Nel decreto legge antiterrorismo varato ieri dal Consiglio dei Ministro, sono tante le nuove misure che riguardano Internet.
Da una parte nuove norme che identificano l’utilizzo di strumenti informatici o telematici come circostanze aggravanti dell’istigazione o dell’apologia di reato e dall’altra nuove misure eccezionali volte a consentire a forze dell’ordine e magistratura di inibire, in via d’urgenza, la circolazione di taluni contenuti connessi o strumentali a reati di stampo terroristico interno ed internazionale.
L’argomento è straordinariamente spinoso ed ogni semplificazione rischia di far torto o alle reali esigenze di rinforzare le misure già vigenti nel quadro della lotta al terrorismo o a quelle – egualmente importanti – di garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali, prima tra tutte quella di manifestazione del pensiero.
Guai a non riconoscere che il governo, nel dettare le nuove regole, si è mosso lungo un crinale davvero scivoloso. La gravità ed urgenza della minaccia terroristica – specie sull’onda dei recenti fatti di Parigi – avrebbe, infatti, potuto produrre risultati decisamente più liberticidi e censori di quanto non sia accaduto con la “giustificazione” – anche se solo mediatica e politica – di aver agito in nome della sicurezza nazionale.
E guai a non riconoscere che – almeno per quanto riguarda le misure dettate in materia di Internet – si registra, forse per la prima volta, un’attenzione verso il bilanciamento tra contrapposti interessi: la lotta al terrorismo e il rispetto delle libertà e garanzie fondamentali dei cittadini.
In un Paese nel quale un’Autorità amministrativa indipendente, a tutela del diritto d’autore, può ordinare in 48 ore l’oscuramento di un intero sito, la circostanza che il governo, davanti alla minaccia terroristica, abbia, comunque, resistito alla tentazione di adottare uno schema analogo autorizzando, direttamente – come pure accaduto in Francia – il Ministero dell’interno ad oscurare interi siti internet, è, certamente, un fatto da salutare con favore. Stando, infatti, alle prime indiscrezioni sul testo del decreto, l’oscuramento di interi siti internet o la rimozione di taluni contenuti, da noi, potranno essere disposti solo all’esito di un dialogo tra forze dell’ordine e magistratura inquirente e di un ordine del pubblico ministero.
Le stesse indiscrezioni, tuttavia, inducono a ritenere che sia, purtroppo elevato il rischio che nell’attuazione del decreto, la libertà di circolazione delle informazioni e dei contenuti finisca con il rimanere, talvolta, triturata nella macchina dell’antiterrorismo in ragione di alcune approssimazioni definitorie e tecnico-informatiche che sembrerebbero non mancare nel testo del decreto. C’è, innanzitutto, il tema della c.d. black list nella quale il Ministero dell’Interno annoterà i “siti utilizzati per le attività e le condotte di cui agli articoli 270-bis e 270-sexies del codice penale, nel quale confluiscono le segnalazioni” ovvero quelle di promozione, costituzione e organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo e quelle aventi in sé natura terroristica.
Stabilire quando un intero sito internet è “utilizzato” per compiere un’attività terroristica di per sé non sempre facile da identificare è operazione straordinariamente complessa e delicata con l’ovvia conseguenza che è, purtroppo, elevato il rischio che in black list finiscano siti i cui contenuti sono in tutto o in parte assolutamente leciti. Né il decreto pare subordinare l’eventuale oscuramento dell’intero sito alla circostanza che quest’ultimo sia inequivocabilmente utilizzato integralmente o, almeno, in misura prevalente per la commissione di azioni di matrice terroristica.
Egualmente dubbi non inferiori sollevano le disposizioni del decreto che autorizzerebbero il pubblico ministero a ordinare ai fornitori di hosting “ovvero ai soggetti che comunque forniscono servizi di immissione e gestione, attraverso i quali il contenuto relativo alle medesime attività è reso accessibile al pubblico, di provvedere alla rimozione dello stesso”. La disposizione, infatti, se così effettivamente formulata, rischia di trasformare gli internet service provider in sceriffi della rete, chiamati a rintracciare sulle proprie macchine, “contenuti” che, magari, negli ordini dei pubblici ministeri, potrebbero essere definiti semplicemente per titolo, per oggetto, per argomento.
