Il nostro Paese perde 24 posizioni nell'annuale classifica mondiale di Reporter senza frontiere. Colpa delle violenze contro i cronisti, ma anche delle cause per diffamazione "ingiustificate" intentate soprattutto da "eletti". Le mafie italiane equiparate all'Isis. Ma nel 2014 la situazione è peggiorata "in tutti i continenti". Russia e Cina sempre più verso gli ultimi posti
L’Italia crolla nella classifica mondiale della libertà di stampa, realizzata come ogni anno da Reporter senza frontiere. Nel 2014 scendiamo al 73esimo posto, tra la Moldavia e il Nicaragua, perdendo ben 24 posizioni dall’anno precedente. La ragione, secondo il rapporto di Rsf pubblicato oggi, sono le sempre più frequenti intimidazioni che i giornalisti subiscono, da parte da parte di organizzazioni criminali e non solo. “La situazione dei giornalisti è peggiorata nettamente nel 2014”, si legge nel report, “con un grande incremento di attacchi alle loro proprietà, specie le automobili”. Rsf conta 43 casi di aggressione fisica e 7 casi di incendi ad abitazioni e vetture solo nei primi dieci mesi dell’anno. Ma non è solo la violenza fisica a limitare la libertà d’informazione nel nostro Paese. Il rapporto conta 129 cause di diffamazione “ingiustificate” contro i cronisti, sempre nei primi 10 mesi del 2014, mentre nel 2013 il dato si era fermato a 84. La maggior parte delle cause di questo tipo sono intentate da personaggi politici, e “costrituiscono una forma di censura“. I ricercatori citano la mafia italiana tra gli “agenti non statali” che soffocano l’informazione, insieme all’Isis, Boko Haram e ai cartelli della droga latinoamericani.
In generale, il World Press Freedom Index segna un peggioramento globale nel 2014: “Sotto attacco dalle guerre, dalle crescenti minacce di agenti non statali, da violenze durante manifestazioni e dalla crisi economica, la libertà dei media è in ritirata in tutti e cinque i continenti”, si legge nel report. In cima alla classifica della libertà d’informazione si accomodano, come di consueto, i paesi nordici: prima la Finlandia, seguita da Norvegia e Svezia. In fondo, anche qui senza sorprese, Turkmenistan, Corea del Nord e, fanalino di coda, l’Eritrea. La Francia guadagna una posizione fino al 38° posto, gli Usa ne perdono tre e vanno al 49°, il Giappone ne perde due e scende al 61°. Da segnalare il balzo in avanti del Brasile, che guadagna 12 posizioni e sale al 99° posto. Tra le altre nuove potenze, la Russia perde ulteriori 4 posizioni e scende al 152° posto, cioè nella fascia bassissima della classifica che contempla 180 posizioni in totale. Ma sempre meglio della Cina, che riesce a perdere una posizione sprofondando al posto numero 176. Stabile l’Iran al 176° posto.
Il peggioramento globale è “incontestabile”, scrivono i ricercatori di Rsf, che dal 2002 elaborano la classifica in base a una griglia di criteri che vanno dal pluralismo al numero di abusi e aggressioni ai danni della stampa registrati in un determinato Paese. “Nel 2014 c’è stata una drastica caduta della libertà d’informazione. Due terzi dei 180 Paesi censiti hanno avuto un risultato peggiore rispetto all’anno scorso”.
Tornando all’Italia, Rsf cita l’organizzazione Ossigeno per l’Informazione, che nel 2014 ha conteggiato 421 minacce a giornalisti, con un aumento del 10% rispetto al 2013. “Le minacce di morte sono comuni e sono di solito recapitate sotto forma di lettere o simboli, come croci dipinte sulle automobili dei cronisti o proiettili inviati via posta”. Tra i casi citati, quello di Guido Scarpino del Garantista, la cui auto è stata data alle fiamme in provincia di Cosenz, “una roccaforte della ‘ndrangheta”. L’organizzazione criminale calabrese è annoverata da Reporter senza forntiere tra i “predatori della libertà di stampa”.