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50 Sfumature di grigio? “Storiella stereotipata”. Parlano Marco e Isaura, coppia di cultori del sadomaso e del bondage

Lui da bambino si divertiva a nascondersi sotto il tavolo per legare le gambe della zia: "Mi dava piacere, mi eccitava". Lei, esile "slave", incinta al quinto mese, ribadisce l'importanza della sicurezza, nel praticare questi "giochi": "Si partecipa sì con il corpo, che può essere legato, bloccato, bendato, sottomesso, frustato, esplorato, ammanettato, penetrato, addirittura abusato, ma anche con la mente". Secondo loro, il film tratto dal bestseller di E.L James è "poco più che una favola"

di Monica Zornetta

Mentre Athanoor, il gattone rosso di casa, strofina il muso contro il grande aggeggio per le sospensioni che campeggia in salotto, sul divano di fronte Marco e la moglie Isaura, raffinati cultori veneti dell’ars sadomaso e del bondage – master ed esperto di legature giapponesi lui, esile slave lei – si raccontano. Per farlo, partono dal successo della trilogia Cinquanta sfumature, il best seller di E.L. James che ha sdoganato il s/m rendendo possibile il sogno proibito delle donne di tutto il mondo. Dal primo libro la regista Sam Taylor-Johnson ha tratto il sexy film che sta furoreggiando nelle sale cinematografiche europee, convincendo però assai poco.
“Tanto per cominciare non so se andremo a vederlo”, confida Marco, 45 anni, look total black da perfetto dom, capelli rasati, un pizzetto a punta che gli dona un’aria vagamente mefistofelica e un nome d’arte che la dice lunga sulla sua passione per le antiche tecniche kinbaku. “Per noi che il sado maso lo pratichiamo sul serio, Cinquanta sfumature è poco più che una favola, una storiella stereotipata, una tipica operazione da sogno americano insomma, con protagonisti un giovane miliardario bello, intelligente e dai “gusti sessuali strani” e una ventunenne inesperta che da vittima, grazie all’amore, diventa la sua salvatrice. E’ un prodotto inutile, insomma, scialbo. Non ha niente a che vedere con Histoire d’O, autentico capolavoro dell’erotismo quanto, piuttosto, con Secretary e La Belle & la Bête.

Quel mondo lui lo conosce bene. Ed è siderale la distanza che, sostiene, lo divide dal finto sadomaso raccontato nella trilogia. “Ho cominciato ad esibirmi in pubblico, in spettacoli di bondage, insieme con la precedente compagna, la madre del mio primo figlio. Era il 2003. L’anno dopo, sulla scia del libro di Von Sacher-Masoch, e anticipando di gran lunga quello narrato nelle Cinquanta sfumature, abbiamo stipulato un contratto di sottomissione”. Otto anni di nodi, di sospensioni, di torture al motto di “le mie corde ti libereranno”. Ma la passione ha radici ancora più lontane. Marco spiega che da bambino si divertiva a nascondersi sotto il tavolo di casa per legare le gambe della zia. “Mi piaceva, mi dava una strana soddisfazione. Direi proprio che mi eccitava”. Si alza dal divano, prende il tablet e comincia ad armeggiare. Sfoglia cartelle a tripla X. “Il nostro è un ambiente esclusivo e allo stesso tempo escludente: essere pienamente consapevole e consenziente è fondamentale e, se non rispetti le regole, sei finito. Sei escluso”.

“La consapevolezza di sé, della propria sessualità, dei propri limiti, e la conoscenza, sia delle tecniche che dell’anatomia sono assolutamente necessarie. E’ pericoloso “giocare” in assenza di questi fattori perchè si rischia il peggio. E’ quel che è successo a Michael Hutchence, il cantante degli Inxs, per esempio, e ad altri. Personalmente non pratico senza avere con me un paio di cesoie con cui tagliare le corde in caso di necessità”. Mentre lui racconta, la biondissima Isaura, al suo fianco, annuisce. Ha 32 anni, la pelle chiarissima, gli occhi color acquamarina, un collare da cane al collo e un’attrazione fatale per le scarpe e gli abiti fetish. Lavora come impiegata in un ufficio: i suoi colleghi non sanno della sua passione né lei ha mai fatto coming out. “Non lo trovo necessario. Ma se qualcuno mi chiede informazioni sul s/m, specie dopo l’uscita del libro o, in questi giorni, del patinatissimo film, cerco di dargliele nel modo più corretto possibile. Purtroppo il nostro è un ambiente ancora oggi oggetto di pregiudizi e di morbosità”.

