Nuovo capitolo nell’inchiesta sull’aeroporto di Rimini, il caso che ha travolto politica e manager romagnoli, tra buchi milionari e lavoratori lasciati a casa. E che sembra ancora lontano dalla parola fine. Mercoledì 11 febbraio, nell’ambito dell’operazione Icaro, la Guardia di finanza ha sequestrato beni per oltre 34 milioni di euro. Un maxisequestro che ha riacceso i riflettori sulla vicenda di Aeradria, la ex-società di gestione dello scalo riminese del Fellini, fallita con un rosso di 52 milioni di euro, su cui la procura sta indagando dal 2013.
Le fiamme gialle hanno bloccato 749mila euro a ciascuno dei 9 indagati, tra cui compare anche l’attuale sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, del Pd. Gnassi, come dichiarato da lui stesso, è comproprietario di diversi immobili, tra cui un negozio e una abitazione di otto vani, e di un terreno agricolo. Insieme al primo cittadino ci sono anche altri nomi eccellenti, come quelli dell’ex sindaco Alberto Ravaioli, degli ex presidenti della Provincia, Stefano Vitali e Nando Fabbri, del presidente della Fiera, Lorenzo Cagnoni, e di Manlio Maggioli, ex presidente della Camera di commercio di Rimini. L’accusa è di associazione finalizzata alla truffa di erogazioni pubbliche. All’ex presidente della società Aeadria Massimo Masini, al suo vice Massimo Vannucci e all’ex presidente della società collegata Air, Alessandro Giorgetti, oltre ai sequestri da 749 mila euro si aggiunge quello derivante dal presunto profitto delle bancarotte, circa 9 milioni e mezzo. Per un totale di 34 milioni e mezzo.
La notizia del sequestro arriva a pochi giorni dal via libera alla riapertura della struttura, concessa dall’Enac, dopo la chiusura imposta il 1 gennaio per la mancanza delle coperture assicurative. Una settimana fa, infatti, la direzione regionale dell’Ente per l’aviazione civile aveva firmato l’ok per la ripresa dell’attività logistica, limitata nella fascia oraria che va dalle 8.30 alle 16.30 e solo fino al 28 febbraio 2015. E non solo. La nuova società di gestione AIRiminum aveva anche annunciato un primo ciclo di assunzioni di 16 dipendenti, di cui almeno 12 provenienti da Aeadria. Una prima svolta nell’odissea del Fellini che aveva fatto esultare il sindaco. In una seduta particolarmente tesa del consiglio comunale, Gnassi aveva parlato infatti “di luce accesa” e “segnale positivo”.
Forte anche del sostegno del suo partito, Gnassi non sembra esser intenzionato a fare un passo indietro. Nonostante da mesi le opposizioni chiedano la sua testa. E malgrado sul suo nome si siano adombrate accuse pesanti. Nel 2013, infatti, a pochi mesi dall’apertura dell’inchiesta sul crac Aeadraia, la procura di Rimini ha deciso di fare chiarezza anche sul lavoro del sindaco e su quello del presidente della provincia Stefano Vitali. E li ha iscritti nel registro degli indagati con le accuse dei falso in bilancio e ricorso fraudolento al credito. Le stesse ipotesi di reato dell’ex cda e del presidente Masini. Sotto la lente degli inquirenti ci sono soprattutto le lettere di patronage, con le quali negli anni scorsi Comune e Provincia hanno garantito sulla solidità dei conti Aeadria, così da farle ottenere una serie di finanziamenti dalle banche. Attestati di fiducia scritti nonostante le finanze dell’ex società dello scalo riminese fossero già in difficoltà.
Nel pomeriggio il sindaco di Rimini ha affidato la sua difesa a una nota stampa, in cui si definisce “a posto con la coscienza”. Il decreto di sequestro gli è stato notificato, racconta, mentre si trovava in partenza per Roma, dove avrebbe dovuto partecipare a un incontro sui beni demaniali. “Ho sempre e costantemente agito con atti e iniziative alla luce del sole per tutelare e salvaguardare un’infrastruttura strategica per il nostro territorio come l’aeroporto. E non muta il mio giudizio. Trovo l’accusa di appartenere a una ‘associazione a delinquere’ così totalmente infondata, financo abnorme, da apparire inaccettabile e umiliante allo stesso tempo.