Si tratterebbe di un’attività defatigante per i fornitori di servizi online, che non sono attrezzati a svolgere e che soprattutto non devono essere chiamati a svolgere, a pena di esporre, ancora una volta, la libertà di manifestazione del pensiero ad un elevato rischio di censura privata perché, naturalmente, i fornitori di servizio, per paura di cancellare troppo poco, sarebbero portati a cancellare troppo. E questa preoccupazione è amplificata dalla circostanza che il decreto sembra prevedere che qualora i fornitori di hosting non ottemperino al provvedimento entro 48 ore, l’intera loro piattaforma potrebbe essere oscurata.
Impossibile non pensare al rischio che, per effetto di una comunicazione nella quale il contenuto oggetto della rimozione non è identificato in modo sufficientemente preciso o la comunicazione non è puntualmente notificata a chi ha effettivamente il controllo su un determinato contenuto, intere piattaforme di social network, interi siti di user generated content, potrebbero finire con l’essere oscurati in nome di un fine innegabilmente nobile ma con un risultato democraticamente insostenibile.
E’ importante, per non rischiare che il bilanciamento tra i contrapposti interessi, innegabilmente cercato dal governo nei principi ispiratori del decreto, non resti tradito nella sua attuazione, che si chiarisca che l’ordine di rimozione di un contenuto deve, necessariamente, contenere l’url che contraddistingue il contenuto medesimo e, soprattutto, che siano implementati protocolli di comunicazione tra fornitori di servizio, magistratura e forze dell’ordine in modo da garantire che la necessaria rapidità dei procedimenti di rimozione dei contenuti non si trasformi in un boomerang censorio, capace di mettere un cerotto sulla bocca a voci lecite per oscurare contenuti illeciti.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Media & Regime - 11 Febbraio 2015
Isis, l’antiterrorismo su Internet rischia di diventare un boomerang
Nel decreto legge antiterrorismo varato ieri dal Consiglio dei Ministro, sono tante le nuove misure che riguardano Internet.
Da una parte nuove norme che identificano l’utilizzo di strumenti informatici o telematici come circostanze aggravanti dell’istigazione o dell’apologia di reato e dall’altra nuove misure eccezionali volte a consentire a forze dell’ordine e magistratura di inibire, in via d’urgenza, la circolazione di taluni contenuti connessi o strumentali a reati di stampo terroristico interno ed internazionale.
L’argomento è straordinariamente spinoso ed ogni semplificazione rischia di far torto o alle reali esigenze di rinforzare le misure già vigenti nel quadro della lotta al terrorismo o a quelle – egualmente importanti – di garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali, prima tra tutte quella di manifestazione del pensiero.
Guai a non riconoscere che il governo, nel dettare le nuove regole, si è mosso lungo un crinale davvero scivoloso. La gravità ed urgenza della minaccia terroristica – specie sull’onda dei recenti fatti di Parigi – avrebbe, infatti, potuto produrre risultati decisamente più liberticidi e censori di quanto non sia accaduto con la “giustificazione” – anche se solo mediatica e politica – di aver agito in nome della sicurezza nazionale.
E guai a non riconoscere che – almeno per quanto riguarda le misure dettate in materia di Internet – si registra, forse per la prima volta, un’attenzione verso il bilanciamento tra contrapposti interessi: la lotta al terrorismo e il rispetto delle libertà e garanzie fondamentali dei cittadini.
In un Paese nel quale un’Autorità amministrativa indipendente, a tutela del diritto d’autore, può ordinare in 48 ore l’oscuramento di un intero sito, la circostanza che il governo, davanti alla minaccia terroristica, abbia, comunque, resistito alla tentazione di adottare uno schema analogo autorizzando, direttamente – come pure accaduto in Francia – il Ministero dell’interno ad oscurare interi siti internet, è, certamente, un fatto da salutare con favore. Stando, infatti, alle prime indiscrezioni sul testo del decreto, l’oscuramento di interi siti internet o la rimozione di taluni contenuti, da noi, potranno essere disposti solo all’esito di un dialogo tra forze dell’ordine e magistratura inquirente e di un ordine del pubblico ministero.
