Peraltro su questo stesso tema rimando anche ai blog di Stefano Corradino e di Riccardo Orioles che condivido anche negli…spazi bianchi.
A giudizio della maggioranza dei commissari, compreso alcuni del Pd, Calderoli sarebbe stato inopportuno, ma non avrebbe diffamato e tanto meno istigato all‘odio razziale, reato contemplato dal nostro ordinamento e per il quale è prevista la procedibilità di ufficio, anche in assenza di querela di parte.
Dal momento che il tribunale di Bergamo aveva contestato il reato di istigazione all’odio razziale, perché non lasciare ai giudici il verdetto?
A meno che non si sia voluto riaffermare il principio della insindacabilità delle affermazioni di un parlamentare nell’esercizio della sua funzione; in questo caso la scelta sarebbe stata ancor più sbagliata, perché le parole usate da Calderoli non rientrano nella sfera della polemica e della contrapposizione politica, ma in quella del dileggio, della volgarità gratuita, dell’insulto a sfondo razzista, contro una donna ministro dalla pelle nera.
Proprio questo ha fatto scattare il livore di Calderoli e la scelta di termini volutamente e biecamente razziste, mai come in questo caso l’esercizio di una carica istituzionale dovrebbe essere considerata un’aggravante e non un’attenuante, sia dalla giunta parlamentare, sia dal tribunale.
Per l’ennesima volta l’immunità è diventata impunità. Non è mancato neppure chi ha invocato l’articolo 21 della Costituzione, la libertà di critica e il diritto alla satira.
L’articolo 21 della Costituzione tutela il diritto di critica e le successive sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale hanno ulteriormente ampliato i suoi confini, ed hanno previsto per la satira orizzonti ancora più estesi, ma cosa c’entra Calderoli? Ha parlato da comico o da vicepresidente del Senato? Scherzava anche quando si presentava al Tg1 con la canottiera anti Maometto o quando applaudiva le liste di proscrizione contro i Biagi, i Santoro, i Luttazzi, i Travaglio?
L’assoluzione “corporativa” rischia di produrre un pericoloso contagio. Se ad un esponente delle istituzioni è concesso di esprimersi in modo simile, perché mai dovrebbe essere impedito a chiunque altro? Non casualmente dopo le “prodezze” di Calderoli si sono susseguiti, contro la Kyenge, e non solo, insulti, lanci di banane, minacce, tutte a sfondo razzista e sessista.
Per queste ragioni ci auguriamo che l’aula del Senato voglia accogliere la proposta avanzata dall’onorevole Crimi, 5 Stelle, di concedere l’autorizzazione e di lasciare così al tribunale la decisione finale. Comunque vada, almeno in questo in caso, sarà il caso di dire: “Meglio l’Orango del Porcellum”.