Lettera a tutti i presidi: "Da settembre prendete in considerazione la settimana corta per ridurre i costi di personale, luce e riscaldamento". Decisione analoga era stata già presa a Parma, Vicenza e Mantova. Non è un aut-aut, ma per alcuni insegnanti potrebbe esserci un peggioramento della qualità dell'insegnamento
Scuole superiori chiuse il sabato per tagliare i costi. Accade a Livorno e alunni, dirigenti, insegnanti e genitori si dividono. Nel mirino finiscono anche i tagli imposti dal governo. Dopo Parma, Vicenza e Mantova (sole per citare i casi più recenti) anche Livorno inizia a discutere di settimana “corta”. La Provincia ha infatti inviato una lettera ai presidi del territorio per chiedere loro di prendere in considerazione – a partire dall’anno scolastico 2015-2016 – la possibilità di tenere le scuole chiuse il sabato. L’obiettivo? Ridurre i costi legati al personale, all’energia elettrica ma soprattutto al riscaldamento. Le ore tagliate al sabato verrebbero recuperate durante i restanti cinque giorni settimana, anche con rientri pomeridiani. La questione livornese è stata portata all’attenzione dal Tirreno.
Le lettere indirizzate ai presidi delle scuole superiori (istituti tecnici, professionali e licei) sono partite nei giorni scorsi. “Non c’è però alcun aut-aut – chiarisce a ilfattoquotidiano.it Luigi Sebastiani, dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale – quello della Provincia è solo un intendimento, una proposta. Non dimentichiamoci infatti che ciascun istituto ha una propria autonomia che non può essere compressa: nessuna decisione può essere calata dall’alto e comunque niente sarà deciso a discapito dell’offerta formativa. L’obiettivo è venire incontro alle esigenze di studenti e famiglie. Ciascun istituto effettuerà le proprie valutazioni e deciderà di conseguenza. Allungare l’orario della mattina significa anche essere in grado di offrire determinati servizi, come ad esempio la mensa. Bisogna inoltre fare i conti con il pendolarismo”. La causa della scelta è dovuta ai bilanci delle Province sempre più in difficoltà.
Secondo l’ex provveditore scolastico Elisa Amato Nicosia, ora consigliera comunale di Forza Italia “le esigenze di bilancio non possono compromettere la didattica. Non dico no a priori alla settimana corta, ma vorrei che non ci fosse alcun diktat. Provincia, Comune, dirigenti scolastici, sindacati e genitori devono arrivare a una soluzione partecipata. Al centro di ogni scelta deve rimanere il bene dell’alunno. Siamo davvero sicuri che con la settimana corta si arriverebbe davvero a un sostanziale risparmio?”. Ilfattoquotidiano.it ha provato a contattare il presidente della Provincia Alessandro Franchi (Pd) per avere ulteriori chiarimenti ma il suo cellulare è risultato non raggiungibile. A Parma la stima del risparmio è di circa 160mila euro.
Un altro ex consigliere comunale (di Sel) Lamberto Giannini, docente di filosofia e storia al liceo scientifico, nota come “fare lezione dalle 13 alle 14 ore potrebbe significare un peggioramento della qualità dell’insegnamento. Il risparmio a Livorno e provincia sarebbe di 100mila euro, che si potrebbero risparmiare non accendendo il riscaldamento quando siamo costretti a aprire le finestre a causa del caldo torrido, perché i termosifoni a scuola non sono regolabili”. Per Cristina Grieco, dirigente dell’istituto Vespucci-Colombo, “a livello didattico ci sono pro e contro – dice al Tirreno – Dare uno stacco di due giorni ai ragazzi può avere i suoi vantaggi e sicuramente è un modo per avvicinarli allo studio universitario”.