Cinque anni dopo Fini, tocca all'ex ministro, capo dei dissidenti del partito. L'ex Cavaliere: "Deve decidere entro due settimane se sta con noi oppure no. Se se ne vanno hanno l'1,3%". La replica: "Invece di giocare con i sondaggi, occupiamoci dei risultati elettorali"
Che fai mi cacci 2.0. Cinque anni dopo Gianfranco Fini, è la volta di Raffaele Fitto. Ancora una volta diventa il simbolo della ribellione verso il capo e, nelle intenzioni, del tentativo di dare una “destra diversa” all’Italia. Ancora una volta, del resto, assomiglia a una battaglia poco più che velleitaria. Ma l’effetto è quello dello scontro finale, almeno in apparenza. Berlusconi sopporta molto meno l’ex ministro che non Matteo Renzi. “Se se ne andasse – manda a dire l’ex Cavaliere – raccoglierebbe l’1,3%. Ma ora deve decidere: una settimana, due al massimo e poi deve decidere: dentro o fuori”. E l’altro, il capo dei dissidenti anti-Nazareno, gli risponde alla Fini, appunto: “La domanda nasce spontanea, dopo l’ipotesi di una nostra ‘cacciata’ (in 15 giorni, apprendo dalle agenzie…). Perché? Perché facciamo opposizione? Perché abbiamo avuto ragione sulle riforme, e, purtroppo, su tutto il resto?”.
All’assemblea dei parlamentari di Forza Italia i fittiani non si sono nemmeno presentati. Berlusconi, dunque, ha parlato loro quasi per interposta persona, attraverso le dichiarazioni trapelate alle agenzie di stampa. “Dopo tanta pazienza – ha detto l’ex presidente del Consiglio – comprensione e buona volontà siamo arrivati al momento in cui mettiamo un punto fermo. O fanno la minoranza o se ne vanno. Ma dove vanno? Un sondaggio darebbe un partito guidato da fitto all’1,6%: questo è il destino di chi si stacca da casa madre”. A Montecitorio il leader di Forza Italia ha detto di aver parlato “tante volte con Raffaele recependo anche molte delle sue proposte come da ultima quella dell’ufficio di presidenza” e che “per mostrare volontà di sintonia ha deciso di convocare l’ufficio di presidenza con 30 persone soltanto”. “Per tutta risposta – avrebbe detto il Cavaliere – abbiamo avuto una conferenza stampa convocata nella stessa ora. Allora credo sia l’ora di arrivare a un punto finale: non si può andare avanti così. Dentro un partito politico c’è spazio per maggioranza e per la minoranza. Alla minoranza si deve dare spazio di ascolto ma poi si va al voto. Vince la maggioranza ma non si può poi accettare il voto difforme della minoranza altrimenti si pone di fronte scelta: o restano minoranza o se ne vanno”. E dunque via al conto alla rovescia: una settimana e poi Fitto decida. “Se restano qui non possiamo accettare che loro posizioni in discordia con le nostre che indeboliscono la nostra immagine”.
Fitto risponde, esprimendo incredulità, con una serie di domande. Ci cacciano per quale motivo? “Perché mentre era in corso il gruppo del Senato sono corso a Palazzo Grazioli per invitare Berlusconi a non dare l’ok alla legge elettorale prima del voto per il Quirinale? Perché troviamo surreale il passaggio in due giorni da ‘forza Renzi’ a ‘forza Salvini’? Dunque, ‘processo popolare’?”, prosegue Fitto. “Caro Presidente – dichiara l’ex ministro – meglio esserti antipatico e non abile nello sport dell’ossequio a corte, ma utile e sincero. Te lo dico con amarezza: stai ancora una volta sbagliando tutto”. Il capo della minoranza interna, che più volte ha chiesto l’azzeramento dei vertici del partito, vuole chiarire tre cose. La prima: “purtroppo non ci hai mai dato retta, né sul partito né sulla linea politica”. Secondo: “Tutti gli organi del partito sono oggi privi di legittimazione e si trovano in una condizione extrastatutaria”. Terzo: “Ancora non si sa come Forza Italia voterà su legge elettorale e riforme”. E in effetti Berlusconi ha detto che Forza Italia deciderà alla fine.
Ma Fitto non molla, dice di voler continuare con l’iniziativa dei “Ricostruttori”, a partire dalla manifestazione organizzata il 21 febbraio. E si lascia un ultimo post scriptum al veleno: “Anziché giocare con pseudosondaggi su di me, occupiamoci piuttosto dei risultati elettorali di Forza Italia, prima che sia troppo tardi… E occupiamoci dei nostri elettori delusi e astenuti: più di 9 milioni. Espelliamo anche loro? Li deferiamo ai probi viri?”.