L’attacco di Boko Haram a Bosso e nella città di Diffa sono stati i primi nel Niger. L’Assemblea Nazionale doveva riunirsi a Niamey. Per casualità l’incursione armata, che ha fatto varie vittime, si è sviluppata alla vigilia della seduta parlamentare. La scelta della guerra è stata una formalità sbrigata in fretta. L’unanimità dei deputati è stata salutata come un segno di responsabilità politica. Nulla quanto le guerre uniscono le politiche di un paese. Il Niger non è esente da questo principio. L’unione ‘sacra’ delle Forze di Difesa e di Sicurezza è nella prima pagina dei quotidiani della capitale. L’appello all’orgoglio nazionale si configura come risposta armata alla follia dei barbari di Boko Haram. Eppure finora la risposta della società civile alle uccisioni perpetrate da questo gruppo sono state blande o meglio inesistenti. I barbari si avvicinano anzi da tempo sono tra noi. Nella prima pagina di un settimanale c’era la foto di un barbaro terrorista ucciso.
Proprio come a Parigi qualche settimana fa. Anche a Niamey e altrove nel Paese ci sarà una marcia repubblicana. Pensata per sostenere la lotta armata delle forze nazionali contro gli l’invasione di Boko Haram. Il presidente del paese, contestato per la sua identificazione a ‘Charlie‘, era al minimo della credibilità. Non c’è che l’unione nazionale dietro le armi che potrà ribaltare i sondaggi. In fondo è lui il capo supremo dell’esercito. Ci si accorge ora di Boko Haram. Eppure sono anni che questo gruppo crea caos, desolazione e morte in Nigeria e dintorni. Si suppone finanziato dall’Arabia Saudita, dal Qatar e da altri paesi del Golfo. Come altrove nel mondo si vuole promuovere un Islam armato di intolleranza illuminata dalle armi. In Nigeria ha potuto nascere e prosperare anche grazie a complicità politiche locali e alle divisioni del Paese. Ricchezze mal distribuite e corruzione endemica che illude e poi esclude i giovani da ogni possibile futuro.
La società civile del Niger non aveva mai condannato Boko Haram. Anzi nel paesaggio islamico locale si stanno da tempo innestando correnti di matrice radicale. Gli spazi pubblici, l’università, la retorica politica e la finanza si saturano di estremismo. Lo spazio per il dibattito democratico sulla supposta separazione tra lo stato e la religione è stato confiscato. Tra le chiese, i bar, alcuni hotel bruciati e l’invasione di Boko Haran c’è solo un salto quantitativo. Alla radice rimane l’intollerante visione unica di un mondo monogamico. Proprio come il neocapitalismo, questo Islam non ammette concorrenti o rivali. E’ la stessa guerra che si combatte sui mercati finanziari. Perfino le armi sono le stesse. Di fabbricazione controllata e definita da chi detiene il monopolio della violenza. Essa non è più appannaggio degli stati ma dagli interessi multinazionali degli imperi. La guerra dell’economia è l’economia in guerra. Senza confini o limiti che non siano quelli del potere.
A Niamey la marcia repubblicana si farà martedì 17 febbraio. L’edizione del Sahel della Domenica, giornale governativo, invita moschee e chiese all’unione orante contro Boko Haram. Non si dice che oggi a Niamey le chiese sono tende di fortuna sorvegliate da miltari armati. I barbari sono i civilizzati di prima e le orde di domani. Per anni non si è detto nulla sulle esazioni del capitale e della rapina delle risorse. Mercati liberi di stuprare le risorse del popolo. E nessuno li ha mai chiamati così. Barbari sanguinari poco diversi dai venditori di migranti al mare. Complici di quanti organizzano le politiche economiche globali dove tutto è mercanzia. Tra le donne del Sud sui marciapiedi d’Europa e le ragazze rapite da Boko Haram c’è poca differenza. Entrambe le categorie sono sedotte, comprate e abbandonate all’offerente. La guerra fa l’affare degli umanitari. Sono due i miliardi di dollari chiesti alle Nazioni Unite per le crisi del Sahel. I molti poveri fanno tanti ricchi.
Il Niger è di nuovo in guerra. Prima la partecipazione a quella del Mali contro i gruppi islamici. Ora invece quella contro Boko Haram che è un altro gruppo di matrice islamica. Stessi finanziatori e regie poco occulte. L’Occidente produce e vende armi ai campi belligeranti. Non dimentica di sorvegliare le risorse petrolifere e l’ascesa commerciale della Cina. I barbari stanno alla frontiera.