Le stesse indiscrezioni, tuttavia, inducono a ritenere che sia, purtroppo elevato il rischio che nell’attuazione del decreto, la libertà di circolazione delle informazioni e dei contenuti finisca con il rimanere, talvolta, triturata nella macchina dell’antiterrorismo in ragione di alcune approssimazioni definitorie e tecnico-informatiche che sembrerebbero non mancare nel testo del decreto. C’è, innanzitutto, il tema della c.d. black list nella quale il Ministero dell’Interno annoterà i “siti utilizzati per le attività e le condotte di cui agli articoli 270-bis e 270-sexies del codice penale, nel quale confluiscono le segnalazioni” ovvero quelle di promozione, costituzione e organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo e quelle aventi in sé natura terroristica.
Stabilire quando un intero sito internet è “utilizzato” per compiere un’attività terroristica di per sé non sempre facile da identificare è operazione straordinariamente complessa e delicata con l’ovvia conseguenza che è, purtroppo, elevato il rischio che in black list finiscano siti i cui contenuti sono in tutto o in parte assolutamente leciti. Né il decreto pare subordinare l’eventuale oscuramento dell’intero sito alla circostanza che quest’ultimo sia inequivocabilmente utilizzato integralmente o, almeno, in misura prevalente per la commissione di azioni di matrice terroristica.
Egualmente dubbi non inferiori sollevano le disposizioni del decreto che autorizzerebbero il pubblico ministero a ordinare ai fornitori di hosting “ovvero ai soggetti che comunque forniscono servizi di immissione e gestione, attraverso i quali il contenuto relativo alle medesime attività è reso accessibile al pubblico, di provvedere alla rimozione dello stesso”. La disposizione, infatti, se così effettivamente formulata, rischia di trasformare gli internet service provider in sceriffi della rete, chiamati a rintracciare sulle proprie macchine, “contenuti” che, magari, negli ordini dei pubblici ministeri, potrebbero essere definiti semplicemente per titolo, per oggetto, per argomento.
Si tratterebbe di un’attività defatigante per i fornitori di servizi online, che non sono attrezzati a svolgere e che soprattutto non devono essere chiamati a svolgere, a pena di esporre, ancora una volta, la libertà di manifestazione del pensiero ad un elevato rischio di censura privata perché, naturalmente, i fornitori di servizio, per paura di cancellare troppo poco, sarebbero portati a cancellare troppo. E questa preoccupazione è amplificata dalla circostanza che il decreto sembra prevedere che qualora i fornitori di hosting non ottemperino al provvedimento entro 48 ore, l’intera loro piattaforma potrebbe essere oscurata.
Impossibile non pensare al rischio che, per effetto di una comunicazione nella quale il contenuto oggetto della rimozione non è identificato in modo sufficientemente preciso o la comunicazione non è puntualmente notificata a chi ha effettivamente il controllo su un determinato contenuto, intere piattaforme di social network, interi siti di user generated content, potrebbero finire con l’essere oscurati in nome di un fine innegabilmente nobile ma con un risultato democraticamente insostenibile.
E’ importante, per non rischiare che il bilanciamento tra i contrapposti interessi, innegabilmente cercato dal governo nei principi ispiratori del decreto, non resti tradito nella sua attuazione, che si chiarisca che l’ordine di rimozione di un contenuto deve, necessariamente, contenere l’url che contraddistingue il contenuto medesimo e, soprattutto, che siano implementati protocolli di comunicazione tra fornitori di servizio, magistratura e forze dell’ordine in modo da garantire che la necessaria rapidità dei procedimenti di rimozione dei contenuti non si trasformi in un boomerang censorio, capace di mettere un cerotto sulla bocca a voci lecite per oscurare contenuti illeciti.
