L’offensiva lanciata nella città di Sirte pare sortire gli effetti sperati. Le truppe islamiste delle brigate di Misurata, legate al Congresso Nazionale Libico (il governo non riconosciuto dalla comunità internazionale con sede a Tripoli), sono entrate nella città del golfo, riuscendo a riprendere gli edifici (emittenti radio e tv, uffici pubblici e ospedali) occupati nei giorni scorsi dai miliziani dello Stato Islamico.
Dall’Occidente, intanto, arriva un appello ad una soluzione politica della crisi: “I governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti condannano fermamente tutti gli atti di terrorismo in Libia. L’efferata uccisione di 21 cittadini egiziani, da parte di terroristi affiliati all’Isis, sottolinea ancora una volta l’impellente necessità di una soluzione politica del conflitto”, si legge in una dichiarazione congiunta. Il processo di dialogo sponsorizzato dalle Nazioni Unite per la formazione di un governo di unità nazionale, “costituisce la speranza migliore per i libici”. La comunità internazionale “è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale per affrontare le sfide attuali della Libia”. “Quattro anni dopo la rivoluzione non sarà consentito a chi tenta di impedire il processo politico e la transizione democratica della Libia di condannare il Paese al caos e all’estremismo – recita ancora la nota congiunta – costoro saranno ritenuti responsabili dal popolo libico e dalla comunità internazionale per le loro azioni”.
In giornata l’aviazione egiziana ha bombardato le postazioni dell’Isis a Derna, nel nord della Libia. Nella città si sono abbattuti altri sette raid delle forze del Cairo, che hanno provocato “decine di morti”. Tra gli obiettivi colpiti ci sono anche il “Tribunale della Sharia” istituito dai jihadisti e i quartieri di Sayeda Khadija e Shisha. Attacchi che il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukry definisce “parte del diritto all’autodifesa per proteggere i nostri figli”. Una reazione “forte e accurata” che si è resa “necessaria” dopo la decapitazione dei 21 egiziani copti sulla sponda africana del Mediterraneo.
Sunniti spaccati. Hamas contro l’intervento internazionale, Al-Azhar favorevole a “mobilitazione veloce e forte dell’esercito del grande Egitto”
E per il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi la via da percorrere è una sola: una risoluzione dell’Onu deve autorizzare l’intervento di una coalizione internazionale in Libia. “Non ci sono altre scelte, tenendo in considerazione l’accordo del popolo libico e del governo, e che ci hanno chiesto di agire”, ha detto il presidente egiziano alla radio francese Europe. L’Italia, in un vertice a Palazzo Chigi sulla Libia con Matteo Renzi insieme ai ministri Gentiloni, Alfano e Pinotti, insieme al sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti, ribadisce l’impegno italiano per per una forte azione diplomatica in ambito Onu.
Mercoledì si riunisce il Consiglio di Sicurezza Onu – Domattina il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà per una seduta pubblica dedicata alla questione libica, nel corso della quale Shukri riferirà sulla situazione. Skukri è arrivato a New York già lunedì, per una serie di incontri con diversi membri del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in vista della riunione, riferiscono fonti al Palazzo di Vetro. E’ ancora presto per aspettarsi una risoluzione che dia mandato a una coalizione internazionale contro l’Isis, anche perché manca la precondizione: “Una richiesta delle autorità libiche che richieda l’intervento internazionale”, ha spiegato un ambasciatore arabo al Palazzo di Vetro.
