Tra una battuta e l’altra, con l’aria di chi deve spiegare il mondo ai piccoli, ieri Giuliano Ferrara ha svolto la sua dotta lezione davanti ai componenti della Commissione Cultura della Camera dei deputati che, sulla base della proposta di legge del Movimento 5 Stelle studiano l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria.
Una buona idea, quest’abolizione. Soprattutto per quanto riguarda i giornali di partito. Le centinaia di milioni (di euro) spese per finanziare le iniziative (e le truffe) editoriali delle forze politiche di ogni tendenza grideranno vendetta per decenni ancora. Soldi spesso incassati da lestofanti di ogni risma, senza che nessuno muovesse un dito. Ci sono volute le campagne dei pochi giornali attenti al problema per smuovere le acque.
E già, perchè qualche giornale (e qualche giornalista) pronto a fare il proprio mestiere in Italia c’è ancora. Insomma, non è proprio vero quello che Ferrara vorrebbe far credere, cioè che “non esiste la stampa libera con la schiena dritta, il contropotere”. Dice lui: “queste sono sciocchezze ideologiche“.
Ferrara, che con “Il Foglio” è costato ai contribuenti italiani oltre 50 milioni di euro erogati dai fondi per l’editoria, tenta di riscrivere la storia d’Italia e quella del giornalismo piegandole alla sua biografia.
Diversamente da quello che lui sostiene, c’è però chi non ha mai fatto “soffietti” pubblicitari e qualche articolo fastidioso per l’Eni (“Un articolo di feroce scarnificazione dell’Eni sul Foglio non lo troverete”, ha detto Ferrara alla Camera dei deputati, “perché l’Eni è un nostro interlocutore e ci ha sempre dato un buon appoggio pubblicitario, ma queste cose il lettore le sa”) lo ha anche scritto.
La cosa bella per Ferrara è che l’Italia sopporta tutto. E che gli consente anche di dare lezioni. Ma le cose stanno come stanno. E le dotte esposizioni non sempre riescono a sistemare le cose. Neanche i salti da Mosca ad Arcore, da Togliatti a Berlusconi. E anche questo i lettori lo sanno.