La moda del social eating sta prendendo piede anche in Italia, lo dimostra il successo della piattaforma Gnammo che mette in contatto cuochi amatoriali con ospiti provenienti da ogni parte del mondo. “Le persone cercano sempre più spesso momenti di socializzazione legati al cibo”, spiega a ilfattoquotidiano.it Daniela Nurzia, creatrice di Ceneromane.it
Aggiungi un posto a tavola, direbbe qualcuno. Gli italiani aprono le porte della loro casa e fanno il loro ingresso nel mondo del social eating. Il fenomeno si chiama home restaurant e all’estero è diffuso già da un po’, basti pensare alle paladar cubane o i supper club newyorchesi. Da noi c’è voluto più tempo per abituarsi all’idea di ospitare dei perfetti sconosciuti in casa propria per una cena in compagnia. Ma ora la strada sembra in discesa. Lo dimostra il successo della piattaforma Gnammo, che mette d’accordo cuochi amatoriali e ospiti da ogni parte del mondo. Tra gli oltre 450 eventi social proposti in 119 città si trova di tutto: dal banchetto della Roma imperiale alla cena con il destino, in cui tra una portata e l’altra si può dare un’occhiata al futuro. Il filo conduttore resta il cibo, ma ci si può sbizzarrire con la fantasia. I prezzi vanno dai 10 ai 90 euro, in base alla location e al menu, ma il “conto” si paga direttamente sul sito al momento della prenotazione.
A Roma il fenomeno si è allargato a tal punto che Daniela Nurzia ha deciso di creare una piattaforma a parte, Ceneromane, diventata oggi la costola capitolina di Gnammo. “Le persone cercano sempre più spesso momenti di socializzazione legati al cibo”, spiega a ilfattoquotidiano.it. E in Italia il cibo è l’arma in più: “Da noi la qualità dei piatti è il valore aggiunto, ma è anche un fenomeno culturale”, conferma. E come ogni social che si rispetti “al termine della cena gli ospiti possono lasciare sul sito le loro impressioni”, sottolinea. Ma i dati parlano chiaro; a cercare questo tipo di esperienza sono soprattutto i turisti in visita nella Città eterna: “Cercano di arricchire il loro viaggio con nuovi benefit, tra cui la possibilità di socializzare con la comunità locale”, racconta.
Dello stesso avviso Maria Letizia Pesce, uno dei primi host ad aderire a ceneromane: “Io ho avuto solo ospiti stranieri – spiega a ilfattoquotidiano.it -, sono sempre curiosi di vedere come sono le case dei romani e di sapere quello che cucinano”. Ma è soltanto una questione di cibo? “No, vogliono anche un momento di immersione nella vita quotidiana – ammette – per questo spesso passiamo una parte della serata a raccontare qualche aneddoto meno conosciuto sulla città”. Per Maria Letizia, una casa al Porto Fluviale in cui ospita fino a 14 persone, quest’esperienza non è legata soltanto alla cucina: “Anche per noi padroni di casa è un momento interessante dal punto di vista culturale: le serate scorrono sempre in maniera piacevolissima”, ammette.
Per diventare dei perfetti host non è necessario essere dei cuochi professionisti, “basta essere degli ottimi padroni di casa e masticare un po’ l’inglese”, spiega Nurzia. La condivisione è la parte centrale della cena, bisogna sempre tenere viva la conversazione e coinvolgere gli ospiti. “Io addirittura li faccio venire in cucina, mi faccio aiutare, come succede con i miei amici”, racconta Ippolita Papale, che nel suo salotto casalingo propone un mix vincente tra cucina e musica classica. “Combino una lezione di divulgazione dell’opera lirica ai piatti, perché ci sono dei compositori che hanno fatto del cibo un interesse personale”, racconta. Che si scelga il menu femmine verdiane o quello dedicato a Giacomo Puccini, Ippolita rispetta sempre due regole: piatti espressi. “Tutti i cibi sono preparati a mano – spiega – dal tortello alla mantovana per ricordare il “Rigoletto” di Verdi fino alla mousse di prosciutto e pollo di Rossini”.