La Procura di Bergamo allarga l'inchiesta sul gruppo delle popolari lombarde al braccio imprenditoriale di Comunione e Liberazione. Il cui campione politico, Maurizio Lupi, nei giorni scorsi era stato protagonista di un durissimo attacco al suo stesso esecutivo proprio per la riforma delle banche di credito cooperativo
Dopo il banchiere cattolico Giovanni Bazoli, le banche popolari lombarde inguaiano anche la Compagnia delle Opere. Riguarda infatti il braccio economico di Comunione e Liberazione il nuovo filone d’inchiesta aperto dalla Procura di Bergamo su Ubi Banca, l’istituto nato dalla fusione delle principali banche cooperative del triangolo Brescia, Bergamo e Milano i cui vertici sono indagati da maggio per ostacolo alle funzioni di vigilanza, truffa e riciclaggio. Ipotesi alle quali mercoledì si è ufficialmente aggiunta anche quella di illecita influenza sull’assemblea dell’istituto del maggio 2013. L’assise, cioè, che dopo un duro scontro ha portato alla nomina degli attuali vertici del gruppo, segnando la sconfitta del candidato di opposizione, Giorgio Jannone, il presidente delle Cartiere Pigna, ex parlamentare del Pdl e capofila dei soci critici riuniti nell’associazione Ubi banca ci siamo in contrapposizione all’Associazione banca lombarda e piemontese capitanata da Bazoli.
La vittoria però, è l’ipotesi investigativa, potrebbe essere stata ottenuta grazie al voto falsato da deleghe in bianco raccolte illegalmente e firme falsificate. Con l’aiuto dell’ex presidente della Compagnia delle Opere di Bergamo, Rossano Breno, che si era dimesso dalla presidenza del braccio imprenditoriale di Comunione e liberazione nel 2012, dopo essere stato coinvolto nell’inchiesta per tangenti che ha travolto l’ex assessore all’Ambiente e al commercio Franco Nicoli Cristiani. E che ora si trova indagato anche qui, insieme al presidente della Confederazione artigiani di Bergamo Antonella Bardoni, al consigliere di sorveglianza di Ubi e responsabile del servizio rapporti con i soci dell’istituto, Giuseppe Sciarrotta, al suo consulente Guido Marchesi e al direttore generale della Banca Popolare Commercio e Industria (sempre gruppo Ubi) Marco Mandelli. Le nuove contestazioni sono emerse mercoledì quando la Procura di Bergamo ha disposto nuove perquisizioni nelle sedi di Ubi banca, in quella bergamasca della Compagnia delle Opere e in quella della Confederazione degli artigiani, che sono state svolte dal gruppo milanese del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza.
“La Compagnia delle Opere ha svolto un ruolo determinante nell’organizzazione dell’assemblea di Ubi Banca del 2013, raccogliendo deleghe e organizzando militarmente gli iscritti per ottenere le maggioranze assembleari volte a nominare gli attuali vertici. Ho denunciato alla Banca d’Italia, alla Consob e alla Guardia di Finanza la raccolta di deleghe, anche in bianco, e la scorretta gestione assembleare. Grazie al lavoro della Magistratura e della Guardia di Finanza ora emergerà, suffragata dalle due perquisizioni effettuate, la gravità dei comportamenti perpetrati e la natura associativa dei reati commessi. E’ bene ricordare che il presidente della Compagnia delle Opere, all’epoca dei fatti, era Rossano Breno, che fu ricompensato con un posto nel consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Bergamo, il principale istituto del Gruppo Ubi. Rossano Breno fu poi costretto a dimettersi in quanto indagato per corruzione“, è stato il commento a caldo di Jannone che all’epoca dei fatti dopo la sua denuncia era stato a sua volta oggetto di una perquisizione da parte degli inquirenti.
Il pm di Bergamo Fabio Pelosi, come è noto, sta già conducendo un’inchiesta per ostacolo alle funzioni di vigilanza e altri reati nei confronti di alcuni dirigenti dell’istituto di credito, di Bazoli, del socio della banca e presidente di Italcementi Giampiero Pesenti, coinvolto nel filone per truffa e riciclaggio ai danni di Ubi leasing, nonché del presidente del consiglio di Sorveglianza, Andrea Moltrasio e del suo vice, Mario Cera, nominati in occasione dell’assemblea del 2013 finita nel mirino degli inquirenti.
Il nuovo blitz è arrivato mentre le popolari sono nel mirino dell’opinione pubblica e del dibattito politico per la riforma varata dal governo a fine gennaio, che prevede la trasformazione dei primi dieci istituti di credito cooperativo in società per azioni, con la conseguente decadenza delle peculiarità che contraddistinguono questa tipologia di banche dove per esempio vige il voto capitario, cioè la facoltà di esprimere un solo voto indipendentemente dal numero di azioni possedute. Un’eccezione che alla nascita di queste istituzioni molto legate al territorio, avrebbe dovuto avere l’effetto di coinvolgere nella gestione anche i clienti, salvo poi dare vita a degenerazioni di vario tipo, come dimostra il caso della Popolare di Milano. E che sono state a lungo tollerate – anche se maldigerite da più parti – soprattutto per la forte valenza politica del credito cooperativo talmente legato al territorio da costituire un formidabile bacino elettorale. Come ben sa il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, notoriamente in quota Comunione e Liberazione e protagonista, nei giorni scorsi, di un durissimo attacco al suo stesso esecutivo proprio per la riforma delle popolari su cui si è espresso per il tramite del quotidiano della Cei, Avvenire. A fargli da sponda, tra gli altri, il presidente della Consob ed ex parlamentare del Pdl, Giuseppe Vegas, da settimane in odore di rimozione, che proprio mercoledì è atteso in Parlamento per un’audizione sulle ipotesi di insider trading legate all’andamento borsistico dei titoli delle popolari a ridosso della riforma.