La riforma costituzionale con cui si modificano ben quaranta articoli che Renzi si è intascato in una Camera per metà deserta alle due di notte meritava un plauso degno del risultato, scomposto, sprezzante e carico di sarcasmo anti-istituzionale: “un abbraccio a gufi e sorci verdi”.
In perfetta linea con la precedente improvvisata alle tre di notte nella Camera “sequestrata” per far vedere con plastico esibizionismo del comando chi è il padrone del vapore; ma anche con la recente, vergognosa performance istituzionale a Strasburgo dove ha umiliato Martin Schulz con attese prolungate e ripetute per selfie con le sue fan, e poi sbadigli, disattenzione, insofferenza esibita mentre parlava il presidente del parlamento europeo.
E’ incredibile come la vulgata delle “riforme che il paese non può più aspettare e che languono da quasi quarant’anni”, una presunta giustificazione di ordine storico ad andare avanti ad oltranza a prescindere dal merito e dal metodo, trovi ancora sostenitori acritici, come per esempio Paolo Mieli, che per di più si rifanno allo spirito “rinnovatore” di Bettino Craxi.
Intanto il Pd, che dopo il fallimento delle riforma solitaria del titolo V sta riportando su vasta scala e con compiaciuta ostentazione del bullismo renziano il metodo su cui ha fatto autocritica da anni, continua ad accusare di disfattismo e sfascismo le opposizioni.
E al di là della “qualità” dell’opposizione nel suo insieme e degli “illuminati” last minute sulla via perigliosa del Colle, le critiche ponderate e puntualmente argomentate sul contenuto di questa cosiddetta riforma che “farà ripartire l’Italia” arrivano da costituzionalisti di ogni formazione e orientamento.
Non è solo Gustavo Zagrebelsky a domandarsi dove e a cosa stanno approdando dopo quarant’anni le riforme costituzionali e a mettere in guardia sulle capacità dell’attuale classe politica, perché è meglio avere leggi imperfette con politici capaci e valorosi piuttosto che “una buona Costituzione in mano della cattiva politica”. E la constatazione sconsolata che fa da premessa è che ora ora ci troviamo “in un degrado, quasi all’anno zero della democrazia”.
Già sul “pastrocchio” della legge elettorale e più ancora su quello del nuovo “Senato delle autonomie” spacciato come riforma epocale per sbloccare la paralisi del bicameralismo perfetto e riequilibrare il rapporto tra Stato ed enti territoriali si è espresso tra moltissimi altri anche un ex presidente della Consulta più che “moderato” come Ugo De Siervo, tra l’altro accreditato persino come “quirinabile” gradito a Renzi.
Qualche giorno fa, quando si stava solo delineando la maratona vergognosa per sbarazzarsi di tutti gli emendamenti in un clima di rissa permanente, questa volta impossibile da scaricare nonostante i molti tentativi sui noti “eversori” del M5S, il costituzionalista De Siervo aveva stilato un elenco impietoso delle falle della controriforma.
Non solo il Senato rimane in funzione, senza che noi eleggiamo i senatori garantiti dall’immunità parlamentare prevista per gli eletti, ma vengono aggravati tutti i problemi già esistenti.
In primo luogo non diminuisce il contenzioso tra Stato e Regioni a causa di “una tecnica elencativa largamente imprecisa ed in completa”; i poteri legislativi del nuovo Senato “sono configurati in modo confuso” tanto che vi sono dubbi di legittimità su molte delle leggi approvate con ben 8 tipi di diversi procedimenti; incredibilmente la riduzione dei poteri ora attribuiti alle regioni non tocca quelle a statuto speciale, come la Sicilia che al contrario ne escono rafforzate in quanto è richiesto il loro accordo per riformare gli statuti speciali.
Oltre a configurare una diversità di trattamento quanto mai inopportuna, se si pensa agli abusi e agli sprechi delle amministrazioni in Sicilia con i vitalizi di padre in figlio, è altrettanto palese la “manifesta diseguaglianza” che insieme a profili di incostituzionalità, una volta approvata a marzo la riforma così com’è, farebbe lievitare i procedimenti davanti alla Consulta anche per conflitti di attribuzione.
Quanto poi ai rischi per l’esito di un referendum confermativo sull’intero pacchetto costituzionale che include anche una misura largamente condivisa e popolare come l’abrogazione del CNEL e che sarebbe condizionato, se non pilotato dalla propaganda mediatica renziana, ci ha adeguatamente messo in guardia anche Zagrebelsky.
Daniela Gaudenzi
Esperta di giustizia, blogger
Politica - 16 Febbraio 2015
Senato, Renzi al comando per imporre la controriforma pastrocchio
La riforma costituzionale con cui si modificano ben quaranta articoli che Renzi si è intascato in una Camera per metà deserta alle due di notte meritava un plauso degno del risultato, scomposto, sprezzante e carico di sarcasmo anti-istituzionale: “un abbraccio a gufi e sorci verdi”.
