L’idea di Tito Boeri, nuovo presidente dell’Inps, circa il ricalcolo contributivo delle pensioni erogate con il sistema retributivo e il successivo taglio di una quota del “non dovuto” mi ha sempre trovato d’accordo in principio e mi sembra in ogni caso un sistema molto più equo e sensato che non i dissennati e vessatori contributi di solidarietà abbinati alle de-indicizzazioni che i governi Monti e Letta hanno imposto, salvo bocciature – già avvenute o possibili in futuro – dalla Corte Costituzionale.
Il diavolo però sta come sempre nei dettagli e in materia di previdenza e di Inps i dettagli da guardare sono parecchi.
Innanzitutto eventuali interventi in materia previdenziale sarebbero applicati ovviamente ai soli pensionati dalle gestioni Inps, ex Inpdap etc., ma non potrebbero andare in vigore per i vitalizi dei parlamentari che possono essere modificati solamente cambiando il regolamento della Camera, sul quale stanno di guardia i parlamentari stessi che possono legiferare sui diritti acquisiti altrui mentre tengono immutati i propri. Stando così le cose, il progetto di Boeri, improntato all’equità previdenziale partirebbe con l’handicap, anzi se da un lato riequilibrerebbe le cose all’interno dell’Inps, dall’altro approfondirebbe il solco tra le pensioni dei comuni mortali e quelle della “casta” le quali, casualmente, sono proprio quelle con sperequazioni cosmiche tra i contributi versati e gli assegni percepiti.
Il secondo dettaglio sta nella mai avvenuta separazione radicale tra previdenza e assistenza, cosa che inquina ogni analisi serena sul sistema previdenziale. L’Inps eroga sotto la voce “pensioni” assegni che spaziano da una componente assistenziale del 100% (pensioni sociali che non hanno contributi a giustificarle dal punto di vista puramente previdenziale) a una componente assistenziale uguale a zero (pensioni commisurate ai contributi versati) passando per situazioni miste di vario genere e con anche casi abominevoli dal punto di vista previdenziale come il sequestro di contributi versati per erogare una pensione inferiore al dovuto.
Il progetto di Boeri, assai pregevole nelle intenzioni, prevede di intervenire sulle pensioni da un certo importo in su, in modo progressivo: ciò è socialmente non solo comprensibile, ma pure necessario, senonché andrebbe a creare di fatto una commistione ulteriore tra assistenza e previdenza di fatto identificando quote assistenziali in quasi tutte le pensioni (eccettuato circa il 3% delle stesse che come noto sono già inferiori a quanto spetterebbe con il sistema contributivo) e lasciando il tutto in un unico calderone.
Infine, non volendo entrare in ulteriori dettagli per mancanza di spazio, resterebbe intoccato il problema dell’equità fiscale, essendo evidente anche a un cieco che per quelle pensioni che risultassero sottostimate rispetto al contributivo ma non aumentate come sarebbe lecito aspettarsi, il sequestro dei contributi continuerebbe a configurarsi come un’aliquota fiscale aggiuntiva rispetto agli altri redditi di eguale entità e per di più come aliquota fissata ex post su redditi percepiti anni prima.
Per concludere, poi, resterebbe insoluto il problema assai più grave della sperequazione nel taglio dei privilegi, essendo abbastanza acclarato che mentre verrebbero ridotti quelli di alcuni pensionati retributivi resterebbero in essere miriadi di altri privilegi poco sostenibili quali il godere di posti di lavoro fittizi, in particolare nell’esercito di enti già più volte dichiarati inutili ma mai eradicati e nei quali prosperano ex politici ai quali la popolazione non ha rinnovato la fiducia a rappresentarli ma che hanno ricevuto in omaggio comode poltrone ben pagate. E volendo si potrebbe anche guardare ai posti di lavoro clientelari e non motivati da reali necessità della struttura statale.