Hamas: “Ingerenza dell’Italia sarebbe una nuova crociata”
Ma Hamas si scaglia contro qualsiasi ipotesi di ingerenza a Tripoli “da parte di alcuni Paesi come l’Italia” che adducono “il pretesto di combattere il terrorismo”. Per Salah Bardawil, dirigente del movimento fondamentalista citato dall’agenzia Palinfo, un intervento militare sarebbe considerato “una nuova Crociata contro Paesi arabi e musulmani”. Il funzionario ha sottolineato che il suo movimento ha già espresso il suo rifiuto di un intervento straniero in Iraq, e che adesso rinnova il suo appello alla comunità internazionale di non permettere simili mosse contro qualsiasi altro Paese arabo. Commentando l’uccisione di 21 egiziani cristiani in Libia, il movimento di Hamas ha deplorato l’accaduto e ha espresso il rifiuto dell’omicidio e dell’attacco di persone a causa delle loro affiliazioni politiche, religiose e intellettuali, come accaduto di recente in molti Paesi.
I sunniti di al-Azhar sostengono l’attacco alle basi Isis – La linea sunnita, però, non è compatta. A dimostrarlo è la posizione di segno opposto che arriva dalla prestigiosa istituzione islamica di al-Azhar con sede al Cairo, convinta che l’operazione militare egiziana contro le basi dello Stato islamico (Is) in Libia sia “un jihad sulla via di Dio e della patria“. Al-Azhar in una nota dichiara il proprio sostegno alla “mobilitazione veloce e forte dell’esercito del grande Egitto contro gli obiettivi vitali dell’organizzazione terroristica dello Stato islamico in Libia”, come risposta all’esecuzione dei 21 cittadini egiziani.
“La mobilitazione delle nostre forze armate a difesa della patria è da considerarsi un jihad“, precisa la nota, sottolineando che i crimini dell’Is “devono essere ostacolati con tutta la forza e la determinazione”. Per al-Azhar, questa organizzazione terroristica non deve essere definita “islamica”, poiché “attua un’agenda colonizzatrice che mira a disgregare la nazione araba e islamica” e a “fabbricare un’immagine errata, distorta e inquietante dell’Islam e dei musulmani” che invece “condannano tutte queste pratiche barbare e criminali“.
Al-Azhar: “Isis vuole disgregare la nazione araba e fabbricare un’immagine errata dell’Islam”
L’ambasciatore egiziano a Roma: “Serve l’intervento di una coalizione internazionale” – L’ambasciatore egiziano a Roma Amr Helmy in un’intervista al Corriere della Sera precisa che la questione della crisi libica sarà portata davanti all’Onu” perché la situazione “non riguarda solo l’Egitto: il Consiglio di sicurezza deve assumersi le sue responsabilità. L’Isis – precisa – è a poche centinaia di chilometri da Roma, questa situazione deve essere presa più seriamente. Non basta attaccare in Siria e in Iraq – ha aggiunto – l’Isis in Libia è una minaccia imminente”. Secondo l’ambasciatore “si può creare una coalizione internazionale, una forza di intervento. Ci sono bombardamenti contro l’Isis in Siria e in Iraq, si può intervenire in Libia. Il paese è un totale fallimento”.
Helmy ritiene però che l’Egitto non invierà “mai truppe di terra e di occupazione, mentre potrebbero esserci delle operazioni aeree limitate contro target ben definiti. Ma i bombardamenti non bastano. Potrebbero essere necessari una forza di peacekeeping, rifugi sicuri per le minoranze, un corridoio umanitario per i civili che lasciano il Paese”. In sostanza, “va considerata una combinazione di missioni. E se vogliamo essere sinceri, bisogna porre fine al sostegno militare ma anche finanziario per questi gruppi, e sappiamo tutti chi li sta appoggiando con la logistica e i soldi”.
Helmy: “Sappiamo chi sostiene questi gruppi. Stop al sostegno finanziario e militare per i terroristi”
Leon (Onu): “Fazioni trovino accordo rapidamente” – Insiste sulla mediazione della comunità internazionale anche il Rappresentante speciale dell’Onu in Libia, Bernardino Leon, che nel corso di un’intervista a Radio Anch’io spiega che la crisi in Libia è ancora “gestibile”, ma bisogna “rapidamente o nei prossimi mesi la situazione non sarà più controllabile”. Secondo Leon, la situazione attuale “non è paragonabile” a quella in Siria e Iraq, anche se di recente nel paese nordafricano c’è stata un’avanzata dell’Is in alcune città come Sirte e Bengasi. “Ma non credo – ha spiegato – che l’Is oggi sia una minaccia dal punto di vista quantitativo”.
