Non è una cosa che accada tutti i giorni che si parli di scuola. O meglio, non è una cosa che capita tutti i giorni che se ne tenti di parlare nella maniera complessa e corretta che la scuola richiede. Tra un tweet e un annuncio di riforma – tutte “epocali” – e l’altro sono trascorsi e stanno trascorrendo gli anni più bui della scuola statale, quelli che hanno rischiato di trasformarla (e l’hanno trasformata, nella percezione di molti) da istituzione dello Stato ad agenzia di servizi a domanda individuale.
Su questa falsariga si colloca – a detta di molti – l’annunciata ennesima riforma del governo del fare e della velocità: requisiti esattamente contrari a tutto ciò che abbia a che fare con l’apprendimento, che pur sempre è l’obiettivo principale della scuola. Ancora una volta, come nel 2010, sarà la trasmissione Presa Diretta di Riccardo Iacona a darci voce: domenica 8 febbraio, alle ore 21.45 su Rai3. La nostra scuola è il titolo, un’inchiesta sul progetto di Riforma del governo Renzi “La Buona Scuola” per capire cosa c’è di vero nelle critiche di studenti e insegnanti, che lo hanno contestato in tutto il paese: un viaggio nelle emergenze che investono la scuola pubblica italiana. Mancanza cronica di denaro, problemi legati alla sicurezza degli edifici scolastici, sovraffollamento delle aule.
Domenica 8 febbraio 21.45 @RaiTre “LA NOSTRA SCUOLA” Un reportage di @IaconaRiccardo con @ale_macina e @La_Stram pic.twitter.com/DUoMY88oEk
— Presa Diretta (@Presa_Diretta) 6 Febbraio 2015
Una particolare lente di ingrandimento sarà riservata ai contributi dei genitori (che non sono altro che una forma eufemistica formalmente ed edulcorata sostanzialmente) per sollevare lo Stato dall’obbligo, previsto dalla Costituzione, di sovvenzionare la scuola italiana, nell’osservanza anche dei principi di uguaglianza, normato dall’art. 3, della libertà di insegnamento, del diritto allo studio e all’apprendimento per tutti, della laicità della scuola statale. Il contributo volontario è invece diventato oggi la principale voce di bilancio degli istituti pubblici. Lo Stato è oggi debitore nei confronti delle scuole tra i 700 e gli 800 milioni di euro. Non solo. Il Dipartimento per la Programmazione del Miur ha inviato in dicembre alle scuole italiane una lettera, a firma di Jacopo Greco Direttore Generale risorse umane, acquisti e affari generali, che, oltre alla comunicazione di fondi pressoché irrisori, “per far fronte alle sofferenze”, “attesa la attuale situazione finanziaria di bilancio dello Stato e in considerazione della vetustà temporale di “residui attivi” che risultano ancora iscritti nei bilanci di diverse istituzioni scolastiche, si auspica che con progressiva e ragionata programmazione gli stessi possano essere radiati nell’ambito della autonoma gestione amministrativo contabile e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente, tramite mirate delibere dei Consigli d’Istituto”. Cosa vuol dire? Che rispetto ai “residui attivi” (cioè gli euro che lo Stato non ha inviato alle istituzioni scolastiche per far fronte ad oneri di spesa a suo carico; fondi dei quali, dunque, è debitore nei confronti delle scuole) – lungamente “congelati” negli anni precedenti e ai quali si è dovuto far fronte incrementando i contributi volontari delle famiglie – si sta proponendo un’azione di “radiazione”. Rimane ancora non chiara se (cosa improbabile) l’iniziativa sia del singolo funzionario zelante o si tratti delle conseguenze di un preciso mandato di Miur e Tesoro.
A risolvere completamente la vicenda (sotterrando una serie di principi di matrice costituzionale, a garanzia di uguaglianza e laicità), ci pensa il documento La Buona Scuola di Renzi, le cui conseguenze in termini i provvedimenti concreti sono state annunciate per un’ulteriore kermesse sulla scuola, che si terrà a Roma il 22 febbraio. Nel capitolo destinato alle risorse, si afferma che le risorse pubbliche non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze di investimenti nella nostra scuola. Sommare le risorse pubbliche a interventi dei privati è l’unico modo per tornare a competere. Per facilitare le istituzioni scolastiche a ricevere risorse occorre costituirle in fondazioni o in enti con autonomia patrimoniale. E poi va offerto al settore privato e no profit un pacchetto di vantaggi fiscali. Ecco la bandiera bianca dello Stato sul proprio obbligo di garantire il diritto all’istruzione dei cittadini; ma ecco – al contempo – la determinazione di diverse opportunità per i cittadini (e i lavoratori stessi) a seconda della collocazione – appetibile o meno per gli investitori – del proprio istituto: rottura del principio di unitarietà del sistema scolastico nazionale, viatico di democrazia e uguaglianza. Ecco la fine della scuola statale come strumento dell’interesse generale.
Questo ed altro ancora andrà ad analizzare Presa Diretta, cercando di dare una risposta su cosa sia davvero la buona scuola e se essa, per caso, non esista già in tante realtà. Uno spazio nel corso della trasmissione avrà il problema del precariato – particolarmente “caldo”, in attesa del decreto del Governo- e il tema di un’alternativa concreta al piano di Renzi, la Lipscuola, proposta concreta ed operativa di docenti, studenti e genitori, attualmente depositata come disegno di legge alla Camera e al Senato, ma completamente inascoltata dal Governo.