Molti anni fa la prostituzione era composta soprattutto di lavoratrici italiane. Oggi sono sempre più numerose le straniere e quindi cambiano anche le rivendicazioni da fare a tutela delle lavoratrici, siano esse donne, trans, uomini, gay. Così Pia Covre ci ricorda che a seguito dell’impoverimento sociale, con le leggi sull’immigrazione che rendono la vita difficile a molti, la prostituzione è oggetto di grave repressione. Alle richieste è unita allora l’esigenza di regolarizzare il sex work perché le prostitute straniere possano veder estendere i diritti a loro stesse e ottenere un permesso di soggiorno. Il CDCP ha anche condiviso di recente una proposta di legge di iniziativa popolare che riassume le richieste dei/delle sex workers.
Pochi ma essenziali punti che non toccano le normative vigenti per quel che riguarda la lotta contro lo sfruttamento della prostituzione e contro la prostituzione minorile. Considerando che le sex workers non vogliono la riapertura delle Case Chiuse, tenendo conto che lo Stato ha incluso i ricavi dell’attività di prostituzione, ritenendo dunque leciti quei proventi, nel calcolo del Pil nazionale e tenendo conto che lo Stato, ancora, ha chiesto ai lavoratori e alle lavoratrici sessuali il pagamento delle tasse, pur in assenza di una regolamentazione che sarebbe utile affinché a quei lavoratori fossero riconosciuti pari diritti e doveri, come per chiunque altro, tenendo conto che la Corte di Cassazione, con la Sentenza 1° ottobre 2010, n, 20528, ha stabilito che la prostituzione tra adulti deve essere soggetta a tassazione, e, infine, ricordando che la Corte di Giustizia Europea, con la pronuncia del 20 novembre 2001, nella causa C268/99, ha affermato che la prostituzione può essere inquadrata in un’attività economica a libera professione, le sex worker, nella propria proposta di Legge, divisa in 4 articoli, chiedono:
-la definizione di esercizio della prostituzione. Per lavoro sessuale si intende quello svolto fisicamente o grazie all’uso di siti web, chat, video e ogni altro strumento tecnologico esistente. La liceità del mestiere viene limitata a chi ha raggiunto la maggiore età. Se non si rispettano alcune regole ben definite si incorre in sanzioni salatissime e nelle pene previste dal codice;
-I proventi dovranno essere dichiarati in una regolare dichiarazione dei redditi. La proposta stabilisce anche la necessità di una posizione previdenziale per i/le sex worker che devono poter aprire una partita IVA o svolgere l’attività “in modo occasionale”. Se continuativamente e in forma individuale il/la sex worker dovrà iscriversi come lavoratore/trice autonom@ all’Inps e all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Sarà prevista una copertura per le malattie “professionali” inerenti l’attività di prestazione sessuale. Chi fa questo mestiere entro le norme prescritte avrà il diritto a essere iscritt@ al Servizio Sanitario Nazionale con una attenzione particolare per la cura e la prevenzione di malattie legate alla professione.
I diritti dei quali stiamo parlando, ovviamente, non sono ancora affatto garantiti. Lo Stato perciò, allo stato attuale, esige il pagamento delle tasse senza riconoscere alcun diritto ai/alle sex worker.
-Nel terzo articolo della proposta si definiscono i luoghi di esercizio dell’attività. Si rivede la legge Merlin per quel che riguarda il reato di favoreggiamento non più attribuibile al proprietario che concede, a qualunque titolo, un immobile alla persona che lì svolgerà il lavoro sessuale. Non saranno punibili le persone che vorranno svolgere quella professione in appartamenti ad uso privato o collettivo. Per l’uso collettivo che vede più di tre persone in accordo deve essere prevista la costituzione in cooperativa o società in autogestione; bisogna chiedere certificato di idoneità per i locali adibiti a quell’uso e bisogna iscrivere l’attività presso la Camera di Commercio. Il lavoro sarà svolto secondo regole decise da chi il lavoro lo svolge e mai per conto terzi. Sostanzialmente non vogliono che ci siano papponi di nessun tipo. Esigono autonomia e possibilità di autogestione in termini paritari;
-Si chiede ai Comuni, per chi si prostituisce in strada. Di individuare tre zone in cui è possibile lo scambio dei servizi sessuali. Si suggerisce di fare la scelta in modo partecipativo, con il consenso dei cittadini, in relazione alle associazioni di categoria dei/delle sex workers e altri gruppi che svolgono lavoro di tutela e promozione di diritti per donne, gay, trans, uomini. Le zone scelte saranno attrezzate secondo le esigenze descritte da tutte le parti in causa. Chiunque trasgredisce le decisioni assunte sarà soggett@ a sanzioni gravi. Per le precauzioni è obbligo di chi lavora nel settore di utilizzare sempre il preservativo.
Questo è quanto. Volete parlare di prostituzione? Serve che ne parliate a partire dalle proposte che le prostitute fanno. Altrimenti, mi chiedo, cosa ne discutete a fare?