E’ al quinto mese di gravidanza. La pancia fa il suo bell’effetto e per il momento ha deciso di accantonare corde, dresscode e party esclusivi. Accarezza dolcemente Athanoor, allontanatosi nel frattempo dalla “macchina infernale” per prodigarsi in fusa a corpo libero sul divano. “Queste pratiche, o, come li chiamiamo noi, giochi, perché di giochi si tratta – spiega lei, serenamente – devono rispettare un fattore sostanziale: la sicurezza. Si partecipa sì con il corpo, che può essere legato, bloccato, bendato, sottomesso, frustato, esplorato, ammanettato, penetrato, addirittura abusato, ma anche con la mente. Una delle pratiche che ci fa più impazzire è quella del dottore 3.0, la versione adulta e sofisticata del gioco che tutti abbiamo fatto da bambini, fingendoci medico e paziente. Qualsiasi gioco si pratichi, che si tratti di appendermi ad un albero, per i piedi, o bendarmi e percorrermi il corpo con un dildo, la consapevolezza è la prima cosa. Non ci si può improvvisare”.

E di consapevolezza Isaura dimostra di averne parecchia. “Ho cominciato a giocare con lui quando eravamo fidanzati, e ho subito capito di aver trovato ciò che cercavo. Nella mia relazione precedente, durata 14 anni, non mi sono mai spinta molto in là: un paio di volte ho usato le manette durante l’amore, un’altra volta ho accolto il mio boyfriend in pelliccia e senza niente sotto… ma nulla di più. E pensare che sono una donna dalle mille fantasie! La nudità per me non è un problema, mi piace travestirmi e sono feticista da sempre: ricordo la sensazione che mi aveva provocato, da bambina, una foto che ritraeva un bel paio di gambe femminili fasciate in calze autoreggenti. “Con Marco mi piace sperimentare, non seguire copioni fissi. Nelle nostre “sessioni” s/m ci spogliamo dei ruoli imposti dalla quotidianità per interpretarne sempre di nuovi. Mi piace che faccia su di me tutto ciò che gli passa per la testa. È per questo motivo che ogni pratica, imposta e subita, è diversa dall’altra. Più che essere un fine, per noi è un mezzo con cui scambiarci emozioni”.

Isaura si interrompe quando sullo schermo del tablet appaiono le immagini della due giorni s/m en plein air che alcuni amici hanno organizzato pochi mesi fa a Bologna. In una sequenza c’è lei, sensualissima devota, a quattro zampe su un un prato verdissimo. Indossa solo un paio di décolleté di vernice rossa e viene condotta con docilità al guinzaglio da una mistress molto curvy. In altre immagini – le più soft – c’è lui che la lega con perizia nipponica strappandole un micro abito giallo di dosso.

Si sono sposati un anno fa in municipio, di rosso e nero vestiti, e vivono in un appartamento molto particolare alle porte di una cittadina del profondo Veneto. Insieme a quell’aggeggio per le sospensioni che tanto attira Athanoor, in casa ci sono infatti oggetti di uso non proprio comune come una gogna in legno. Ebbene sì. “Dentro i due buchi laterali vanno sistemate le mani, in quello centrale la testa. La schiava a quel punto non si può più muovere… potete immaginare che cosa le accade, dietro”, spiega lui, strizzando l’occhio. E poi dai cassetti chiusi ecco comparire sex toys di tutti i tipi, e fruste, manette, mascherine, corde. “Questo è il nostro mondo”, dice Isaura, guardando il marito “e ci piace esplorarlo insieme. Pratichiamo due o tre volte la settimana anche se ora, con un bimbo in arrivo, ci siamo messi in stand by”.

A questo punto Athanoor, sazio di carezze, esce dalla stanza. “Capita che ci esibiamo anche in pubblico, durante feste private o serate a tema in qualche locale, ma nonostante questo il nostro rapporto resta esclusivo. Ci amiamo e ci rispettiamo. Tra di noi c’è parità e passione e complicità”. “Io direi addirittura di più – la incalza Marco -: quando giochiamo è lei che ha il controllo della situazione – con la safeword, o con il safesignal, con i quali può decidere quando smettere –, e nella vita quotidiana è ancora lei che “domina”. “Lo sai che cosa vede la gente in noi, prima ancora del nostro look o del collare da cane?”, mi domanda, abbracciando Isaura: “Vedono i nostri sorrisi, vedono la nostra allegria”.

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