Ci sono poche cose che mi urtano e mi irritano più della demagogia spiccia, del qualunquismo, del “er più pulito c’ha la rogna“, del “rubano tutti“. E’ un errore in cui – a proposito di fastidiose generalizzazioni – cadiamo tutti.

Probabilmente avrete letto o trovato sui siti di informazione (non mi dite che l’avete visto in diretta…non mi date questo dispiacere…) della lite tra l’ex parlamentare Capanna e Massimo Giletti, il conduttore de L’Arena, la domenica pomeriggio su Rai Uno. Scopro che, da un po’ di tempo, il buon Giletti – erede del miglior giornalismo investigativo – si scaglia con vigore contro la Kasta. O, meglio: la ex Kasta (come ha fatto notare Sebastiano Messina su La Repubblica, meglio non sfrugugliare chi ha ancora incarichi politici. Non si sa mai).

L’ultima battaglia è sulle pensioni d’oro dei parlamentari.

Domenica Capanna, che approfittava dell’occasione per presentare anche il suo libro, ha subìto gli strali del bel Massimo.

Giletti ha prima dato del ladro a Capanna (che ha minacciato di querelarlo). Ha ritirato l’affermazione (derubricata a “provocazione”). Ha detto che era scandaloso che un dipendente pubblico guadagnasse così tanto per così poco. Capanna ha fatto notare che – a tutti gli effetti – anche Giletti era un dipendente di un’azienda pubblica.

A questo punto Giletti ha spiegato la differenza: lui sta con i minatori (sic) e lavora per chi si spezza la schiena per portare il pane a casa.

Poi ha lanciato a terra il libro di Capanna.

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L’impressione è che se al posto di Giletti ci fosse stato un Gian Antonio Stella, le cose sarebbero andate differentemente. Il compagno (ex?) Capanna avrebbe potuto spiegare perché percepisce (come tutti gli altri ex deputati ed ex senatori) una pensione che è (al di là del momento storico) semplicemente folle. Sarebbe disposto il compagno (ex?) Capanna a mettere a disposizione (anche solo una parte) di questa entrata a chi ne ha davvero bisogno?

Ho assistito alla prima uscita pubblica del Presidente Mattarella a Palazzo Spada, a Roma. Al Consiglio di Stato si inaugurava l’anno giudiziario.

Ero all’esterno, in attesa che arrivasse l’auto presidenziale, marcato a uomo da un paio di carabinieri. In poco più di mezz’ora arrivano almeno duecento auto blu. Moltissime con la scorta. Fatta la tara dei giudici antimafia o che rischiano davvero la vita, i conti non tornano.

Dirigenti, ex dirigenti, sindacalisti, ex sindacalisti, militari, ex militari, politici, ex politici.

Un’auto con i vetri oscurati non si nega a nessuno.

Uno dei due carabinieri comincia a scuotere la testa. Poi mi indica uno dei suoi anfibi. Ha un buco sulla suola tappato alla buona.

Il grosso rischio, in questo Paese, è che alla fine dai ragione a Giletti.

E questo sarebbe davvero insopportabile.

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