Manca poco alla fine del periodo di 30 giorni per mandare osservazioni al governo croato in merito alle trivelle in Adriatico: l’ultimo giorno valido è il 16 febbraio.
Il documento proposto dal governo di Zagabria ci tocca da vicino perché l’Adriatico è nostro tanto quanto loro, e veramente intendono lottizzare tutto quello che possono. Parliamo del 90% dell’Adriatico croato trasformato in un gigantesco campo di petrolio. Eppure, lo Strategic Environmental Assessment (SEA) di Croazia, di circa 400 pagine dedica solo poche righe all’Italia che si concludono con il solito “tutto a posto”. E cioè non ci saranno effetti sui paesi confinanti. Ma magari anche sì.
E infatti dicono che “non si prevedono impatti transfrontalieri per quanto riguarda le aree Natura 2000 in Italia, escluso in caso di incidenti.” Escluso in caso di incidenti. Che significa?
In quelle poche righe si cita solo la zona Natura 330009 Trezze San Pietro Bordelli, del Friuli Venezia Giulia, un sito marino di interesse europeo, con biodiversità di flora e fauna acquatica e con speciali formazioni geomorfologiche, nei pressi di Gorizia, vicina al lotto 1 dei croati. Qui si dice che se trivellano come prevedono “non si può escludere l’impatto transfrontaliero”. Fine.
E di grazia, quale sarà? Inquinamento a mare? Danni alla pesca? Hanno interpellato l’Italia? L’Italia ha qualcosa da dire? Deborah Serracchiani lo sa? Ha una idea? O pensa come tutto il Pd che dopo lo sblocca Italia ci voglia anche lo sblocca Croazia? Tutto tace.
In realtà la direttiva europea prevede che gli Stati confinanti, in questo caso l’Italia, possano richiedere alla Croazia la possibilità di studiare meglio il progetto, visto che ci sono potenziali effetti negativi anche per noi. Sarebbe opportuno, io credo, che tutto venga tradotto in italiano, che ci siano studi adeguati sugli effetti sulle nostre coste e in cui anche la cittadinanza italiana possa dire la sua.
E questo perché dalla Croazia vengono fuori affermazioni poco tranquillizzanti: l’Agenzia per gli Idrocarburi croata, afferma di non possedere sufficienti risorse per le operazioni di ripristino ambientale in caso di incidente. Dicono semplicemente che “hanno cinque anni di tempo” per capire come trivellare rispettando l’ambiente al meglio. E cioè rimandano al futuro. Un po’ improvvisato no?
Non saremmo dovuti arrivare fin qui. L’Adriatico è un mare chiuso, piccolo, poco profondo, già inquinato. Di petrolio si parla già da tanto tempo e sarebbe stato utile avere un solo politico che veramente ci avesse creduto e che fosse stato un po’ più coraggioso e magnanime. Che avesse lavorato giorno dopo giorno, in silenzio e creandosi rete sulle due rive, per fare della difesa del mare e dell’interdizione alle trivelle in tutto l’Adriatico il suo regalo a noi cittadini.
Luca Zaia, Luciano D’Alfonso, Gian Mario Spacca, Nichi Vendola sono i presidenti delle Regioni adriatiche Veneto, Abruzzo, Marche e Puglia che hanno fatto ricorso contro le nuove regolamentazioni petrolifere dello Sblocca Italia. Visto che il nostro governo è sordo ed insensibile, io spero che possiate voi prendere la situazione nelle vostre mani, senza che vi rincorrano appresso i cittadini. Spero che troviate il modo per instaurare un dialogo con la Croazia, chiedendo anche noi di partecipare secondo i canali ufficiali, perché il petrolio è di chi se lo piglia, ma l’inquinamento è di tutti.
Spero anche che Deborah Serracchiani si svegli dal suo torpore. Proteggere il nostro orticello va bene, ma occorre avere l’audacia e la volontà delle cose grandi. Sono quelle che ci rendono memorabili.