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Sanremo 2015, Rai, Italia: ‘Come va, come va – Tutto ok, tutto ok’
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La manovra al voto di fiducia. Una via crucis per il governo tra passi falsi, marce indietro, ritardi e litigi. Regali della Lega a Regioni del Nord e mance a pioggia
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Mosca bombarda Kiev con missili ipersonici e droni: un morto, colpite anche sei ambasciate straniere. C’è anche quella del Portogallo
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Il Consiglio d’Europa: “Stop al ddl Sicurezza, comprime le libertà”. La Russa: “Inaccettabile interferenza”
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - “Il Consiglio d’Europa ha l’obiettivo promuovere la democrazia, i diritti umani e la libertà in Europa e non ci trovo nulla di male nel fatto che si appelli ai parlamentari italiani a che rigettino il ddl sicurezza, che altro non è che un provvedimento che limita fortemente i diritti, la libertà e i valori democratici del nostro paese: un ammasso di bestialità giuridiche che andrebbe ritirato prima che lo smontino i tribunali e che produca danni irreparabili ai cittadini e allo stato di diritto nel nostro Paese”. Lo afferma il segretario di Più Europa, Riccardo Magi.
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - Un chicco di caffè che può trasformarsi in un chicco di riso per chi ne ha bisogno con il supporto di Banco Alimentare del Lazio e Fondazione Progetto Arca con il progetto Cucine Mobili a Roma. Tutto grazie all’impegno di chi sceglie di riciclare le capsule di caffè in alluminio di Nespresso, che dal 2011 ha attivato il progetto “Da Chicco a Chicco” per consentire di rigenerare i due materiali di cui sono composte le capsule, alluminio e caffè, e sopperire a una dinamica di riciclo che non consente alle capsule di essere conferite nella raccolta differenziata, nonché di essere rilevate dagli impianti di riciclo in Italia perché piccole e leggere come altri oggetti in alluminio.
È infatti dal recupero dei due materiali, alluminio e caffè, questo poi usato per il fare compost per la coltivazione di riso, che nascono gli oltre 220 quintali di riso (circa 250.000 piatti) donati quest’anno a Banco Alimentare del Lazio, beneficiario del progetto di economia circolare dal 2020, a cui partecipano i clienti Nespresso, che possono riportare le capsule esauste presso le Boutique e le isole ecologiche partner, in Lazio e in tutta Italia. Una collaborazione che unisce solidarietà e circolarità e che in 4 anni ha consentito di raggiungere oltre 1 milione di piatti di riso distribuiti in Lazio.
Quest’anno il progetto si amplia ulteriormente includendo anche le Cucine mobili di Fondazione Progetto Arca che nella città di Roma distribuiranno, a partire dal 18 dicembre, piatti di riso caldo come primo aiuto direttamente sulle strade. Nato a Milano durante la pandemia per rispondere alla chiusura obbligata delle mense per i poveri e per garantire cibo sano e adeguato a chi non può permetterselo, il servizio di Cucine mobili è attivo a Roma dal 2022 ed entra a far parte del progetto “Da Chicco a Chicco” di Nespresso anche nelle città di Milano, Torino e Bari.
Un primo aiuto molto importante perché, oltre a fornire un piatto caldo e nutriente, è funzionale a creare un rapporto di fiducia e ad accorciare le distanze tra chi è in difficoltà e chi può fornire supporto, ponendo le basi per un percorso di reintegrazione sociale. Allestita su un food-truck attrezzato con fornelli, forno e bollitori, la Cucina mobile a Roma serve 80 pasti caldi ogni sera per 5 giorni alla settimana, all’interno dei quali si inserirà una volta la settimana anche il riso prodotto dalle capsule di caffè. Una produzione totale che quest’anno conta oltre 100.000 chili di riso, distribuiti a persone, famiglie e associazioni in 5 regioni italiane grazie alle sedi regionali di Banco Alimentare in Lombardia, Lazio, Piemonte, Puglia ed Emilia-Romagna e alle Cucine mobili di Progetto Arca.
Grazie a un incremento, anno dopo anno, delle associazioni coinvolte nel progetto, in questi 13 anni “Da Chicco a Chicco” ha rappresentato un supporto concreto per oltre 500.000 persone in difficoltà, ogni anno, sul territorio italiano, attraverso la donazione di riso a più di 2.500 strutture caritative tra case di accoglienza e mense, oltre a consegne dedicate e pacchi solidali. Attraverso “Da Chicco a Chicco” Nespresso dal 2011 promuove e consente la raccolta e il riciclo delle capsule di caffè in alluminio esauste, con l’obiettivo di riportare a nuova vita i due materiali di cui sono composte, e facendo in modo che possano trasformarsi in una risorsa non solo per l’ambiente, ma anche per la comunità, con un impatto concreto sul territorio e le persone.