In perfetta linea con la precedente improvvisata alle tre di notte nella Camera “sequestrata” per far vedere con plastico esibizionismo del comando chi è il padrone del vapore; ma anche con la recente, vergognosa performance istituzionale a Strasburgo dove ha umiliato Martin Schulz con attese prolungate e ripetute per selfie con le sue fan, e poi sbadigli, disattenzione, insofferenza esibita mentre parlava il presidente del parlamento europeo.
E’ incredibile come la vulgata delle “riforme che il paese non può più aspettare e che languono da quasi quarant’anni”, una presunta giustificazione di ordine storico ad andare avanti ad oltranza a prescindere dal merito e dal metodo, trovi ancora sostenitori acritici, come per esempio Paolo Mieli, che per di più si rifanno allo spirito “rinnovatore” di Bettino Craxi.
Intanto il Pd, che dopo il fallimento delle riforma solitaria del titolo V sta riportando su vasta scala e con compiaciuta ostentazione del bullismo renziano il metodo su cui ha fatto autocritica da anni, continua ad accusare di disfattismo e sfascismo le opposizioni.
E al di là della “qualità” dell’opposizione nel suo insieme e degli “illuminati” last minute sulla via perigliosa del Colle, le critiche ponderate e puntualmente argomentate sul contenuto di questa cosiddetta riforma che “farà ripartire l’Italia” arrivano da costituzionalisti di ogni formazione e orientamento.
Non è solo Gustavo Zagrebelsky a domandarsi dove e a cosa stanno approdando dopo quarant’anni le riforme costituzionali e a mettere in guardia sulle capacità dell’attuale classe politica, perché è meglio avere leggi imperfette con politici capaci e valorosi piuttosto che “una buona Costituzione in mano della cattiva politica”. E la constatazione sconsolata che fa da premessa è che ora ora ci troviamo “in un degrado, quasi all’anno zero della democrazia”.
Già sul “pastrocchio” della legge elettorale e più ancora su quello del nuovo “Senato delle autonomie” spacciato come riforma epocale per sbloccare la paralisi del bicameralismo perfetto e riequilibrare il rapporto tra Stato ed enti territoriali si è espresso tra moltissimi altri anche un ex presidente della Consulta più che “moderato” come Ugo De Siervo, tra l’altro accreditato persino come “quirinabile” gradito a Renzi.
Qualche giorno fa, quando si stava solo delineando la maratona vergognosa per sbarazzarsi di tutti gli emendamenti in un clima di rissa permanente, questa volta impossibile da scaricare nonostante i molti tentativi sui noti “eversori” del M5S, il costituzionalista De Siervo aveva stilato un elenco impietoso delle falle della controriforma.
Non solo il Senato rimane in funzione, senza che noi eleggiamo i senatori garantiti dall’immunità parlamentare prevista per gli eletti, ma vengono aggravati tutti i problemi già esistenti.
In primo luogo non diminuisce il contenzioso tra Stato e Regioni a causa di “una tecnica elencativa largamente imprecisa ed in completa”; i poteri legislativi del nuovo Senato “sono configurati in modo confuso” tanto che vi sono dubbi di legittimità su molte delle leggi approvate con ben 8 tipi di diversi procedimenti; incredibilmente la riduzione dei poteri ora attribuiti alle regioni non tocca quelle a statuto speciale, come la Sicilia che al contrario ne escono rafforzate in quanto è richiesto il loro accordo per riformare gli statuti speciali.
Oltre a configurare una diversità di trattamento quanto mai inopportuna, se si pensa agli abusi e agli sprechi delle amministrazioni in Sicilia con i vitalizi di padre in figlio, è altrettanto palese la “manifesta diseguaglianza” che insieme a profili di incostituzionalità, una volta approvata a marzo la riforma così com’è, farebbe lievitare i procedimenti davanti alla Consulta anche per conflitti di attribuzione.
Quanto poi ai rischi per l’esito di un referendum confermativo sull’intero pacchetto costituzionale che include anche una misura largamente condivisa e popolare come l’abrogazione del CNEL e che sarebbe condizionato, se non pilotato dalla propaganda mediatica renziana, ci ha adeguatamente messo in guardia anche Zagrebelsky.
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Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - Hezbollah ha condannato in una dichiarazione gli attacchi americani contro obiettivi Houthi nello Yemen. "Affermiamo la nostra piena solidarietà nei confronti del coraggioso Yemen e chiediamo a tutti i popoli liberi del mondo e a tutte le forze di resistenza nella nostra regione e nel mondo di unirsi per contrastare il progetto sionista americano contro i popoli della nostra nazione", ha scritto in una nota il Partito di Dio.
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi americani in Yemen sono "un avvertimento per gli Houthi e per tutti i terroristi". Lo ha detto a Fox News il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, sottolineando che "questa non è l'amministrazione Biden. Se colpisci gli Stati Uniti, il presidente Trump risponderà. Il presidente Trump sta ripristinando la leadership e la deterrenza americana in Medio Oriente".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".