avvocato della parte offesa, con un atto ufficiale alla Procura (“Lei mi fa una ricca richiesta…”). Da poi parere positivo alla domanda, con la motivazione che quel rapporto era già stato raccontato dal Fatto Quotidiano (il 23 gennaio 2013) e dall’Espresso (nel febbraio 2013). Ne discute con i suoi pm impegnati nell’inchiesta, Paolo Filippini e Roberto Pellicano, che si dicono invece contrari, e infine lascia la decisione finale al procuratore Bruti, che rifiuta.

4. Ultima accusa: aver “tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati dell’ufficio”. Sono i due colleghi Filippini e Pellicano: sono stati loro, spiega Robledo ad Aiello il 21 febbraio 2013, a dire no alla richiesta di ottenere la consulenza della Procura sui conti della Lega. Non ci sentiamo offesi, replicano gli stessi Filippini e Pellicano: c’è stata una normale dialettica tra colleghi con opinioni diverse, ma senza alcuna pressione fatta da Robledo nei nostri confronti.

Dal Fatto Quotidiano del 4 febbraio 2015

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