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Grecia, Tsipras: “Debito è questione politica”. E chiede vertice dei leader Ue

Dopo il fallimento dell'Eurogruppo, il nuovo premier ribadisce il no agli ultimatum dei creditori e alla prosecuzione dell'austerity e avverte: "Non siamo una colonia o un paria". Ma i mercati sembrano convinti che a nessuno dei contendenti conviene spingere il Paese fino a un nuovo default

La questione del debito greco non è tecnica ma “profondamente politica“. E come tale va affrontata. Per questo, scrive il Wall Street Journal, il premier Alexis Tsipras ora chiede ai leader europei un vertice per discutere delle necessità di finanziamento del Paese. Insomma, dopo la rottura all’Eurogruppo di lunedì, quando il ministro dell’economia Yanis Varoufakis ha rifiutato la proposta di “estensione” del programma di aiuti formulata dai ministri dell’Economia e delle Finanze degli altri 18 Paesi il primo ministro vuole alzare il livello del negoziato portandolo direttamente al tavolo dei capi di Stato e di governo. “La soluzione all’impasse non arriverà dai tecnocrati, ma dai leader politici d’Europa”, auspica Tsipras. Che, intervistato dal settimanale tedesco Stern, ha ancora una volta rigettato l’ultimatum lanciato dal presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem (“Decidete entro giovedì”) affermando che “il vecchio programma di austerità è morto” per cui la proposta di prolungare il piano per sei mesi “è un paradosso”.

Per tutta la giornata comunque sono continuate le schermaglie con i partner europei chiamati a dare il via libera a una proroga del piano di assistenza finanziaria che sostiene il Paese dal 2010. Atene, hanno fatto sapere fonti dell’esecutivo, non firmerà un’estensione – che porterebbe con sé una prosecuzione dell’austerity – “nemmeno con una pistola puntata alla testa”. E Tsipras ha avvertito che la democrazia greca “non può essere minacciata, non è una colonia o un paria dell’Europa”. L’esecutivo di Atene ha chiarito poi che si impegna a “continuare” i negoziati per trovare una soluzione “reciprocamente vantaggiosa”, ma è determinato a “rispettare il mandato del popolo”, che significa porre fine all’attuale memorandum che “ha causato una crisi umanitaria e ha portato l’economia a un punto morto”. La Commissione europea, attraverso il portavoce Margaritis Schinas, ha replicato che l’unico piano “è che ci sia un accordo a 19 tra tutti i membri dell’Eurogruppo. Questo è il piano A ed è il solo sul tavolo”. Mentre il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ammonisce: “E’ una decisione interamente nelle mani della Grecia” se il Paese resterà nell’euro e in caso di un’uscita si creerà una situazione “difficile”.

Mosse, comunque, quasi scontate: entrambi i contendenti intendono tirare la corda fino all’ultimo nella speranza di spingere la controparte a concedere qualcosa. E non perdere la faccia davanti ai rispettivi elettorati. Non è un caso se la stessa Bloomberg, in serata, dava conto di un ammorbidimento delle posizioni spiegando che ora la Grecia sarebbe intenzionata a piegarsi all’estensione di sei mesi dell’attuale piano di salvataggio da 172 miliardi di euro messo a punto da Ue, Bce e Fondo monetario internazionale, che è stato prolungato di due mesi a fine 2014 e scadrà il 28 febbraio. Senza quei soldi il Paese, che deve peraltro fare i conti con un crollo verticale delle entrate fiscali e nell’ultimo trimestre dello scorso anno è tornato in recessione, si troverà rapidamente in stato di insolvenza. E non sarà più in grado di pagare gli stipendi e far fronte alle spese correnti.

In effetti i mercati europei sembrano convinti che, almeno in parte, si tratti di un bluff. Perché spingere davvero la Grecia a un nuovo default, inevitabile se non riceverà l’ultima tranche del programma di aiuti, non conviene a nessuno. Così le Borse hanno reagito senza scossoni: tutti i listini del Vecchio continente hanno chiuso in positivo con l’eccezione di Francoforte, che ha registrato una piccola perdita dello 0,25%. In profondo rosso invece, ma c’era da aspettarselo, Atene, che ha chiuso in calo di quasi il 3 per cento. Il tasso di interesse sui titoli di Stato a dieci anni è tornato a superare il 10% mentre quello sui bond triennali ha superato il 18 per cento.

L’attesa, ora, è per il nuovo Eurogruppo di venerdì ma ancora prima per la riunione del consiglio dei governatori della Bce, in calendario per mercoledì: l’Eurotower dovrà decidere se continuare a concedere agli istituti di credito ellenici l’accesso alla misura di ultima istanza Emergency Liquidity Assistance. Un aiuto erogato dalle banche centrali nazionali, ma solo se Francoforte dà il via libera. Cosa che, stando a una fonte vicina al dossier citata dall’agenzia Ansa, l’istituto guidato da Mario Draghi è in effetti orientato a fare. Anche se alcuni analisti ipotizzano che i governatori potrebbero fissare dei paletti, specificando in quali condizioni la Bce sarebbe tenuta a chiudere il rubinetto.

Secondo i dati pubblicati oggi dalla Banca centrale europea, che una settimana fa ha aumentato da 60 a 65 miliardi le disponibilità totali, i fondi di emergenza assorbiti hanno già toccato quota 51,7 miliardi. E, secondo Bloomberg, le banche stanno sollecitando il governatore della Banca centrale ellenica Yannis Stournaras a trovare ulteriore liquidità il più presto possibile, visto che il flop del vertice di lunedì ha accelerato la corsa agli sportelli.