Da un punto di vista sociologico l’abdicazione della “figura paterna” sta mostrando le sue conseguenze. I genitori non si sentono più in grado di esercitare un controllo sui figli adolescenti. Spesso con motivazioni più o meno ideologiche, ritengono non sia giusto essere repressivi, hanno allevato dei figli unici come piccoli principi cui tutto era dovuto e ora che sono nella fase critica dell’adolescenza non possono più imporre delle regole.
La tecnologia dello smartphone ha tolto ai genitori la conoscenza sulle frequentazioni dei figli che prima passava attraverso il telefono di casa. La società consumistica sta imponendosi con le sue ferree regole improntate a raggiungere la massima fruizione di tutti i consumi. Per perseguire questo scopo la serata è stata dilatata per cui non dura più solo dalle 20 alle 1 ma termina alle 5 del mattino.
In questo lungo lasso di tempo il giovane “deve” consumare un pasto, la classica pizza, poi verso le 24 -1 recarsi in discoteca e “resistere” fino alle 5 per poi andare alla ricerca di una colazione mattutina. La serata che un tempo era un’unica fonte di consumo è quindi stata suddivisa in tre parti, ognuna caratterizzata dal suo specifico prodotto. Visto che il ritmo sonno veglia è stravolto per non assopirsi, come sarebbe fisiologico e “fare la figura del poppante” c’è bisogno di usare qualche stimolante.
L’alcol e i cannabinoidi sono stati sdoganati da campagne stampa funzionali al consumismo dilagante. Un ragazzo che, a seguito dell’uso di cannabis ha passato una settimana con gravi stati ansiosi e vissuti paranoidei in cui immaginava in modo delirante che qualcuno lo voleva uccidere, ora che sta meglio mi racconta che ha letto un articolo su internet in cui un noto luminare affermava, a quanto ha capito lui, che “la marijuana è meno dannosa del tabacco”. Naturalmente nessuno si premura di spiegare che dipende dall’organo preso in considerazione, per cui se per il polmone è peggiore l’effetto del tabacco, sul cervello è sicuramente più grave l’effetto della cannabis. Poi dipende dall’età, dalla sensibilità individuale, dal dosaggio, dalla qualità del prodotto.
Si dimentica di ricordare che gli spacciatori sono bravi nel loro mestiere. Spesso tagliano il prodotto, senza dirlo all’incauto acquirente, per mischiarlo a sostanze che determinano maggiore dipendenza, in modo da assicurarsi un assiduo consumatore. Quando un ragazzo prova a smettere lo cercano con continuità e gli “regalano”un poco di sostanza. Una ragazza che dopo essere incorsa in attacchi di panico da alcuni mesi non fumava più riceveva quasi tutti i giorni uno squillo dal numero dello spacciatore. Il significato era chiaramente quello di ricordare che lui era disponibile e che la sostanza era lì a portata di mano.
Passando poi all’alcol questa sostanza in molti film sembra dare forza ai protagonisti. Lo stesso eroe che si getta da un aereo per atterrare senza un graffio sul tetto di un treno in corsa beve una bottiglia di superalcolico e poi è in grado di stare in equilibrio su una fune tesa su un abisso. Chiunque si sia gettato da un aereo o abbia bevuto una bottiglia di alcol sa invece quali siano gli spaventosi effetti per il suo corpo.
Tutti coloro che contrastano questa abdicazione della figura paterna vengono tacciati di autoritarismo, di essere dei bacchettoni retrivi. Presumo che succederà anche a me.
Credo che essere figura paterna (in questa accezione si intende definire non solo il padre ma tutte le figure di riferimento del ragazzo) attenga all’etica e alla fatica della responsabilità. L’adolescenza è una fase delicata di maturazione cerebrale e cambiamento sociale, sessuale ed emotivo che necessita di una guida che abbia il coraggio di indicare una direzione senza però imporla. Essere padri significa dare delle regole, sapendo che probabilmente verranno contestate.