Primo album di canzoni "suonate davvero", "prodotte davvero" da un produttore vero, Brando, prima partecipazione a Sanremo, proprio nel momento in cui Sanremo, che diciamolo, al passo coi tempi non è che sia proprio capace di starci, cerca il rapper da mettere in scena per dirsi contemporaneo
Storto. Se stessi giocando a Taboo e uno di voi volesse farmi dire il nome Nesli, guardando la carta del gioco da tavola che presumibilmente avrebbe annotato le parole “rapper”, “Fine”, “Senigallia”, “cantautore”, “Sanremo”, non avrebbe che da dirmi storto. Storto nel senso di non dritto, di sghembo, di particolare, fuori dagli schemi, non certo di non dritto o di sbagliato. Perché Nesli, al secolo Francesco Tarducci (sì, fratello di quel Tarducci lì), è un cantautore storto, o un rapper storto, a seconda che lo si voglia vedere pensando al presente o al passato. È lui stesso a definirsi così, parlando della sua prima partecipazione a Sanremo. Una sorta di “tante prime vole”, dice, perché a ben vedere di prima volta sul palco dell’Ariston, ne andranno in scena parecchie.
Nell’ordine, ci dice, è il suo primo album tutto suonato, prodotto in maniera tradizionale da Brando, uno che è del mestiere e che sa come lavorare bene certi suoni veri, basso, batteria, chitarre, pianoforti, voci. Un album in cui il suo passato di rapper, perché Nesli, questo lui non lo dice ma ben lo sappiamo, è stato a lungo un nome importante della scena hip-hop italiana, quando ancora parlare di hip-hop forse aveva un senso, non come oggi che si deve giocoforza parlare di rap o di poprap. Andrà tutto bene è il primo album da cantautore di Nesli, quindi, e Buona fortuna amore è il brano con cui, per la prima volta, risottolinea, il nostro si presenta alla kermesse sanremese. Il perché è lì, sotto gli occhi di tutti, proprio in quelle tante prime volte.
Nel momento in cui uno con un passato, un passato importante diciamo noi, decide di tirare una riga, mettere un punto e andare a capo, è bene farlo in maniera netta. E se quell’a capo significa confrontarsi con la forma canzone tradizionale, pop dovremmo dire, se in Italia non avesse una valenza vai a capire perché negativa, il modo migliore per farlo è proprio andare sul palco che per il pop è una sorta di piedistallo, mettersi in gioco laddove il pop da sempre è santificato. Ora, è vero che su Sanremo potremmo scrivere libri, sempre che non lo avessimo già fatto, e di certo da anni il Festival è diventato più un programma televisivo fine a se stesso che una gara canora, ma l’intento di Nesli ci appare chiaro: tirare una riga sul passo il più evidente possibile, chiara per sé e per gli altri. Quindi Sanremo, e per di più con una canzone d’amore, che per uno che partecipa al Festival può suonare come una cosa scontata, ma per un ex rapper che fino a poco fa andava in giro con la cresta punk biondo platino (rapper storto, ricordiamolo), tanto scontata non è. Poi, e di questo chiediamo ragione al cantautore marchigiano, ci può sfuggire la necessità di un taglio così netto col passato. Ma la risposta è lì, sempre sotto gli occhi di tutti.
Per un ex rapper considerato sempre storto dal suo pubblico come dai colleghi, con la sua canzone più famosa, La fine, poi portata al successo internazionale da Tiziano Ferro, un rap atipico appoggiato su un insolito giro di piano, niente di più normale voler fare i conti con se stessi come se la carriera fosse una Parigi Dakar, in sella alla moto e pronti via, vivere o morire. Quindi primo album da cantautore, primo album di canzoni suonate davvero, prodotte davvero da un produttore vero, Brando, prima partecipazione a Sanremo, proprio nel momento in cui Sanremo, che diciamolo, al passo coi tempi non è che sia proprio capace di starci, cerca il rapper da mettere in scena per dirsi contemporaneo. Questa, però, non è una sua prima volta, ma la prima volta di Moreno, colpa che Nesli, glielo diciamo sorridendo ma neanche troppo, in qualche modo dovrà portare con sé, come un’onta. Da questo Festival, ci dice salutandoci, per ora, si aspetta una bella valanga di emozioni, come quella provata quando ha sentito per la prima volta Buona fortuna amore suonata dall’orchestra, alle prove, con le lacrime che gli hanno riempito gli occhi, e una violinista un po’ attempata che lo ha visto e gli ha fatto “tana per Nesli che si è emozionato”. A me, personalmente, il rapper storto Nesli piaceva, il cantautore pure, anche se auspico che, tirata la linea di demarcazione, dimostrato a se stesso e al mondo quel che c’è da dimostrare, il nostro possa poi continuare a essere storto senza confini. Che la strada davanti ti sia storta, compaesano.