Il viaggio è durato solo 100 minuti, ma rappresenta una tappa fondamentale per l’esplorazione spaziale nel Vecchio continente. Alle 14.40 ora italiana, con un ritardo di 40 minuti sulla tabella di marcia, il razzo “Vega”, lanciato dallo spazioporto di Kourou, nella Guyana francese (a questo link è possibile rivedere il decollo), ha mandato in orbita il primo minishuttle dell’Agenzia spaziale europea (Esa).
Battezzato “Intermediate experimental vehicle” (Ixv), è una capsula in grado di superare i 400 chilometri di quota, più o meno la stessa orbita su cui galleggia la Stazione spaziale internazionale (Iss) con a bordo l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti. Ma la caratteristica che lo rende speciale è la sua capacità di rientrare a Terra, surfando sull’atmosfera a una velocità di 27mila chilometri orari, grazie a due appendici simili a piedi che funzionano come i “flap” degli aerei. Proprio come faceva il vecchio Space shuttle, la navicella della Nasa ormai in pensione da alcuni anni (In questo video dell’Esa una simulazione della missione).
“Si tratta di una missione storica, sia per l’Italia che per l’Esa – afferma Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) -. Per la prima volta, infatti, un velivolo europeo rientra nell’atmosfera terrestre: un primo passo verso lo sviluppo di future navicelle per il volo orbitale e suborbitale”. L’Italia, con il finanziamento del 40% dei costi di attività, è il principale contributore del progetto. L’Ixv è stato, infatti, costruito nel nostro Paese, e anche il vettore Vega che lo ha messo in orbita ha un cuore tutto italiano. “Questa missione, tra le più complesse mai realizzate dall’Esa, vede l’Italia al primo posto in Europa – sottolinea con orgoglio il presidente dell’Asi -, grazie ai contributi del sistema della ricerca, con il Centro italiano di ricerca aerospaziale (Cira) di Capua, e dell’industria nazionale, con la Thales alenia space (TAS-I) di Torino”.
Grande come un’utilitaria, ma pesante quasi due tonnellate, Ixv ha una forma conica aerodinamica che ricorda la parte anteriore della fusoliera di un aereo. A differenza degli Shuttle della Nasa, però, è una capsula automatica senza piloti e, sebbene priva di ali, è più piccola e funzionale. Grazie allo scudo termico che fodera la sua pancia, è in grado di resistere al calore sviluppato dall’attrito con l’atmosfera, con le temperature che superano i mille gradi, e rientrare sulla Terra tuffandosi piuttosto dolcemente, con l’aiuto di alcuni paracadute, nelle acque dell’oceano. “È una navetta unica nel suo genere – spiega Giorgio Tumino, responsabile della missione per l’Esa –, a metà strada tra una capsula senza controllo, come le attuali Soyuz, e una navetta con le ali capace di planare, come lo Shuttle”.
Dopo il rinvio dello scorso 18 novembre, per consentire analisi più dettagliate della traiettoria di volo, e un’interruzione del “countdown” a 4 minuti dal decollo per problemi a terra, il minishuttle europeo ha effettuato con successo il suo primo test di rientro atmosferico controllato. Ha, infatti, raggiunto la quota prevista di 412 chilometri e, poco più di un’ora e mezza dopo, planando con il naso all’insu, si è tuffato nelle acque dell’Oceano Pacifico. Lì, mantenuto a galla da palloni gonfiabili, ha trovato ad attenderlo una nave per il recupero, pronta a ripescarlo. “I dati raccolti da Ixv saranno fondamentali per la progettazione e realizzazione dei futuri sistemi di rientro. Ma anche – conclude Battiston – per lo svolgimento di diverse attività nello spazio vicino, come ad esempio il recupero di detriti, oppure il trasporto di rifornimenti e astronauti sulla Stazione spaziale”.