Grazie a una collaborazione sancita da un protocollo di intesa con CIAL, Utilitalia e CIC (Consorzio italiano Compostatori), “Da Chicco a Chicco” permette infatti ai clienti di riconsegnare le loro capsule esauste in alluminio nelle Boutique Nespresso o in isole ecologiche partner in tutta Italia, per un totale di oltre 200 punti di raccolta in più di 100 città italiane. Una volta raccolte le capsule esauste vengono trattate affinché i due materiali che le compongono vengano separati e avviati a riciclo: l’alluminio viene fuso e trasformato in nuovi oggetti, come penne, biciclette o coltellini, mentre il caffè può diventare compost per fertilizzare il terreno di una risaia italiana, da cui nasce il riso che Nespresso riacquista e dona al Banco Alimentare e, da quest’anno, a Fondazione Progetto Arca.
Un progetto di economia circolare che ha permesso in 13 anni di donare oltre 6.600 quintali di riso, l’equivalente di oltre 7 milioni di piatti (1 piatto = 90gr). “Attraverso il programma Da Chicco a Chicco, ci impegniamo a trasformare gli sforzi di tutte le persone che riconsegnano le capsule esauste in un aiuto concreto per il territorio, ha dichiarato Silvia Totaro, Responsabile Sostenibilità di Nespresso Italiana. Quest'anno, l’ampliamento del progetto al servizio Cucine Mobili di Progetto Arca a Roma, oltre al Banco Alimentare del Lazio, partner del progetto da 4 anni, ci permette di raggiungere ancora più persone con un aiuto concreto, unendo economia circolare e sostegno sociale.
A partire dalla serata del 18 dicembre, contemporaneamente in 4 città, Milano, Roma, Torino e Bari le Cucine mobili di Progetto Arca distribuiranno i piatti di riso caldo alle persone in strada, con la possibilità di raggiungere nel corso di tutto il 2025 oltre 60.000 piatti distribuiti alle persone che usufruiscono di questo servizio diventato parte strutturale della presenza in strada con oltre 6.300 pranzi, cene e prime colazioni servite ogni settimana dai volontari.
“A Roma siamo presenti ogni sera con i nostri volontari per portare in strada con la Cucina mobile un sostegno alimentare completo, accurato nella preparazione e continuo nella distribuzione. Da oggi, grazie alla donazione di Nespresso, le persone che si rivolgono a noi vedranno un nuovo piatto inserito nel menù, gustoso e versatile, che si adatta bene a tutte le esigenze alimentari, sia per cultura che per dieta. Una novità concreta per continuare a essere al fianco delle persone fragili ogni giorno” ha dichiarato Alberto Sinigallia, Presidente Fondazione Progetto Arca.
“Siamo felici e orgogliosi di essere parte anche quest'anno di un’iniziativa che si allinea perfettamente alla nostra missione di combattere lo spreco alimentare e di supportare chi è in difficoltà, ha dichiarato Marco Picciaia, Presidente del Banco Alimentare del Lazio. Il riso, grazie alla sua versatilità e all’assenza di glutine, risponde alle diverse esigenze alimentari delle persone che aiutiamo ogni giorno, rappresentando un gesto di attenzione e cura che rafforza il nostro impegno verso il prossimo”.
I dati sulle donazioni di riso si sommano a quelli relativi al riciclo delle capsule Nespresso che, nel primo semestre del 2024, hanno segnato un +8% a livello nazionale rispetto allo stesso periodo del 2023, consentendo di rimettere in circolo oltre 600 tonnellate di caffè e più di 55 tonnellate di alluminio, entrambe risorse pronte per essere riutilizzate. Una tendenza positiva che si conferma anche in Lazio con 58 tonnellate di caffè e oltre 5 di alluminio rimessi in circolo.
“Da Chicco a Chicco” è parte del programma “Nespresso per l’Italia” che racchiude progetti e iniziative per un impatto positivo e concreto sul territorio italiano, a favore non solo dell’ambiente ma anche delle persone e delle comunità.
