Wikipedia è di nuovo al centro delle polemiche per il suo comportamento nei confronti delle donne. Nei giorni scorsi un articolo del Guardian ha riportato che il Comitato dell’arbitrato di Wikipedia (ArbCom), il gruppo di quattordici autori (undici sono uomini) che si occupa delle dispute interne all’enciclopedia, aveva votato per vietare a cinque autrici di intervenire su qualsiasi pagina riguardante questioni di genere e di sessualità. La decisione, secondo il quotidiano inglese, è arrivata alla fine dello scontro interno, iniziato nei mesi scorsi, per le diverse versioni – l’enciclopedia online, funzionando “dal basso”, permette a chiunque di intervenire su una determinata voce – del racconto del cosiddetto Gamergate.
Il Gamergate è una vicenda di bugie, sesso, stampa e misoginia che ha coinvolto il mondo anglosassone dei videogiochi, cominciata con la presa di mira della sviluppatrice Zoe Quinn, accusata – senza fondamento – dall’ex compagno di avere avuto rapporti sessuali con un giornalista in cambio di buone recensioni per un il suo videogioco. Dopo uno scontro pubblico, a suon di insulti, Quinn ha ricevuto minacce di morte e di stupro. Altre intimidazioni sono arrivate anche alla sviluppatrice Brianna Wu, che è stata costretta ad andarsene di casa e a vivere in una località segreta e successivamente alla blogger Anita Sarkeesian, che si occupa di recensire i videogiochi in un’ottica di genere col progetto “Tropes vs Video Games”, finanziato grazie a una raccolta fondi su Kickstarter (ha raccolto quasi 160mila dollari). Lo scorso ottobre, una conferenza di Sarkeesian alla Utah University è stata cancellata per una minaccia anonima: in caso di partecipazione della blogger, ci sarebbe stata la più tremenda sparatoria in una scuola nella storia americana.
Secondo Luca de Santis, autore del blog Geekqueer.com e del saggio “Videogaymes. Omosessualità nei videogiochi tra rappresentazione e simulazione (1975-2009)”, edizioni Unicopli, il Gamergate dimostra che c’è una parte oltranzista e violenta di gamers, incapace di scendere a patti con quello che ritiene, a torto, un proprio giocattolo. “Ho letto spesso in questo periodo blogger e giornalisti scrivere che sono le femministe ad avere esagerato – spiega de Santis. – In questa visione io vedo tutta la paura di un maschilismo che cerca di preservare un mondo che non esiste più. È lo stesso leimotiv che noi gaymers (giocatori gay, ndr) ci sentiamo ripetere da anni perché, secondo loro, non siamo abbastanza virili per potere giocare con i videogiochi”.
La lotta interna di Wikipedia si è consumata a colpi di versioni sul Gamergate che, da agosto 2014, sono state fortemente contestate da alcuni lettori, con l’accusa di contenere pregiudizi femministi. Inizialmente le critiche sono state respinte al mittente dal comitato centrale ma poi, in gennaio, come appunto ha riportato il Guardian, è arrivato il veto sull’operato di cinque autrici. Wikipedia ha negato di essersela presa solo con autrici donne o con posizioni femministe, spiegando che le sanzioni riguardano un gruppo più allargato di persone, circa centocinquanta, che stanno usando Wikipedia come un improprio “campo di battaglia”. Anche il blog di Wikimedia, fondazione no profit che supporta Wikipedia, smentisce qualsiasi tentativo di epurazioni nei confronti di donne e femministe.
Resta da vedere come proseguirà la vicenda che di fatto mette, per l’ennesima volta, al centro della questione il rapporto tra Wikipedia e le donne. A questo proposito, sembra che la Gender gap task force, ideata proprio per promuovere l’uguaglianza e la partecipazione femminile (il 90% degli autori sono uomini), stia servendo a poco. Nel 2014, in seguito a una lite, durante la quale sono volati pesanti insulti reciproci, in cui sono stati coinvolto diversi wikipediani tra i quali Eric Corbett, celebre per le sue espressioni volgari nei confronti delle donne, l’unica espulsione ha riguardato la femminista Carol Moore, che ancora si lamenta nella mailinglist “Gendergap” di Wikimedia.
Il problema di fondo, secondo Giovanni Dall’Orto, fondatore con Stefano Bolognini di Wikipink, enciclopedia gay, lesbica, bisessuale e trans “alternativa”, è che Wikipedia non ha una linea editoriale precisa. “Non si può pensare di avere un approccio neutrale rispetto a tutte le questioni – sottolinea Dall’Orto.- Un atteggiamento oggettivo, per così dire, si può mantenere verso le materie tecniche e scientifiche, ma quando invece si parla di questioni storiche, sociali e politiche la situazione cambia. Il limite è il concetto di “intelligenza dello stormo” che, per questioni che riguardano un sapere specialistico, fa cilecca. Sono necessarie delle scelte. Questo è un problema generale, che è già stato affrontato in passato da altre enciclopedie. Non è indifferente sapere chi è l’autore di una certa voce, l’anonimato non può funzionare per tutto, né si può essere realmente neutrali”. De Santis, da parte sua, sottolinea che questa vicenda non deve portare a credere che tutta Wikipedia, come progetto, sia da condannare. “Conosco operatori splendidi e preparati – sottolinea l’autore di Geekqueer.com – mentre con alcuni ho litigato aspramente. Purtroppo anche lì c’è un machismo di ritorno, lo stesso che troviamo, negli ultimi tempi, in molti altri ambienti”.