Scienza

Terra, c’è un secondo nucleo molto piccolo nel cuore del nostro pianeta

Pubblicata sulla rivista Nature Geoscience, la scoperta si deve al gruppo dell’Università dell’Illinois guidato da Xiaodong Song, con la collaborazione dell’università cinese di Nanchino. A rivelare questo ritratto inedito del cuore del pianeta ''non sono state le prime onde sismiche generate dai terremoti, più chiare, ma quelle registrate nella coda dei terremoti, che compiono tragitti più complessi”

Nemmeno la fantasia di Jules Verne sarebbe arrivata a tanto nell’immaginare il viaggio al centro della Terra. Il nucleo del nostro pianeta racchiude infatti un secondo nucleo, molto piccolo e dalle caratteristiche molto diverse, che potrebbe avere molto da dire sulla formazione della Terra e sulla sua storia. Pubblicata sulla rivista Nature Geoscience, la scoperta si deve al gruppo dell’Università dell’Illinois guidato da Xiaodong Song, con la collaborazione dell’università cinese di Nanchino.

“Anche se il nucleo più interno della Terra è molto piccolo, ha caratteristiche molto interessanti. Ci può dire – osserva Song – come si è formato il nostro pianeta, può raccontarcene la storia e i processi dinamici”. A rivelare l’esistenza del secondo nucleo della Terra sono state le onde sismiche, analizzate in modo da riuscire a ‘vedere’ che cosa c’è molto in profondità, fino al cuore della Terra, proprio come le onde sonore permettono ai medici di osservare gli organi interni in un’ecografia.

Punto di partenza dei ricercatori sono stati i dati relativi alle onde sismiche che attraversano il centro della Terra, raccolti dai sismografi di tutto il mondo e relativi ai grandi terremoti (di magnitudo 7 o superiore) registrati fra il 1992 e il 2012. In questo modo è stato possibile ‘scavare’ nel nucleo della Terra e scoprire che questo ne racchiude un secondo, grande la metà.

A rivelare questo ritratto inedito del cuore del pianeta ”non sono state le prime onde sismiche generate dai terremoti, più chiare, ma quelle registrate nella coda dei terremoti, che compiono tragitti più complessi”, spiega il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Come le prime, anche queste attraversano il nucleo del pianeta, ma sono in grado di raccogliere un maggior numero di informazioni durante il loro tragitto.

Per Song “l’idea sulla quale si basa questo metodo è nota da tempo e finora è stata utilizzata per studiare fenomeni che avvengono in prossimità della superficie terrestre. La nostra idea è invece di utilizzare gli stessi dati per arrivare fino al centro della Terra”. Studiando l’orientamento delle onde sismiche, poi, i ricercatori si sono accorti che i cristalli di ferro che rivestono il nucleo principale sono allineati diversamente da quelli che rivestono il nucleo più interno: in direzione Nord-Sud i primi e in direzione Est-Ovest i secondi. I dati indicherebbero inoltre che i due nuclei si comportano in modo diverso e l’ipotesi è che potrebbero avere una composizione differente. “In queste differenze potrebbe essere la chiave per capire come si è evoluto il pianeta. Adesso – rilevano i ricercatori – ci troviamo letteralmente al centro della Terra”.

Lo studio su Nature