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - Un chicco di caffè che può trasformarsi in un chicco di riso per chi ne ha bisogno con il supporto di Banco Alimentare del Lazio e Fondazione Progetto Arca con il progetto Cucine Mobili a Roma. Tutto grazie all’impegno di chi sceglie di riciclare le capsule di caffè in alluminio di Nespresso, che dal 2011 ha attivato il progetto “Da Chicco a Chicco” per consentire di rigenerare i due materiali di cui sono composte le capsule, alluminio e caffè, e sopperire a una dinamica di riciclo che non consente alle capsule di essere conferite nella raccolta differenziata, nonché di essere rilevate dagli impianti di riciclo in Italia perché piccole e leggere come altri oggetti in alluminio.
È infatti dal recupero dei due materiali, alluminio e caffè, questo poi usato per il fare compost per la coltivazione di riso, che nascono gli oltre 220 quintali di riso (circa 250.000 piatti) donati quest’anno a Banco Alimentare del Lazio, beneficiario del progetto di economia circolare dal 2020, a cui partecipano i clienti Nespresso, che possono riportare le capsule esauste presso le Boutique e le isole ecologiche partner, in Lazio e in tutta Italia. Una collaborazione che unisce solidarietà e circolarità e che in 4 anni ha consentito di raggiungere oltre 1 milione di piatti di riso distribuiti in Lazio.
Quest’anno il progetto si amplia ulteriormente includendo anche le Cucine mobili di Fondazione Progetto Arca che nella città di Roma distribuiranno, a partire dal 18 dicembre, piatti di riso caldo come primo aiuto direttamente sulle strade. Nato a Milano durante la pandemia per rispondere alla chiusura obbligata delle mense per i poveri e per garantire cibo sano e adeguato a chi non può permetterselo, il servizio di Cucine mobili è attivo a Roma dal 2022 ed entra a far parte del progetto “Da Chicco a Chicco” di Nespresso anche nelle città di Milano, Torino e Bari.
Un primo aiuto molto importante perché, oltre a fornire un piatto caldo e nutriente, è funzionale a creare un rapporto di fiducia e ad accorciare le distanze tra chi è in difficoltà e chi può fornire supporto, ponendo le basi per un percorso di reintegrazione sociale. Allestita su un food-truck attrezzato con fornelli, forno e bollitori, la Cucina mobile a Roma serve 80 pasti caldi ogni sera per 5 giorni alla settimana, all’interno dei quali si inserirà una volta la settimana anche il riso prodotto dalle capsule di caffè. Una produzione totale che quest’anno conta oltre 100.000 chili di riso, distribuiti a persone, famiglie e associazioni in 5 regioni italiane grazie alle sedi regionali di Banco Alimentare in Lombardia, Lazio, Piemonte, Puglia ed Emilia-Romagna e alle Cucine mobili di Progetto Arca.
Grazie a un incremento, anno dopo anno, delle associazioni coinvolte nel progetto, in questi 13 anni “Da Chicco a Chicco” ha rappresentato un supporto concreto per oltre 500.000 persone in difficoltà, ogni anno, sul territorio italiano, attraverso la donazione di riso a più di 2.500 strutture caritative tra case di accoglienza e mense, oltre a consegne dedicate e pacchi solidali. Attraverso “Da Chicco a Chicco” Nespresso dal 2011 promuove e consente la raccolta e il riciclo delle capsule di caffè in alluminio esauste, con l’obiettivo di riportare a nuova vita i due materiali di cui sono composte, e facendo in modo che possano trasformarsi in una risorsa non solo per l’ambiente, ma anche per la comunità, con un impatto concreto sul territorio e le persone.
Grazie a una collaborazione sancita da un protocollo di intesa con CIAL, Utilitalia e CIC (Consorzio italiano Compostatori), “Da Chicco a Chicco” permette infatti ai clienti di riconsegnare le loro capsule esauste in alluminio nelle Boutique Nespresso o in isole ecologiche partner in tutta Italia, per un totale di oltre 200 punti di raccolta in più di 100 città italiane. Una volta raccolte le capsule esauste vengono trattate affinché i due materiali che le compongono vengano separati e avviati a riciclo: l’alluminio viene fuso e trasformato in nuovi oggetti, come penne, biciclette o coltellini, mentre il caffè può diventare compost per fertilizzare il terreno di una risaia italiana, da cui nasce il riso che Nespresso riacquista e dona al Banco Alimentare e, da quest’anno, a Fondazione Progetto Arca.
