La Procura di Roma, nell’ambito dell’inchiesta sui vigili urbani assentatisi da lavoro la sera del 31 dicembre, sta compiendo accertamenti sui circa seicento medici che hanno rilasciato i certificati di malattia. I pubblici ministeri Stefano Rocco Fava e Nicola Majorano intendono conoscere le modalità per il rilascio del documento e la regolarità delle richieste presentate dai 634 membri della polizia municipale che poi non sono andati in turno. Gli inquirenti vogliono accertare se, come emerge dai certificati, i vigili in questione siano stati effettivamente visitati in ambulatorio. Le verifiche, attraverso l’analisi di tabulati telefonici ed altra documentazione, si basano sulla presenza in città dei medici in questione, considerato il periodo festivo a cui risalgono i fatti.

Il caso dei vigili assenteisti aveva causato numerose polemiche che avevano coinvolto anche i sindacati e la politica. Il Campidoglio si era già mosso per prendere i primi provvedimenti, con le prime lettere di trasferimento, oltre a 38 agenti a rischio di procedimento disciplinare e 31 a rischio licenziamento. Il comandante Raffaele Clemente aveva consegnato una relazione in cui già si accennava alla questione dei certificati medici: “Trentuno dottori – si legge – hanno rilasciato altrettanti certificati a giustificazione delle assenze dei dipendenti, sulla cui legittimità si avanzano dubbi. Infatti, i sanitari hanno, fra l’altro, dato la prognosi comprendendo il giorno antecedente, in alcuni casi anche due, a quello della reale visita medica presso l’ambulatorio. In un caso la visita medica è avvenuta in un albergo”. I vigili urbani romani avevano anche indetto uno sciopero, per il 12 febbraio, “contro la valanga di fangolanciata contro la categoria dalle istituzioni, Comune e Governo”.

Intanto tre persone sono sotto indagine con l’accusa di essere i promotori dell’astensione di massa durante la notte di Capodanno. Secondo i pm, che procedono per interruzione di pubblico servizio, truffa e falsità ideologica, i tre indagati avrebbero fomentato, tramite Facebook, la diserzione dell’ultimo giorno del 2014. Gli inquirenti hanno anche inoltrato una rogatoria nella sede americana del social network per capire se siano state postate simili sollecitazioni anche da soggetti diversi dai tre indagati.

 

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