Quadri, porcellane, arazzi, fermacarte. Stilografiche, monete, servizi in oro e argento. Il Pontefice ha deciso di cedere in cambio di un'offerta minima gli oggetti che riceve in dono. Anche quelli di capi di Stato e di governo in visita ufficiale
Riciclare i regali non sarà una cosa elegante e conforme all’etichetta: ma se è a fin di bene, si può certamente fare. E’ quello che deve aver pensato Papa Francesco, che ha ordinato ai suoi collaboratori di vendere i doni che tutti i giorni riceve da chi gli rende visita, destinando il ricavato ai poveri.
Da qualche settimana, accanto alla cassa del negozio ‘tax free’ allestito per i dipendenti vaticani, i diplomatici accreditati presso la Santa Sede e pochi fortunati romani che possono accedervi all’interno della piccola stazione ferroviaria del Vaticano, c’è una vetrina dove sono esposti quadri, porcellane, arazzi, fermacarte ed altri omaggi arrivati al papa ad tutto il mondo. Accanto a ciascun pezzo, un cartellino con un'”offerta minima” in euro, e una specifica: “I proventi verranno destinati alla carità del Papa“. E così, per aggiudicarsi la miniatura di una pagoda regalata al Pontefice bastano cento euro, che diventano un paio di centinaia per un dipinto in stile arabesco.
Ma in vendita ci sono anche dei “pezzi” più pregiati e preziosi, racchiusi in una vetrinetta opportunamente chiusa a chiave: penne stilografiche in oro, servizi da scrittoio in argento e perfino una moneta d’oro massiccio venezuelana. I prezzi di questi oggetti, tutti donati al Santo Padre anche da Capi di Stato in visita ufficiale al Vaticano o da lui ricevuti in uno dei suoi viaggi in Italia ed all’estero sono abbastanza alti. Ma la destinazione dei proventi non cambia: andranno ai poveri assistiti dal Papa.