Si potrebbe pensare che quanto sopra sia finalizzato a difendere i privilegi dei pensionati retributivi, ma in realtà è lungi da me il pensarlo; si può intervenire sulle pensioni retributive nel modo pensato da Boeri e si può farlo in modo che non ci siano resistenze motivate; vediamo come:
1- Si dovrebbe scorporare totalmente all’interno dell’Inps l’assistenza dalla previdenza, anzi, la cosa migliore sarebbe creare un Inps 2 totalmente finanziato dalla fiscalità generale, che provvedesse alla erogazione delle pensioni sociali e delle quote assistenziali delle pensioni retributive come determinate dalle analisi contributive; non sarebbe neppure male che nei cedolini dei pensionati venissero riportate in chiaro due voci: l’importo della pensione contributiva e quello della quota assistenziale residuale dopo i tagli previsti da Boeri. A livello di contabilità dell’Inps ci dovrebbero essere due totali molto ben distinti tra loro, uno conglobante tutte le pensioni previdenziali, l’altro tutto il volume dell’assistenza sociale, da finanziare anno per anno con le tasse dei cittadini. Il primo dovrebbe diventare sacro e inviolabile da qualsiasi governante, il secondo dovrebbe essere graduato secondo le circostanze e le possibilità di bilancio dello Stato. Un’operazione di trasparenza del genere sgombrerebbe il campo delle discussioni da pregiudizi indimostrati sulla insostenibilità della previdenza e spiegherebbe molto bene che le ingenti contribuzioni dello stato all’Inps vanno nella quasi totalità in assistenza ai redditi medio bassi.
2- Si deve evitare qualsiasi possibilità di dubbio sulla validità dei calcoli; c’è invece un’ombra pesante sulla disponibilità dei dati relativi ai contributi degli ex Inpdap e qualsiasi calcolo statistico potrebbe essere origine di contestazioni infinite. Pertanto occorre non solo un intervento tecnico di alta qualità, ma anche un approccio garantista sia nel senso di non tagliare sulla base di presupposti benefici calcolati a forfait che nell’evitare di tagliare prevalentemente ai soliti noti i quali avrebbero la colpa di aver tutti i dati disponibili perché ciò sia fatto mentre potrebbero uscire non tosati coloro i quali hanno appartenuto a gestioni fatte funzionare in modo sconsiderato.
3- Qualsiasi legge che andasse a toccare le pensioni esistenti dovrebbe entrare in vigore – tramite una clausola di salvaguardia – solo ad avvenuta modifica del regolamento del Parlamento che modificasse con gli stessi criteri i vitalizi acquisiti dei parlamentari; ex e nuovi.
4- Mentre si studiano i dettagli delle modifiche ai sistemi pensionistici si dovrebbe preparare il testo di una legge che abolisca con data certa tutti gli enti inutili dei quali gli elenchi sono ormai stati fatti più volte (l’ultima da Cottarelli, i cui documenti sembrano scomparsi tra palazzo Chigi e il Ministero delle Finanze) e che venga varata contestualmente alla revisione delle pensioni retributive, in modo che i tagli ai privilegi procedano di pari passo.
Credo che le associazioni di pensionati dovrebbero primariamente non difendere i così detti diritti acquisiti ma pretendere che essi vengano toccati solo con modalità sensate e unitamente ad altri diritti altrettanto acquisiti e altrettanto frutto di privilegi. Questo tra l’altro getterebbe la palla nel campo dei politici e sarebbe interessante vedere se e dove si annidano veramente le sacche di resistenza; potremmo avere la sorpresa di constatare che anche i parlamentari oggi più espliciti e aggressivi nel chiedere i tagli alle pensioni d’oro sarebbero in prima fila a difendere i propri vitalizi di platino.
5- Contestualmente ai tagli delle pensioni retributive si dovrebbero restituire i contributi di solidarietà passati (a quel punto non più giustificati) e indicizzare completamente tutte le pensioni, restituendo anche il maltolto pregresso.
Nulla facendo di quanto sopra e solamente applicando alle pensioni retributive i tagli proposti da Boeri (che ripeto: hanno principi ispiratori di massima accettabilissimi) si creerebbero i presupposti per un’azione nei confronti dei soli pensionati i quali, a quel punto, avrebbero tutti i diritti di opporsi. Con tutti i mezzi possibili.