Il gasdotto Tap finisce al centro di un’inchiesta della Procura di Roma. Al vaglio del pm Maria Letizia Golfieri ci sono alcuni snodi dell’iter che ha portato il Ministero dell’Ambiente, l’11 settembre scorso, a rilasciare parere positivo all’approdo sulla costa salentina di San Foca. La notizia arriva nel bel mezzo della trattativa aperta mercoledì pomeriggio alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per provare a superare lo stallo creato dalle posizioni opposte in campo, il sì del dicastero che fa capo a Gian Luca Galletti e il no di quello ai Beni Culturali e della Regione Puglia. Con quest’ultima che sta trascinando di fronte alla Corte Costituzionale un altro ramo dello Stato, il Ministero dello Sviluppo Economico.
Quando il 18 febbraio si tornerà a Roma per la nuova convocazione, sul tavolo ci sarà un altro dettaglio non da poco, il faro acceso dagli inquirenti capitolini sull’opera che si ha fretta di veder nascere, inserita nello Sblocca Italia. L’indagine, al momento a carico di ignoti, è scattata in seguito ad un doppio esposto presentato ad ottobre da tre esponenti del Comitato No Tap, che da almeno quattro anni si batte contro la realizzazione dell’infrastruttura nella marina di Melendugno, in provincia di Lecce. Gli attivisti sono stati ascoltati per rogatoria, come persone informate sui fatti, agli inizi di gennaio, nella caserma dei carabinieri del posto. Questione di date sfalsate, soprattutto: in questo modo, secondo i No Tap, sarebbe stato equivocato il termine di sessanta giorni per presentare le osservazioni, “pregiudicando i diritti di partecipazione alla procedura”.
Perché? Il 18 aprile 2014 la società ha comunicato l’avvenuto deposito della documentazione integrativa al progetto del metanodotto in arrivo dall’Azerbaijan. “Cosa che – si legge nell’esposto – non era ancora avvenuta e che, nella migliore delle ipotesi, è stata formalizzata solo con la posta elettronica certificata di undici giorni dopo. A conferma di tanto è possibile notare il timbro ministeriale di ricevuta recante data 29 aprile 2014 ed il protocollo in ingresso del 2 maggio successivo”. Nessuna irregolarità secondo il ministro Galletti che sul punto ha riferito in aula lo scorso 22 gennaio: l’incartamento è stato dapprima “materialmente” consegnato in formato cartaceo a causa della voluminosità dei fascicoli e poi spedito “in copia” via mail. Per questo le date, a suo avviso, non coinciderebbero. Sarà la Procura a stabilire se di falso si è trattato oppure no. E a capirne di più anche su un altro aspetto, quello di una “triangolazione sospetta”. Quei documenti “in copia” sono stati inviati dalla dipendente di una società che ha azioni nella multinazionale svizzera a un consulente del Ministero e da questo alla responsabile dell’ufficio protocollo della struttura. Il tutto con mail private, non certificate. “Tap, a differenza di altri, ha una corsia preferenziale e riservata?”, si chiede negli esposti.
Per la risposta bisognerà attendere l’esito degli accertamenti e i tempi potrebbero non coincidere con quelli che stanno portando a chiudere a stretto giro la Valutazione di impatto ambientale, per poi avviare i cantieri previsti per il prossimo anno. La multinazionale ha già fatto sapere che, da parte sua, non ci sono i margini per discutere di siti alternativi per l’approdo del gasdotto, come i tre proposti dalla Regione mercoledì, vale a dire Torchiarolo, Brindisi e Casalabate (Le). Significherebbe, d’altronde, dover ricominciare daccapo, con un progetto del tutto nuovo e almeno due anni di burocrazia.
Bari però insiste e contesta il modo in cui il Ministero dello Sviluppo Economico ha passato la palla direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, poiché ha ritenuto “inapplicabile la procedura di superamento del dissenso e il raggiungimento dell’intesa”, visto lo sbarramento del Mibact e della Puglia. Per la Regione è stata scavalcata così la possibilità di un arbitrato tecnico in seno al quale discutere ancora. Su questo ipotetico conflitto di competenze deciderà la Corte Costituzionale. Anche perché sarebbero, ad avviso della Regione, tutt’altro che chiuse questioni cruciali, prima fra tutte l’applicabilità della normativa Seveso, che il Mise ritiene superata.