Emilia Romagna
Aeroporto Rimini, sequestro per 34 milioni. Anche al sindaco Pd indagato
L'intervento è stato fatto dalla polizia tributaria della Guardia di Finanza di Rimini nell’operazione "Icaro" nell’indagine sul fallimento della struttura. Le forze dell'ordine hanno bloccato 749mila euro anche al primo cittadino della Romagna
Nuovo capitolo nell’inchiesta sull’aeroporto di Rimini, il caso che ha travolto politica e manager romagnoli, tra buchi milionari e lavoratori lasciati a casa. E che sembra ancora lontano dalla parola fine. Mercoledì 11 febbraio, nell’ambito dell’operazione Icaro, la Guardia di finanza ha sequestrato beni per oltre 34 milioni di euro. Un maxisequestro che ha riacceso i riflettori sulla vicenda di Aeradria, la ex-società di gestione dello scalo riminese del Fellini, fallita con un rosso di 52 milioni di euro, su cui la procura sta indagando dal 2013.
Le fiamme gialle hanno bloccato 749mila euro a ciascuno dei 9 indagati, tra cui compare anche l’attuale sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, del Pd. Gnassi, come dichiarato da lui stesso, è comproprietario di diversi immobili, tra cui un negozio e una abitazione di otto vani, e di un terreno agricolo. Insieme al primo cittadino ci sono anche altri nomi eccellenti, come quelli dell’ex sindaco Alberto Ravaioli, degli ex presidenti della Provincia, Stefano Vitali e Nando Fabbri, del presidente della Fiera, Lorenzo Cagnoni, e di Manlio Maggioli, ex presidente della Camera di commercio di Rimini. L’accusa è di associazione finalizzata alla truffa di erogazioni pubbliche. All’ex presidente della società Aeadria Massimo Masini, al suo vice Massimo Vannucci e all’ex presidente della società collegata Air, Alessandro Giorgetti, oltre ai sequestri da 749 mila euro si aggiunge quello derivante dal presunto profitto delle bancarotte, circa 9 milioni e mezzo. Per un totale di 34 milioni e mezzo.
La notizia del sequestro arriva a pochi giorni dal via libera alla riapertura della struttura, concessa dall’Enac, dopo la chiusura imposta il 1 gennaio per la mancanza delle coperture assicurative. Una settimana fa, infatti, la direzione regionale dell’Ente per l’aviazione civile aveva firmato l’ok per la ripresa dell’attività logistica, limitata nella fascia oraria che va dalle 8.30 alle 16.30 e solo fino al 28 febbraio 2015. E non solo. La nuova società di gestione AIRiminum aveva anche annunciato un primo ciclo di assunzioni di 16 dipendenti, di cui almeno 12 provenienti da Aeadria. Una prima svolta nell’odissea del Fellini che aveva fatto esultare il sindaco. In una seduta particolarmente tesa del consiglio comunale, Gnassi aveva parlato infatti “di luce accesa” e “segnale positivo”.
Forte anche del sostegno del suo partito, Gnassi non sembra esser intenzionato a fare un passo indietro. Nonostante da mesi le opposizioni chiedano la sua testa. E malgrado sul suo nome si siano adombrate accuse pesanti. Nel 2013, infatti, a pochi mesi dall’apertura dell’inchiesta sul crac Aeadraia, la procura di Rimini ha deciso di fare chiarezza anche sul lavoro del sindaco e su quello del presidente della provincia Stefano Vitali. E li ha iscritti nel registro degli indagati con le accuse dei falso in bilancio e ricorso fraudolento al credito. Le stesse ipotesi di reato dell’ex cda e del presidente Masini. Sotto la lente degli inquirenti ci sono soprattutto le lettere di patronage, con le quali negli anni scorsi Comune e Provincia hanno garantito sulla solidità dei conti Aeadria, così da farle ottenere una serie di finanziamenti dalle banche. Attestati di fiducia scritti nonostante le finanze dell’ex società dello scalo riminese fossero già in difficoltà.
Nel pomeriggio il sindaco di Rimini ha affidato la sua difesa a una nota stampa, in cui si definisce “a posto con la coscienza”. Il decreto di sequestro gli è stato notificato, racconta, mentre si trovava in partenza per Roma, dove avrebbe dovuto partecipare a un incontro sui beni demaniali. “Ho sempre e costantemente agito con atti e iniziative alla luce del sole per tutelare e salvaguardare un’infrastruttura strategica per il nostro territorio come l’aeroporto. E non muta il mio giudizio. Trovo l’accusa di appartenere a una ‘associazione a delinquere’ così totalmente infondata, financo abnorme, da apparire inaccettabile e umiliante allo stesso tempo.
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Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto. Capire no, mi spiace. Magari, capire qualcosa mi piacerebbe". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono se la giornalista potrà avere altre visite da parte dell'ambasciata.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... glielo ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "No, dopo ieri nessun'altra telefonata". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, ai cronisti dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. "Le telefonate non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
"Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari". Lo ha detto Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala, dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Adesso, assolutamente, le condizioni carcerarie di mia figlia". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono quali siano le sua maggiori preoccupazioni. "Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...".