A proposito della sua iniziativa che prevede il dialogo nazionale tra le varie forze, il rappresentante dell’Onu ha affermato che “o le fazioni trovano un accordo rapidamente o sarà molto difficile farlo in seguito. Credo – ha aggiunto – che i gruppi libici devono essere consapevoli dell’enorme minaccia del’Is”. Leon lunedì sera ha incontrato l’alto rappresentante europeo, Federica Mogherini ed entrambi hanno concordato sulla “necessità di intensificare il lavoro diplomatico per unire tutte le diverse parti libiche nello sforzo comune di combattere la minaccia dell’Isis”. Mogherini e Leon “in queste ore intensificheranno i contatti per garantire un appropriato supporto regionale e internazionale” all’iniziativa Onu.
Frena però sull’espansione del Califfato l’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino Grimaldi, secondo cui “dire che Sirte e Tripoli sono in mano allo Stato islamico (Is) è assolutamente sbagliato”. La situazione, prosegue il diplomatico, “è certamente grave ma non dobbiamo drammatizzarla”. In più “si può superare se da parte libica ci sarà un’intesa verso un post-rivoluzione e vi sarà la consapevolezza di isolare il terrorismo, con l’aiuto della comunità internazionale”.
Mondo
Libia, Occidente unito: “Soluzione sia politica”. Esercito Misurata entra a Sirte
Nota congiunta di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti: la comunità internazionale "è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale". Le truppe islamiste legate al governo di Tripoli entrano nella città occupata dagli jihadisti. Mercoledì si riunisce il Consiglio di Sicurezza dell'Onu
L’offensiva lanciata nella città di Sirte pare sortire gli effetti sperati. Le truppe islamiste delle brigate di Misurata, legate al Congresso Nazionale Libico (il governo non riconosciuto dalla comunità internazionale con sede a Tripoli), sono entrate nella città del golfo, riuscendo a riprendere gli edifici (emittenti radio e tv, uffici pubblici e ospedali) occupati nei giorni scorsi dai miliziani dello Stato Islamico.
Dall’Occidente, intanto, arriva un appello ad una soluzione politica della crisi: “I governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti condannano fermamente tutti gli atti di terrorismo in Libia. L’efferata uccisione di 21 cittadini egiziani, da parte di terroristi affiliati all’Isis, sottolinea ancora una volta l’impellente necessità di una soluzione politica del conflitto”, si legge in una dichiarazione congiunta. Il processo di dialogo sponsorizzato dalle Nazioni Unite per la formazione di un governo di unità nazionale, “costituisce la speranza migliore per i libici”. La comunità internazionale “è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale per affrontare le sfide attuali della Libia”. “Quattro anni dopo la rivoluzione non sarà consentito a chi tenta di impedire il processo politico e la transizione democratica della Libia di condannare il Paese al caos e all’estremismo – recita ancora la nota congiunta – costoro saranno ritenuti responsabili dal popolo libico e dalla comunità internazionale per le loro azioni”.
In giornata l’aviazione egiziana ha bombardato le postazioni dell’Isis a Derna, nel nord della Libia. Nella città si sono abbattuti altri sette raid delle forze del Cairo, che hanno provocato “decine di morti”. Tra gli obiettivi colpiti ci sono anche il “Tribunale della Sharia” istituito dai jihadisti e i quartieri di Sayeda Khadija e Shisha. Attacchi che il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukry definisce “parte del diritto all’autodifesa per proteggere i nostri figli”. Una reazione “forte e accurata” che si è resa “necessaria” dopo la decapitazione dei 21 egiziani copti sulla sponda africana del Mediterraneo.
