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Immigrazione, Amnesty: “37mila profughi pronti a raggiungere l’Europa via mare”

L'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) per il 2015 ha messo a budget 16,2 milioni di euro che saranno utilizzati soprattutto per il "Programma rifugiati". L'Agenzia spenderà circa un milione in più di quanto stanziato nel 2014, ma la situazione potrebbe aggravarsi. Senza contare che molti perdono la vita come avvenuto mercoledì a Lampedusa

Ci sono almeno 37mila profughi pronti a prendere il mare per raggiungere le coste dell’Europa. È quanto riferisce Amnesty International nel rapporto “La discesa di Bengasi nel caos”, pubblicato il 28 gennaio. A confermare il dato anche il Danish refugees council (DRC), tra le poche realtà ancora sul campo. “In Libia stiamo affrontando una sfortunata combinazione di fattori: combattimenti che vanno intensificandosi, attacchi e destabilizzazione del Paese. In più il Paese ospita un gran numero di migranti e richiedenti asilo che non hanno accesso all’assistenza di base e alla protezione”, afferma il direttore di DRC in Libia Martin Vane.

Secondo i dati dell’ong danese, in Libia al momento ci sono 18.710 siriani, 5.300 palestinesi, 4.687 eritrei, 2.392 somali e 2.123 sudanesi. Tutti richiedenti asilo o rifugiati, a cui si aggiungono altre 667 persone di cui però non si conosce la nazionalità. Questi sono una parte delle 431.258 persone che hanno bisogno di assistenza e protezione, di cui la maggioranza sono sfollati interni. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) per il 2015 ha messo a budget 16,2 milioni di euro che saranno utilizzati soprattutto per il “Programma rifugiati”. L’Agenzia spenderà circa un milione in più di quanto stanziato nel 2014, ma la situazione potrebbe aggravarsi. Senza contare che molti perdono la vita come avvenuto mercoledì a Lampedusa.

A confermare il dato anche il Danish refugees council (DRC): in Libia ci sono siriani, palestinesi, eritrei, somali e sudanesi

Nel Paese non c’è quasi più traccia del vecchio sistema di gestione dei flussi migratori. Il Dipartimento immigrazione del governo non offre più alcun supporto alle ong che sono rimaste sul campo. I centri per migranti, il più delle volte delle vere e proprie prigioni, “sono quasi tutti chiusi”, spiega Gino Barsella, responsabile del Comitato italiano rifugiati a Tripoli. “Ormai i trafficanti hanno trovato altri posti dove nascondere i migranti”, aggiunge. Per molte ragioni, tra cui anche l’insicurezza del Paese, da qualche mese Barsella è costretto a rimanere ad Algeri, anche se una parte del personale del Cir continua a mantenere attiva la missione. L’unica strada per salvare richiedenti asilo e i rifugiati “sarebbe quella di permettere loro di raggiungere l’Europa senza attraversare il Mediterraneo. Bisogna togliere il business dalle mani delle mafie locali“, aggiunge Barsella. La proposta quindi è quella del “corridoio umanitario“, mai adottato dall’Unione europea.

La situazione in Libia è esplosiva: il Paese è frantumato. La Tripolitania è in mano alle truppe “vicine agli islamisti”

Per le informazioni raccolte dal Cir come nel 2014 il business dei migranti è uno degli strumenti attraverso cui i gruppi armati libici fanno cassa. Secondo quanto afferma l’agenzia Habeshia, l’organizzazione del prete eritreo candidato al premio Nobel per la pace don Mussie Zerai, chi viaggia pagherebbe al momento 1.800 dollari a persona.

La situazione in Libia è esplosiva: il Paese è frantumato. La Tripolitania è in mano alle truppe di stanza a Misurata, “vicine agli islamisti”, spiega Barsella. Contrapposto a loro, il fronte di Zintan, alla cui guida si trova il generale Khalifa Haftar, che a maggio 2014 ha lanciato l'”Operazione Dignità” con un gruppo di forze anti islamiste. Nella città di Derna, sulla costa orientale, l’esercito combatte da quattro mesi contro miliziani dell’Isis che vogliono costruire un nuovo califfato. “La nostra speranza è che i negoziati che stanno andando avanti a Ginevra diano i risultati sperati. Crediamo che si possa raggiungere un accordo per la sicurezza nazionale”, commenta Barsella. Tra i partecipanti al tavolo, anche l’ambasciatore italiano.