Mentre l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica è concentrata sulla riforma delle banche popolari, tanto più dopo l’allargamento dell’inchiesta su Ubi e il commissariamento di Banca Etruria, la Banca d’Italia punta il dito contro un’altra tipologia di istituti: quelli di credito cooperativo, caratterizzati dalla forma giuridica – la cooperativa, appunto – e dal principio “una testa, un voto” che contraddistingue anche le popolari. Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza bancaria e finanziaria di via Nazionale, intervenendo a Bolzano presso la federazione delle Cooperative Raiffeisen ha dedicato gran parte del suo intervento proprio alle Bcc, sollecitando anche per loro “interventi normativi“. Necessari, ha sostenuto, per favorire “l’integrazione“, che “è un obiettivo non più rinviabile”. In particolare, ha spiegato il numero uno della Vigilanza, “occorre favorire un sistema meno frammentato, capace di superare gli svantaggi della piccola dimensione e di preservare i valori della cooperazione e della prossimità con il territorio che da sempre costituiscono il loro punto di forza”.
In cima alla lista delle preoccupazioni relative all’attuale governo societario delle Bcc ci sono “scarsa dialettica all’interno dei board e assenza di effettivi contrappesi alle figure apicali, presenza frequente di conflitti di interesse, carenze dei meccanismi di pianificazione, debolezze nell’assetto dei controlli interni“. Ma vanno affrontati anche problemi strutturali come “le inefficienze nell’attuale configurazione di rete”, “i costi operativi“, l’insufficiente livello di “professionalità di esponenti aziendali e addetti” e di “qualità dell’offerta di prodotti e servizi alla clientela”. Un quadro di vulnerabilità “non contrastato con appropriate risposte operative capaci di mantenere nel tempo adeguati livelli di redditività“. In più, finora “alle banche locali è mancata la capacità di innovare il modello di attività e di diversificare i ricavi“. Negli ultimi due anni di fatto “i conti economici sono stati sostenuti prevalentemente con i proventi derivanti dalla gestione dei portafogli di titoli di Stato“. A giugno scorso, “i proventi del comparto titoli hanno rappresentato oltre il 60 per cento del risultato lordo di gestione” delle Bcc.
Il risultato, in un contesto di crisi finanziaria, è stato un fronte peggioramento della qualità dei prestiti: negli ultimi mesi, mentre il tasso di passaggio a sofferenza si attenuava per le banche maggiori e medie, “per le Bcc è invece aumentato ulteriormente (dal 3,6% di dicembre 2013 al 3,9%)”. L’incidenza dei crediti anomali sul totale dei prestiti è salita dal 10 al 17,5% tra giugno 2011 e giugno 2014.
Conclusione: “Affinché il sistema delle Bcc possa competere in un mercato più integrato e concorrenziale, contribuendo validamente alla ripresa delle economie di riferimento, è necessario un riassetto più incisivo, che consenta di conseguire al più presto l’ammodernamento della gestione, il rafforzamento strutturale della redditività e la capacità, ove necessario, di reperire risorse patrimoniali anche consistenti in tempi brevi”. La strada da seguire? “Si impone il confronto con i modelli organizzativi adottati dagli altri sistemi cooperativi europei”, ha suggerito Barbagallo. Ma lo stesso “nuovo quadro normativo della gestione delle crisi (il Meccanismo di risoluzione unico delle crisi bancarie, ndr) offrirà strumenti nuovi e più efficaci per preservare gli interessi pubblici coinvolti nelle crisi bancarie”.