Chi se ne frega di chi perde tutto alle macchinette. Chi se ne frega di chi scommette sulla squadra sbagliata, sul cavallo zoppo, sul poker d’assi che non arriva. Chi se ne frega se lo strozzino a cui deve dei soldi lo va a cercare sotto casa con una spranga di ferro e gli fracassa le gambe. Chi se ne frega di un italiano su dieci ha un parente o un amico con debiti di gioco. Chi se ne frega dei 1.650 euro che in media ogni italiano si gioca ogni anno. Chi se ne frega se il gioco tra adolescenti, che possono fare dal cellulare mentre la prof spiega storia, sta aumentando vertiginosamente e tocca il 46% dei ragazzi italiani.
Facciamo i cinici, come piace a voi. Guardiamo alle nostre tasche. Non ci importa di quei poveretti dei malati di gioco. Guardiamo solo le nostre tasche di italiani oculati e calcolatori. Lo Stato ci guadagna dal gioco d’azzardo. È tassato. Sono soldi contanti. Puliti. Guadagni spesi per la comunità. O no? Mettiamoci con la calcolatrice alla mano. Se ai soldi guadagnati si sottraggono le migliaia di macchinette truccate che fanno guadagni in nero? Se si sottraggono i 50 miliardi di euro annui che secondo la Commissione Parlamentare Antimafia finiscono dritti nelle tasche delle cosche camorristiche e mafiose.
Se sottraiamo i costi della spesa sociale per il recupero della dipendenza da gioco? Se togliamo i costi dei danni sociali? Siamo sicuri che rimanga qualcosa? No, anzi, siamo sicuri che lo Stato ci perde. Perde i soldi delle nostre tasche. E dove finiscono?
Qualche mese fa ha fatto scandalo l’inchiesta di Mafia Capitale. Il sistema è semplice, lo capirebbe anche un bambino. Perché sporcarsi le mani con spaccio e prostituzione, per guadagnare due spiccioli, quando si possono avere soldi veri e immediatamente spendibili senza nemmeno aver la briga di doverli ripulire con finti esercizi commerciali?
Come Mafia Capitale ha mostrato che l’immigrazione è un business per i molti furbetti che gestiscono l’emergenza, allo stesso modo le altre “emergenze” generano indotto. Tra queste la dipendenza da gioco d’azzardo, che ha superato negli ultimi anni le dipendenze classiche da droghe e alcool. Non stiamo dicendo ovviamente che tutte le iniziative di aiuto contro la dipendenza siano fatte da furbetti, come non lo sono tutte quelle dietro l’emergenza immigrazione, ma chi mangia sopra la testa di queste persone c’è, eccome. Sono in diversi ad aver segnalato il problema, anche al Parlamento, come ha fatto Marco Dotti, docente all’Università di Pavia in questi giorni tra gli ospiti del convegno “Per non morire di gioco d’azzardo” organizzato a Ravenna dal Gruppo dello Zuccherificio, Ravenna Teatro e Ravanna Cinema e sostenuto dal Comune. «Quando ho fatto presente il problema, i politici con cui parlavo si sono voltati dall’altra parte. Alcuni forse non hanno capito il problema, altri invece, temo che lo abbiano capito fin troppo bene, ma le lobby li hanno convinti a non risolvere la questione e continuare a fare falsa pubblicità agli introiti statali sul gioco d’azzardo”.
Nel 2011, secondo i dati della Relazione sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, sono stati in trattamento per gioco d’azzardo patologico 4687 soggetti, per un costo sul SSN pari a quasi 1 milione di euro. Si tratta però solo di una piccola parte delle persone affette da questa patologia che negli ultimi anni ha avuto un vertiginoso sviluppo.
Rapportando questa cifra ai dati odierni del gioco patologico il costo potrebbe oscillare – come scritto sull’Huffington Post da Carlo Eugenio Vitelli – tra i 60 e i 140 milioni di euro, farmaci esclusi. Tutti, ovviamente, soldi pubblici spesi per sanare un problema permesso, e in alcuni casi causato, dallo Stato stesso.
Stiamo parlando di mercato ricco, di soldi pubblici che ingrassano un sistema ormai rodato di finanziamenti. Parliamo di soldi nostri che vengono sprecati, caro amico cinico. Noi paghiamo e loro intascano. Ma nessuno dice niente a riguardo. Gli piace vincere facile?