E per il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi la via da percorrere è una sola: una risoluzione dell’Onu deve autorizzare l’intervento di una coalizione internazionale in Libia. “Non ci sono altre scelte, tenendo in considerazione l’accordo del popolo libico e del governo, e che ci hanno chiesto di agire”, ha detto il presidente egiziano alla radio francese Europe. L’Italia, in un vertice a Palazzo Chigi sulla Libia con Matteo Renzi insieme ai ministri Gentiloni, Alfano e Pinotti, insieme al sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti, ribadisce l’impegno italiano per per una forte azione diplomatica in ambito Onu.
Mercoledì si riunisce il Consiglio di Sicurezza Onu – Domattina il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà per una seduta pubblica dedicata alla questione libica, nel corso della quale Shukri riferirà sulla situazione. Skukri è arrivato a New York già lunedì, per una serie di incontri con diversi membri del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in vista della riunione, riferiscono fonti al Palazzo di Vetro. E’ ancora presto per aspettarsi una risoluzione che dia mandato a una coalizione internazionale contro l’Isis, anche perché manca la precondizione: “Una richiesta delle autorità libiche che richieda l’intervento internazionale”, ha spiegato un ambasciatore arabo al Palazzo di Vetro.
Hamas: “Ingerenza dell’Italia sarebbe una nuova crociata”
Ma Hamas si scaglia contro qualsiasi ipotesi di ingerenza a Tripoli “da parte di alcuni Paesi come l’Italia” che adducono “il pretesto di combattere il terrorismo”. Per Salah Bardawil, dirigente del movimento fondamentalista citato dall’agenzia Palinfo, un intervento militare sarebbe considerato “una nuova Crociata contro Paesi arabi e musulmani”. Il funzionario ha sottolineato che il suo movimento ha già espresso il suo rifiuto di un intervento straniero in Iraq, e che adesso rinnova il suo appello alla comunità internazionale di non permettere simili mosse contro qualsiasi altro Paese arabo. Commentando l’uccisione di 21 egiziani cristiani in Libia, il movimento di Hamas ha deplorato l’accaduto e ha espresso il rifiuto dell’omicidio e dell’attacco di persone a causa delle loro affiliazioni politiche, religiose e intellettuali, come accaduto di recente in molti Paesi.
I sunniti di al-Azhar sostengono l’attacco alle basi Isis – La linea sunnita, però, non è compatta. A dimostrarlo è la posizione di segno opposto che arriva dalla prestigiosa istituzione islamica di al-Azhar con sede al Cairo, convinta che l’operazione militare egiziana contro le basi dello Stato islamico (Is) in Libia sia “un jihad sulla via di Dio e della patria“. Al-Azhar in una nota dichiara il proprio sostegno alla “mobilitazione veloce e forte dell’esercito del grande Egitto contro gli obiettivi vitali dell’organizzazione terroristica dello Stato islamico in Libia”, come risposta all’esecuzione dei 21 cittadini egiziani.
“La mobilitazione delle nostre forze armate a difesa della patria è da considerarsi un jihad“, precisa la nota, sottolineando che i crimini dell’Is “devono essere ostacolati con tutta la forza e la determinazione”. Per al-Azhar, questa organizzazione terroristica non deve essere definita “islamica”, poiché “attua un’agenda colonizzatrice che mira a disgregare la nazione araba e islamica” e a “fabbricare un’immagine errata, distorta e inquietante dell’Islam e dei musulmani” che invece “condannano tutte queste pratiche barbare e criminali“.
L’ambasciatore egiziano a Roma: “Serve l’intervento di una coalizione internazionale” – L’ambasciatore egiziano a Roma Amr Helmy in un’intervista al Corriere della Sera precisa che la questione della crisi libica sarà portata davanti all’Onu” perché la situazione “non riguarda solo l’Egitto: il Consiglio di sicurezza deve assumersi le sue responsabilità. L’Isis – precisa – è a poche centinaia di chilometri da Roma, questa situazione deve essere presa più seriamente. Non basta attaccare in Siria e in Iraq – ha aggiunto – l’Isis in Libia è una minaccia imminente”. Secondo l’ambasciatore “si può creare una coalizione internazionale, una forza di intervento. Ci sono bombardamenti contro l’Isis in Siria e in Iraq, si può intervenire in Libia. Il paese è un totale fallimento”.
