Esperti di terrorismo, di ogni tipo e provenienza, spopolano ormai nei salotti televisivi per analizzare e commentare la “violenza inaudita di matrice islamica”. Tanti si soffermano solo sulle evidenti conseguenze, altri si interrogano sull’origine, mentre pochi si chiedono come mai anche giovani europei, nati e cresciuti in Occidente, ne subiscano il fascino diventandone sanguinosi protagonisti. La verità è che, nonostante tutti i mezzi di comunicazione che consentono di interagire ed organizzarsi via web, la piattaforma utilizzata principalmente resta quella di sempre: la Tv.
Delle 1300 tv satellitari in arabo, 123 sono a tematica religiosa: le ricevi ovunque, gratis, in chiaro, sono difficili da controllare e fermare, ed arrivano direttamente a casa tua. Vi invito a superare il vostro immaginario legato ai canali religiosi all’americana, con un largo pubblico, coro gospel e un predicatore spesso molto elegante, che spiega i testi sacri in modo suadente ed invita i credenti ad intraprendere la retta via. La differenza riguarda aspetto, linguaggio e, soprattutto, contenuti: nei canali tv islamici, infatti, sono sufficienti una scrivania ed un predicatore barbuto urlante.
La predica non riguarda però solo la morale e l’etica spiegate attraverso fatwa (sentenze religiose), dove tutto si riduce a cosa è Haram (illecito) e cosa è Halal (lecito); si passa spesso anche, ed è questa la cosa grave, all’interpretazione politica della vita quotidiana, con incitamento all’odio e con un chiaro invito a prendere la spada e partire per il jihad (guerra santa) e combattere tutti gli infedeli. Sono i pacchetti speciali di Qanawat Diniye (canali religiosi), non reti di meditazione e preghiera, né di fede ma di ideologie mascherate: l’obbiettivo è radunare i seguaci propri e raccogliere consensi in base alle politiche e alle correnti religiose dei proprietari. Il predicatore di turno, scelto pagato e presentato dal padrone del canale, dove ogni sera vi terra una lezione urlando, strillando, e infuriando sul tema del giorno.
Senza dubbio le religioni sono libere di predicare, fare proselitismo e ‘shopping’ di fedeli nelle altre religioni, ma qual è il limite di ciò e dove finisce la predicazione e inizia l’incitamento all’odio?
Sappiamo bene che la rivoluzione tecnologica ha abbassato i costi di produzione: anche se li i soldi non mancano, aumentato l’offerta senza che ci sia un controllo o una selezione di qualità o di contenuto. Tutti possono mettersi davanti ad una telecamera e predicare, e quelli che all’inizio erano due tre, poi mano mano aumentavano e diventavano più aggressivi.
Questi canali hanno avuto un ruolo prioritario nell’islamizzazione estremista delle società arabe, introducendo le loro ideologie anche in quelle società aperte e moderate, provocando una spaccatura tra conservatori e liberali. Mi capitava spesso di entrare in un semplice negozio di abbigliamento o di Falafel e su tutti gli schermi, appesi ai muri, un’abitudine assai diffusa purtroppo, non c’era la solita musica chiassosa, ma solo programmi religiosi. Per me era un segnale preoccupante, di un radicalismo che si stava diffondendo. Era una certezza la religione non era più nei luoghi di culto, ma sugli schermi televisivi.
Il panorama televisivo è indicativo e rispecchia la contraddizione e la spaccatura delle società arabe, tra religione e modernità. Infatti i canali di maggior successo si dividono tra canali musicali con pseudo-artiste senza voce ancheggianti seminude e i canali di predicazione di stampo islamista.
Il predicatore di turno tuona invitando alla conversione e maledice i miscredenti promettendo loro l’inferno eterno. Le più scandalose e strane fatwa sono nate e diffuse proprio su questi canali, suscitando polemiche e discussioni molto accese. Settarismo, divisioni e violenza sono le caratteristiche principali di questi canali religiosi, la violenza non sta nelle immagini ma nel contenuto e sopratutto nel linguaggio, che spesso si trasforma da violenza passiva a terrorismo attivo. Non c’è bisogno di dire chiaramente cosa devi fare! Vedi tu se è tuo nemico e nemico del tuo Dio, pensaci tu! Terminologie sdoganate e rese famose dai canali tv, dai Mulhidin (Atei) ai Kuffar (Miscredenti), volte a demonizzare gli altri, che meritano solo la morte.
Oggi voci arabe timide diventano sempre di più insistenti sulla necessità di chiudere completamente questi canali, predicatori di odio. Ma non è una questione facile, sia perché sono ricchi e potenti e sia per mancanza di volontà politica dei governi arabi. Questi canali tv, ideologici e transnazionali, invadono le nostre case, perfino l’Europa, con un linguaggio pessimo e contenuto scadente ma con reclutamento più semplice e diretto, altro che Internet. Intanto riescono a sopravvivere con donazioni dai benefattori e sostenitori, e perfino pubblicità con i numeri indicati in sopra impressione, raccolta fondi che finisce chi sa dove e a finanziare chi sa cosa? A questo punto, è inutile chiedersi da dove arrivano i soldi ai gruppi terroristici e chi finanzia il terrorismo.