Un progetto di economia circolare che ha permesso in 13 anni di donare oltre 6.600 quintali di riso, l’equivalente di oltre 7 milioni di piatti (1 piatto = 90gr). “Attraverso il programma Da Chicco a Chicco, ci impegniamo a trasformare gli sforzi di tutte le persone che riconsegnano le capsule esauste in un aiuto concreto per il territorio, ha dichiarato Silvia Totaro, Responsabile Sostenibilità di Nespresso Italiana. Quest'anno, l’ampliamento del progetto al servizio Cucine Mobili di Progetto Arca a Roma, oltre al Banco Alimentare del Lazio, partner del progetto da 4 anni, ci permette di raggiungere ancora più persone con un aiuto concreto, unendo economia circolare e sostegno sociale.
A partire dalla serata del 18 dicembre, contemporaneamente in 4 città, Milano, Roma, Torino e Bari le Cucine mobili di Progetto Arca distribuiranno i piatti di riso caldo alle persone in strada, con la possibilità di raggiungere nel corso di tutto il 2025 oltre 60.000 piatti distribuiti alle persone che usufruiscono di questo servizio diventato parte strutturale della presenza in strada con oltre 6.300 pranzi, cene e prime colazioni servite ogni settimana dai volontari.
“A Roma siamo presenti ogni sera con i nostri volontari per portare in strada con la Cucina mobile un sostegno alimentare completo, accurato nella preparazione e continuo nella distribuzione. Da oggi, grazie alla donazione di Nespresso, le persone che si rivolgono a noi vedranno un nuovo piatto inserito nel menù, gustoso e versatile, che si adatta bene a tutte le esigenze alimentari, sia per cultura che per dieta. Una novità concreta per continuare a essere al fianco delle persone fragili ogni giorno” ha dichiarato Alberto Sinigallia, Presidente Fondazione Progetto Arca.
“Siamo felici e orgogliosi di essere parte anche quest'anno di un’iniziativa che si allinea perfettamente alla nostra missione di combattere lo spreco alimentare e di supportare chi è in difficoltà, ha dichiarato Marco Picciaia, Presidente del Banco Alimentare del Lazio. Il riso, grazie alla sua versatilità e all’assenza di glutine, risponde alle diverse esigenze alimentari delle persone che aiutiamo ogni giorno, rappresentando un gesto di attenzione e cura che rafforza il nostro impegno verso il prossimo”.
I dati sulle donazioni di riso si sommano a quelli relativi al riciclo delle capsule Nespresso che, nel primo semestre del 2024, hanno segnato un +8% a livello nazionale rispetto allo stesso periodo del 2023, consentendo di rimettere in circolo oltre 600 tonnellate di caffè e più di 55 tonnellate di alluminio, entrambe risorse pronte per essere riutilizzate. Una tendenza positiva che si conferma anche in Lazio con 58 tonnellate di caffè e oltre 5 di alluminio rimessi in circolo.
“Da Chicco a Chicco” è parte del programma “Nespresso per l’Italia” che racchiude progetti e iniziative per un impatto positivo e concreto sul territorio italiano, a favore non solo dell’ambiente ma anche delle persone e delle comunità.
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - L'ex cinema Metropolitan non sarà riconvertito: il Tar del Lazio ha respinto il ricorso della società Dm Europa Srl, proprietaria del Metropolitan, confermando la decisione della Regione Lazio contro l’approvazione dell’accordo di programma per la completa riconversione funzionale dell’ex cinema a spazio commerciale. Lo storico cinema di Via del Corso non potrà essere trasformato in locale commerciale. La sentenza del Tar si basa sull’articolo 9 della legge regionale n. 5 del 2020 che limita la riconversione degli edifici destinati a cinema in attività commerciali.
“Il territorio del I Municipio perde residenti, tradizioni e identità anno dopo anno - ha detto la presidente del I Municipio di Roma Lorenza Bonaccorsi - Per questo motivo è un segnale importantissimo quello lanciato oggi dal Tar. La scomparsa di un cinema storico come il Metropolitan sarebbe una sconfitta per tutti”.