Helmy ritiene però che l’Egitto non invierà “mai truppe di terra e di occupazione, mentre potrebbero esserci delle operazioni aeree limitate contro target ben definiti. Ma i bombardamenti non bastano. Potrebbero essere necessari una forza di peacekeeping, rifugi sicuri per le minoranze, un corridoio umanitario per i civili che lasciano il Paese”. In sostanza, “va considerata una combinazione di missioni. E se vogliamo essere sinceri, bisogna porre fine al sostegno militare ma anche finanziario per questi gruppi, e sappiamo tutti chi li sta appoggiando con la logistica e i soldi”.
Leon (Onu): “Fazioni trovino accordo rapidamente” – Insiste sulla mediazione della comunità internazionale anche il Rappresentante speciale dell’Onu in Libia, Bernardino Leon, che nel corso di un’intervista a Radio Anch’io spiega che la crisi in Libia è ancora “gestibile”, ma bisogna “rapidamente o nei prossimi mesi la situazione non sarà più controllabile”. Secondo Leon, la situazione attuale “non è paragonabile” a quella in Siria e Iraq, anche se di recente nel paese nordafricano c’è stata un’avanzata dell’Is in alcune città come Sirte e Bengasi. “Ma non credo – ha spiegato – che l’Is oggi sia una minaccia dal punto di vista quantitativo”.
A proposito della sua iniziativa che prevede il dialogo nazionale tra le varie forze, il rappresentante dell’Onu ha affermato che “o le fazioni trovano un accordo rapidamente o sarà molto difficile farlo in seguito. Credo – ha aggiunto – che i gruppi libici devono essere consapevoli dell’enorme minaccia del’Is”. Leon lunedì sera ha incontrato l’alto rappresentante europeo, Federica Mogherini ed entrambi hanno concordato sulla “necessità di intensificare il lavoro diplomatico per unire tutte le diverse parti libiche nello sforzo comune di combattere la minaccia dell’Isis”. Mogherini e Leon “in queste ore intensificheranno i contatti per garantire un appropriato supporto regionale e internazionale” all’iniziativa Onu.
Frena però sull’espansione del Califfato l’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino Grimaldi, secondo cui “dire che Sirte e Tripoli sono in mano allo Stato islamico (Is) è assolutamente sbagliato”. La situazione, prosegue il diplomatico, “è certamente grave ma non dobbiamo drammatizzarla”. In più “si può superare se da parte libica ci sarà un’intesa verso un post-rivoluzione e vi sarà la consapevolezza di isolare il terrorismo, con l’aiuto della comunità internazionale”.
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Mondo
Da telefonata Trump-Putin primo passo per la pace: stop attacchi alle linee energetiche. Zelensky accetta, ma mette in guardia: “Mosca vuole solo indebolirci”
Politica
Meloni sminuisce il piano di riarmo Ue: ‘Un annuncio roboante rispetto a realtà’. E attacca: ‘Chi parla di tagli al welfare inganna i cittadini’
Zonaeuro
Von der Leyen spinge l’Ue verso lo scontro con la Russia: “Se vuole evitarlo, si prepari alla guerra”
Tel Aviv, 19 mar. (Adnkronos/afp) - Il governo israeliano ha approvato nella notte il ritorno di Itamar Ben Gvir alla carica di ministro della Sicurezza nazionale. Lo ha indicato in un comunicato stampa l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu.
"Il governo ha approvato all'unanimità la proposta del primo ministro Benjamin Netanyahu di rinominare il deputato Itamar Ben Gvir ministro della Sicurezza nazionale", si legge nel testo. Ben Gvir si è dimesso dal suo incarico il 19 gennaio, in disaccordo con la decisione di tregua con Hamas che ha definito “scandalosa”.
