Penne Mont Blanc, iPad, biciclette, lussuose borse da donna e persino le tazze di Hello Kitty. Sono alcune delle forniture “sospette” spuntate dalle carte dell’inchiesta sulle tangenti nella Marina Militare che il 13 gennaio scorso ha portato all’arresto di sette persone accusate di aver imposto agli imprenditori di Taranto un “pizzo” del 10 percento sugli appalti aggiudicati.
I carabinieri, agli ordini del tenente Pietro Laghezza, hanno infatti ritrovato le ricevute del materiale “singolare” consegnato al capitano di fregata Marco Boccadamo, ex vice comandante della direzione di commissariato di Taranto che gestisce il denaro dei marinai. Successivamente Attraverso una serie di attività gli investigatori hanno scoperto che il materiale era fornito sempre dallo stesso imprenditore che interrogato sulla vicenda ha detto che si trattava di acquisti effettuati da Boccadamo e dai suoi familiari che poi venivano pagati in contanti anche a rate. A confermarlo, però, non c’è nessuna ricevuta di pagamento.
Una versione che non ha convinto i carabinieri che sono convinti che anche quelle erano delle vere e proprie tangenti: tutto scelto dal vice direttore indagato e pagato dall’imprenditore. Dai 3mila euro per un iPad ai 700 euro per un consolle di giochi, dai 240 euro per due valigette ai 950 euro per una bicicletta. E poi 800 euro per una borsa, 250 euro per un set composto da borsa, portachiavi e mollettoni, 50 euro per una tazza e una sveglia di Hello Kitty e ben 450 euro per dei “bicchieri da caffè con cappuccio”. Materiale che veniva spesso acquistato online e poi fatto recapitare direttamente all’indirizzo dell’imprenditore che agli inquirenti ha semplicemente detto “Non riesco a capire perché non se li faceva mandare a casa o presso il suo ufficio”, ma per i carabinieri quello “strano comportamento poteva essere dettato dalla circostanza che in definitiva la merce gliel’avrebbe pagata qualcun altro”.
E intanto dopo l’ondata di arresti sono tanti i nuovi elementi nelle mani del sostituto procuratore Maurizio Carbone che coordina l’inchiesta. In tanti hanno confessato: dagli imprenditori agli stessi indagati, andando in alcuni casi anche oltre le proprie responsabilità e rivelando l’esistenza di un sistema particolarmente radicato nella base da tarantina. E così l’inchiesta partita in uno dei reparti della direzione di commissariato ora sembra destinata ad allargarsi anche agli altri rami. E anche l’imbarazzo della forza armata cresce come l’elenco degli ufficiali che avrebbero intascato tangenti. È lo stesso pubblico ministero Maurizio Carbone a chiarirlo in una memoria depositata nell’ultima udienza al tribunale del Riesame che ha concesso i domiciliari a due indagati e rimesso in libertà altri due.
“I verbali delle sommarie informazioni degli imprenditori ascoltati – scrive il pm Carbone – contengono numerosi ‘omissis’ nelle parti concernenti il coinvolgimento di altri Ufficiali che sempre all’interno di Maricommi Taranto avrebbero in questi anni preteso tangenti dagli imprenditori anche per gli altri reparti”. Insomma la bufera giudiziaria sulla tangentopoli in divisa non si è placata e rischia di travolgere altri militari e svelando le dimensioni reali di un sistema illecito che era andato avanti indisturbato nonostante l’arresto del marzo 2014.