“Dobbiamo salvaguardare tutto il patrimonio culturale, di cui certamente fa parte quello cinematografico. Capiamo ovviamente - conclude la presidente Bonaccorsi - l’importanza anche dello sviluppo commerciale ma pensiamo anche che le sale cinematografiche, come tutti i luoghi dove si fa cultura, siano da tutelare e da aiutare sempre”.
Palermo, 20 dic. (Adnkronos) - Matteo Salvini e l'avvocata Giulia Bongiorno sono appena tornati all'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo in attesa della sentenza del processo Open Arms. Secondo quanto si apprende i giudici usciranno dalla Camera di consiglio non prima delle 19.30.
Roma, 20 dic. (Adnkronos) - "Abbiamo presentato questo ordine del giorno per mettere un freno all'ipocrisia del governo e della maggioranza sul tema della sicurezza e per provare anche ad evitare un danno grave perché dentro la legge di bilancio era previsto il taglio del 25% del turnover per molte categorie tra cui quella del comparto sicurezza". Così il deputato Matteo Mauri, responsabile nazionale Sicurezza del Partito democratico.
"Un'assurdità soprattutto se guardiamo agli interessi del Paese ma anche vista la propaganda che quotidianamente il governo fa proprio sul tema della sicurezza. È facile dimostrarsi vicino alle forze dell'ordine a parole senza però mai mettere mano al portafoglio. Poi la maggioranza forse si è fatta qualche conto e sulla base di spinte anche interne ha visto bene di ritornare al 100% per quest'anno per riparlare di tagli nel 2026. Qui noi diciamo no: le forze dell'ordine non si toccano, non solo non si possono ridurre ma si devono aumentare".
"Noi abbiamo bisogno di forze di polizia qualificate e in numero più consistente e quelle forze dell'ordine hanno bisogno di essere trattate con dignità. Mentre non è dignitoso il fatto che nel rinnovo del contratto si sia messo un aumento ridicolo che non copre nemmeno un terzo dell'inflazione di questi anni. Bisogna essere seri e responsabili perché qui c'è in gioco un pezzo importante della sicurezza degli italiani".
Milano, 20 dic. - (Adnkronos) - Si è tenuta oggi a Milano, presso l’Auditorium Testori di Regione Lombardia, la 19/a edizione del "Giro d'Onore" organizzato dalla Federazione Ciclistica Italiana (FCI). Per la prima volta, a fare da title sponsor della manifestazione quest’anno è stata IO, l’app dei servizi pubblici sviluppata e gestita dalla società PagoPA, oggi tra le principali piattaforme tecnologiche su cui poggia la strategia nazionale di transizione digitale della Pubblica Amministrazione italiana.
"Lo sport incarna valori fondamentali come la collaborazione, l’inclusione e l’etica, che il digitale può amplificare e che sono al centro dell’impegno quotidiano di PagoPA nell'offrire alle persone nuove opportunità per renderli concreti. Siamo orgogliosi di aver preso parte a questa grande festa del ciclismo italiano con l’App IO, che traduce la nostra visione di cittadinanza digitale offrendo a milioni di cittadini uno strumento nato per semplificare la relazione con gli enti pubblici e che può aprire nuove strade anche nello sport. Proprio con questo obiettivo, da gennaio saremo al lavoro con la Federazione Ciclistica Italiana per avviare una collaborazione finalizzata a portare su App IO il primo caso d'uso di servizi erogati da un ente del settore sportivo. Un passo in più per mettere l'innovazione tecnologica al servizio delle persone, in tutti gli ambiti della quotidianità", ha dichiarato Alessandro Moricca, Amministratore Unico di PagoPA, a margine dell’evento.
“Siamo particolarmente orgogliosi che una realtà importante come PagoPA, la cui missione è quella di facilitare i rapporti tra cittadini, Istituzioni ed Enti locali, abbia scelto il ciclismo e la nostra Federazione per il proprio esordio nel mondo dello sport. Le soluzioni digitali rappresentano un valido supporto al processo di innovazione che, come Consiglio federale, abbiamo avviato in questo quadriennio e che mi auguro di portare a compimento nel prossimo, anche grazie a PagoPA, leader in questo settore”, ha commentato Cordiano Dagnoni, Presidente FCI.