Sana'a, 19 mar. (Adnkronos) - Almeno 10 attacchi americani hanno colpito alcune zone dello Yemen, tra cui la provincia di Saada e Hodeidah. Lo hanno riferito i media Houthi dello Yemen. Gli Stati Uniti hanno lanciato un'ondata di attacchi nelle zone dello Yemen controllate dagli Houthi, alleati dell'Iran, che la scorsa settimana hanno dichiarato di voler riprendere gli attacchi alle navi mercantili del Mar Rosso per sostenere i palestinesi a Gaza.
Sana'a, 19 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno condotto una "operazione militare di alta qualità" contro la USS Harry S Truman. Lo ha reso noto un portavoce dell'organizzazione terroristica, secondo cui l'operazione, la quarta in 72 ore, prevedeva anche un attacco a "diverse navi da guerra nemiche" e ha sventato "un attacco aereo che si stava preparando contro il nostro Paese".
Washington, 19 mar. (Adnkronos) - Il Segretario di Stato americano Marco Rubio e il Consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz torneranno in Arabia Saudita per colloqui su un cessate il fuoco nella guerra tra Russia e Ucraina. Lo ha dichiarato a Fox News l'inviato speciale del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Steve Witkoff. Parlando poche ore dopo la lunga telefonata fra il presidente americano Donald Trump con il presidente russo Vladimir Putin, Witkoff ha affermato che i colloqui su un accordo di cessate il fuoco "inizieranno domenica a Gedda".
Riferendosi a un cessate il fuoco sulle infrastrutture energetiche e sugli obiettivi nel Mar Nero, Witkoff afferma: "Penso che entrambi siano ora concordati con i russi. Sono fiducioso che gli ucraini saranno d'accordo".
Ankara, 19 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riportato dai media, la polizia turca ha arrestato il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, uno dei principali avversari politici del presidente Recep Tayyip Erdogan, nell'ambito di un'indagine su presunti legami con corruzione e terrorismo. L'agenzia statale Anadolu Agency afferma che i procuratori hanno emesso mandati di cattura per circa altre 100 persone. Le autorità hanno chiuso diverse strade intorno a Istanbul e vietato le manifestazioni in città per quattro giorni, in un apparente tentativo di prevenire le proteste dopo l'arresto.
La Turchia sta inoltre limitando l'accesso a numerose piattaforme di social media, tra cui X, YouTube, Instagram e TikTok, ha affermato l'osservatorio Internet Netblocks. L'arresto è avvenuto dopo una perquisizione della casa di Ekrem Imamoglu, un giorno dopo che un'università aveva invalidato il suo diploma di laurea, squalificando di fatto la popolare figura dell'opposizione dalla corsa alla presidenza. Avere una laurea è un requisito per candidarsi alle elezioni secondo la legge turca.
Il partito del sindaco, il principale partito di opposizione Republican People's Party, terrà le primarie domenica, dove Imamoglu dovrebbe essere scelto come candidato per le future elezioni presidenziali. Le prossime elezioni presidenziali in Turchia sono previste per il 2028, ma sono probabili elezioni anticipate. "Stiamo affrontando una grande tirannia, ma voglio che sappiate che non mi scoraggerò", afferma Imamoglu in un messaggio video pubblicato sui social media. Accusa il governo di "usurpare la volontà" del popolo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Sì al rafforzamento della difesa, ma senza toccare i fondi di coesione; no all'invio di truppe italiane in Ucraina, tema che "non è mai stato all'ordine del giorno", come pure l'esercito comune europeo; Europa e Usa devono restare uniti, perché è "inimmaginabile" costruire delle "efficaci garanzie di sicurezza" dividendo le due sponde dell'Atlantico; e sui dazi, bisogna evitare "rappresaglie'' e trovare "soluzioni di buonsenso" provando a scongiurare una guerra commerciale con Donald Trump. Davanti alla platea di Palazzo Madama, la premier Giorgia Meloni ha tracciato ieri la linea che il governo italiano porterà al tavolo del Consiglio europeo di Bruxelles del 20 e 21 marzo, dove si parlerà di Ucraina e del maxi-piano di riarmo targato Ursula von der Leyen. Una posizione, quella dell'esecutivo, sintetizzata nella risoluzione in 12 punti della maggioranza, frutto di un paziente lavoro di mediazione che ha visto protagonista il ministro degli Affari Ue Tommaso Foti, oltre ai capigruppo del centrodestra.
