Provate a immaginare un ospedale italiano di quelli che stanno nel Nord dell’Italia, che hanno contribuito a realizzare la storia della medicina (integrazione della lectura Almansoris, dal 1400) e che stanno nella Regione più volte autodefinitasi “il fiore all’occhiello della sanità italiana”.

Proviamo a pensare di essere nella sala operatoria della chirurgia pediatrica. Davanti a noi un bambino di 3 anni, che si chiama Luca, ha finito l’intervento e deve essere risvegliato. Per ragioni diverse il bambino ha bisogno urgente di una terapia intensiva. Il chirurgo, non avendone una nel reparto, deve chiamare il 118. All’interno dell’ospedale. Per Luca si apre un’unica possibilità che è quella di attendere l’arrivo dell’ambulanza, siamo sempre all’interno dell’ospedale, per essere portato in terapia intensiva adulti. Laggiù, si potrà risvegliare accanto ad un paziente tossico in crisi di astinenza o a un anziano con Alzheimer e correre il rischio di un risveglio più traumatico dello stesso intervento.

Foto tratte dal libro “Oltre la cura, oltre le mura” ed. Cantagalli, 2013

Foto tratte dal libro “Oltre la cura, oltre le mura” ed. Cantagalli, 2013
Foto tratte dal libro “Oltre la cura, oltre le mura” ed. Cantagalli, 2013

Anche nelle Regioni più “ricche” del Nord, in alcuni ospedali non ci sono terapie intensive dedicate ai bambini. Questo per problemi non solo economici, ma anche di organizzazione e programmazione sanitaria legata al fabbisogno. Singole realtà hanno tentato di sopperire a questo, migliorando anche la qualità assistenziale ai bambini e alle famiglie, creando aree di appoggio post-operatorio per far fronte all’osservazione intensiva.

Tra queste realtà italiane posso citare l’esperienza che Soleterre ha sostenuto presso il Policlinico San Matteo di Pavia, dove con l’aiuto di un’azienda è stata creata una Recovery Room (stanza del risveglio) che permette ai bambini di risvegliarsi, dopo l’intervento chirurgico, in un ambiente consono e protetto dalla presenza di professionisti in grado di attivarsi all’occorrenza. Questa iniziativa rappresenta un primo passo di integrazione socio-sanitaria, di interazione tra bene pubblico e privato.

Ho deciso di scrivere queste righe perché affranto dalla morte della neonata Nicole che a Catania accusando una crisi respiratoria non ha avuto l’ospitalità di un posto disponibile per rianimarla. Per carità, non possiamo fare paragoni tra le condizioni sanitarie Nord e Sud Italia, ci insegnano, ma dovremmo a mio avviso restare in allerta. Molto in allerta. Dico al Sud come al Nord.

Perché? L’accesso alle cure non può in Italia dipendere dal luogo di nascita, dal reddito, dalla “beneficienza” delle associazioni o da un medico “eroe” che esce dalla sala operatoria e diventa fundraiser.

Secondo la Costituzione italiana le condizioni sociali ed economiche di un individuo non dovrebbero influenzare le possibilità di cura, la possibilità di ammalarsi e di guarire. La regola d’oro di un sistema sanitario che garantisce la copertura sanitaria universale è che le persone paghino in proporzione alle loro possibilità nel corso della vita, quando sono sane, al fine di ricevere cure e servizi nel momento del bisogno. Le migliori cure.

Non è vero che il nostro Paese non può più permettersi un sistema sanitario di ottima qualità. Dipende dalle scelte politiche.

Mentre Nicole veniva respinta come numero “fuori da una lista” veniva anche rinviata la decisione sui tagli alla sanità nella legge di Stabilità. Il budget previsto per le spese militari mi risulta essere stato confermato. Questione di scelte politiche. Tagliare la sanità e confermare le armi significa uccidere prima che arrivi la guerra.

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