La crisi aguzza l'ingegno e in pochissimi anni è avvenuta la trasformazione da impresa familiare a progetto global. Oggi Cioccolatitaliani ha un giro d'affari di 13 milioni di euro, 260 dipendenti e 12 store
Più che una cioccolateria sembra un salotto buono dalle frequentazioni meneghine giuste. A sentire poi discettare Vincenzo Ferrieri, 30 anni, famiglia napoletana, tradizione di maestri cioccolatieri, imprenditore di stampo bocconiano e un’idea che tanto sarebbe piaciuta al Willy Wonka dello hollywoodiano “Fabbrica di Cioccolata”, si rimane a bocca aperta. Anche perché alle sue spalle scorre una fontana di nettare alta tre metri nella quale affondi subito gli occhi. Siamo nella boutique di ‘Cioccolatitaliani’ (due parole fuse in una) alle spalle del Duomo dove fiumi di parole scorrono sul ‘Kakaw uhanal’, il cibo degli dei. Sua Maestà il Cioccolato, così lo venerava la popolazione Maya. “La leggenda fa risalire a loro l’origine del consumo dei semi di cacao – spiega Vincenzo, amministratore delegato del brand – mentre nella letteratura troviamo tracce di cacao in Goethe, Alessandro Manzoni, Gabriele D’Annunzio, Leonardo Sciascia“.
Scatole, scatolette, scatoline, nuove profumazioni, alla lavanda, ai fleurs d’oranger, ai sali rosa dell’Himalaya, sculture di cioccolato e fondute che scatenano i sensi, un sollucchero di emozioni. E per San Valentino fanno scoccare la scintilla del bacio. Se ti fai fotografare con uno qualsiasi – e non ci sono distinzioni di campo, amici, conoscenti, cani, gatti o parenti – questo posto delle meraviglie ti offre pure una “fondue al cioccolato”. Gratis.
Ecco un brand di nicchia che reagisce alla crisi. Con dolcezza. Anzi la crisi aguzza l’ingegno e in pochissimi anni è avvenuta la trasformazione da impresa familiare a progetto global. Oggi Cioccolatitaliani ha un giro d’affari di 13 milioni di euro, 260 dipendenti e 12 store. Fa venire l’acqualino in bocca a Expo e con Leonardo di Carlo, campione del mondo di alta pasticceria, ha realizzato una capsule collection di monoporzioni, golosità in barattolo, una sorta di food pret à porter. “Ma adesso puntiamo all’estero”, conclude Vincenzo. E si guarda a Est perché nel 2015 arriveranno altri 8 punti vendita. Dagli Emirati Arabi alla Corea del Sud, passando per Dubai. Si baci, chi può.
Altro palato goloso è stato Ernest Hemingway che su consiglio del suo editore Arnoldo Mondadori andava alla confetteria Arione di Cuneo lasciandosi tentare dai cuneesi al rum, cioccolatini di cialde di meringa con crema pasticciera e ricoperti da cioccolato fondente. “Se passi da Cuneo, fermati a comprarne un po’”, gli aveva detto. Un giorno uscì dalla pasticceria con un pacco da un chilo e mezzo di cioccolatini. Solo per lui.
Twitter @januariapiromal