Alla sinistra della premier ha preso posto il ministro degli Esteri Antonio Tajani; alla destra, quello dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Assente il vicepremier leghista Matteo Salvini, all'estero per impegni istituzionali. Ma il ministro delle Infrastrutture ha tenuto in mattinata ad augurare 'in bocca al lupo' a Meloni in una telefonata che i rispettivi staff definiscono "cordiale e amichevole". I due, si leggeva in una nota, hanno scherzato "sugli ennesimi retroscena che raccontano di presunti litigi" nel governo: la Lega è "il collante della maggioranza", ribadiva Salvini a Meloni durante il colloquio.
Meloni ha preso la parola in Aula sottolineando l'importanza dell'attuale momento storico, "decisivo per il destino dell'Italia, dell'Europa e dell'Occidente". E' partita dai temi economici ed energetici, il capo del governo: competitività (l'Europa non deve rassegnarsi "al ruolo di gregario"); decarbonizzazione "sostenibile per le nostre imprese e per i nostri cittadini"; automotive, settore "strategico" che "non può essere abbandonato al proprio destino"; semplificazione, perché - ha messo in guardia Meloni - "se l'Europa pensa di sopravvivere a questa fase continuando a pretendere di iper regolamentare tutto, non sopravviverà"; sicurezza ed interconnessioni energetiche, nell'ottica del Piano Mattei caro all'Italia; completamento dell'Unione dei mercati dei capitali per stimolare gli investimenti privati.
Non è formalmente nell'agenda del Consiglio europeo, ma il tema dei dazi americani aleggia sul prossimo summit Ue e anche sull'Aula di Palazzo Madama. Meloni non è sfuggita alla questione, vista la sua delicatezza per una Nazione esportatrice come l'Italia: il quadro "è complesso", ha ammesso la premier, ma bisogna lavorare "con concretezza e pragmatismo" per trovare un'intesa con gli Usa di Trump, evitando "rappresaglie" e scongiurando, così, una "guerra commerciale" che secondo Meloni "non avvantaggerebbe nessuno, né gli Stati Uniti né l'Europa".
Migranti e Medio Oriente sono altri due argomenti affrontati da Meloni nel suo discorso: l'Italia, ha detto la leader di Fdi, segue "con grande attenzione il ricorso pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia, relativo ai trattenimenti in Albania" e auspica "che la Corte scongiuri il rischio di compromettere le politiche di rimpatrio". Meloni poi non ha nascosto la sua "grande preoccupazione" per la ripresa dei combattimenti a Gaza, così come per la situazione in Siria.
A proposito del conflitto russo-ucraino, Meloni ha ricordato il "massimo sostegno" che il governo sin dall'inizio della guerra ha garantito a Kiev: una scelta di campo "rimasta immutata", ha rivendicato, "non soltanto per Fratelli d'Italia, ma per l'intera maggioranza di centrodestra". Meloni ha salutato con favore la nuova fase di negoziati, dichiarando il suo sostegno per "gli sforzi del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump".
E' l'unità tra Ue e Usa, il concetto che l'inquilina di Palazzo Chigi si è sforzata di rimarcare: "Non è immaginabile costruire garanzie di sicurezza efficaci e durature dividendo l'Europa e gli Stati Uniti". E' giusto, ha osservato Meloni, "che l'Europa si attrezzi per fare la propria parte, ma è nella migliore delle ipotesi ingenuo, nella peggiore folle, pensare che oggi possa fare da sola, senza la Nato" e chi prova a scavare "un solco tra le due sponde dell'Atlantico, non fa che indebolire l'intero Occidente, a beneficio di ben altri attori". La presidente di Fratelli d'Italia ha poi ribadito quanto già dichiarato in diversi consessi, nelle ultime settimane: l'invio di truppe italiane in Ucraina "non è mai stato all'ordine del giorno, così come riteniamo che l'invio di truppe europee - proposto in prima battuta da Regno Unito e Francia - sia un'opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace".
Altro grande tema in discussione è stato il potenziamento della difesa del Vecchio Continente. Meloni è tornata a bocciare il nome del piano 'ReArm Europe', definendolo "fuorviante per i cittadini". Ma la questione posta da Meloni non è soltanto semantica. L'annuncio dello stanziamento di 800 miliardi per la difesa da parte della Commissione Ue è "roboante" rispetto alla realtà, ha sottolineato Meloni, perché quelle non sono "risorse che vengono tolte da altri capitoli di spesa né risorse aggiuntive europee". A questo proposito, la premier ha ricordato il fermo 'no' del governo all'ipotesi di spostare i fondi di coesione destinati alle aree svantaggiate del Sud sul settore difesa.
I conti pubblici vanno preservati, nonostante il loro stato di salute sia "molto buono" e una manovra correttiva non sia "nei radar" del governo. Per questo, ha spiegato, l'Italia "valuterà con grande attenzione l'opportunità o meno di attivare gli strumenti previsti dal piano" che prevedono anche il ricorso a deficit aggiuntivo.
La strada indicata dal governo italiano va nella direzione di un meccanismo di garanzie pubbliche europee sul modello 'InvestEu' "per mobilitare più efficacemente i capitali privati e rilanciare gli investimenti nel settore della difesa".
Due i passaggi più applauditi del discorso di Meloni: il riferimento a Papa Francesco, al quale la premier ha augurato una pronta guarigione, e la solidarietà nei confronti del Capo dello Stato Sergio Mattarella, più volte attaccato dal Cremlino. La citazione di Pericle ha chiuso l'intervento della presidente del Consiglio: "La felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio".
Nonostante le fibrillazioni che hanno attraversato il centrodestra negli ultimi giorni, le comunicazioni di Meloni non hanno deluso le aspettative della Lega. Il Carroccio - sotto i riflettori per il suo voto contrario al piano von der Leyen a Strasburgo - ha espresso il suo apprezzamento per un discorso che "va nella giusta direzione, fortemente auspicata da Salvini", ossia: "Niente truppe italiane in Ucraina e nessuna ipotesi di esercito europeo, nessun taglio ai fondi per lo sviluppo e nessun accenno a un debito comune europeo, massimo sostegno all'impegno di Donald Trump per la pace e investimenti per la sicurezza in Italia". La risoluzione di maggioranza alla fine è passata con 109 sì, 69 contrari e 4 astenuti. Oggi il bis alla Camera dei deputati. (di Antonio Atte)
Gaza, 19 mar. (Adnkronos) - Fonti di Gaza riferiscono che sono in corso attacchi aerei in diverse zone della Striscia, mentre i bombardamenti notturni sembrano proseguire a ritmo serrato. La difesa civile dell'enclave afferma che 13 persone sono state uccise negli attacchi durante la notte.
Sono stati segnalati attacchi da parte di aerei israeliani nei pressi di Khan Younis, nel sud di Gaza, nonché in diverse aree a sud di Gaza City, vicino all'estremità settentrionale della Striscia.
Quds news, un'emittente di Gaza legata ad Hamas, afferma che il bilancio delle vittime nella rinnovata offensiva israeliana è salito a 429. Le autorità sanitarie controllate da Hamas avevano precedentemente stimato il bilancio delle vittime a 408.