L’offensiva lanciata nella città di Sirte pare sortire gli effetti sperati. Le truppe islamiste delle brigate di Misurata, legate al Congresso Nazionale Libico (il governo non riconosciuto dalla comunità internazionale con sede a Tripoli), sono entrate nella città del golfo, riuscendo a riprendere gli edifici (emittenti radio e tv, uffici pubblici e ospedali) occupati nei giorni scorsi dai miliziani dello Stato Islamico.
Dall’Occidente, intanto, arriva un appello ad una soluzione politica della crisi: “I governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti condannano fermamente tutti gli atti di terrorismo in Libia. L’efferata uccisione di 21 cittadini egiziani, da parte di terroristi affiliati all’Isis, sottolinea ancora una volta l’impellente necessità di una soluzione politica del conflitto”, si legge in una dichiarazione congiunta. Il processo di dialogo sponsorizzato dalle Nazioni Unite per la formazione di un governo di unità nazionale, “costituisce la speranza migliore per i libici”. La comunità internazionale “è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale per affrontare le sfide attuali della Libia”. “Quattro anni dopo la rivoluzione non sarà consentito a chi tenta di impedire il processo politico e la transizione democratica della Libia di condannare il Paese al caos e all’estremismo – recita ancora la nota congiunta – costoro saranno ritenuti responsabili dal popolo libico e dalla comunità internazionale per le loro azioni”.
In giornata l’aviazione egiziana ha bombardato le postazioni dell’Isis a Derna, nel nord della Libia. Nella città si sono abbattuti altri sette raid delle forze del Cairo, che hanno provocato “decine di morti”. Tra gli obiettivi colpiti ci sono anche il “Tribunale della Sharia” istituito dai jihadisti e i quartieri di Sayeda Khadija e Shisha. Attacchi che il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukry definisce “parte del diritto all’autodifesa per proteggere i nostri figli”. Una reazione “forte e accurata” che si è resa “necessaria” dopo la decapitazione dei 21 egiziani copti sulla sponda africana del Mediterraneo.
Sunniti spaccati. Hamas contro l’intervento internazionale, Al-Azhar favorevole a “mobilitazione veloce e forte dell’esercito del grande Egitto”
E per il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi la via da percorrere è una sola: una risoluzione dell’Onu deve autorizzare l’intervento di una coalizione internazionale in Libia. “Non ci sono altre scelte, tenendo in considerazione l’accordo del popolo libico e del governo, e che ci hanno chiesto di agire”, ha detto il presidente egiziano alla radio francese Europe. L’Italia, in un vertice a Palazzo Chigi sulla Libia con Matteo Renzi insieme ai ministri Gentiloni, Alfano e Pinotti, insieme al sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti, ribadisce l’impegno italiano per per una forte azione diplomatica in ambito Onu.
Mercoledì si riunisce il Consiglio di Sicurezza Onu – Domattina il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà per una seduta pubblica dedicata alla questione libica, nel corso della quale Shukri riferirà sulla situazione. Skukri è arrivato a New York già lunedì, per una serie di incontri con diversi membri del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in vista della riunione, riferiscono fonti al Palazzo di Vetro. E’ ancora presto per aspettarsi una risoluzione che dia mandato a una coalizione internazionale contro l’Isis, anche perché manca la precondizione: “Una richiesta delle autorità libiche che richieda l’intervento internazionale”, ha spiegato un ambasciatore arabo al Palazzo di Vetro.
Hamas: “Ingerenza dell’Italia sarebbe una nuova crociata”
Ma Hamas si scaglia contro qualsiasi ipotesi di ingerenza a Tripoli “da parte di alcuni Paesi come l’Italia” che adducono “il pretesto di combattere il terrorismo”. Per Salah Bardawil, dirigente del movimento fondamentalista citato dall’agenzia Palinfo, un intervento militare sarebbe considerato “una nuova Crociata contro Paesi arabi e musulmani”. Il funzionario ha sottolineato che il suo movimento ha già espresso il suo rifiuto di un intervento straniero in Iraq, e che adesso rinnova il suo appello alla comunità internazionale di non permettere simili mosse contro qualsiasi altro Paese arabo. Commentando l’uccisione di 21 egiziani cristiani in Libia, il movimento di Hamas ha deplorato l’accaduto e ha espresso il rifiuto dell’omicidio e dell’attacco di persone a causa delle loro affiliazioni politiche, religiose e intellettuali, come accaduto di recente in molti Paesi.
I sunniti di al-Azhar sostengono l’attacco alle basi Isis – La linea sunnita, però, non è compatta. A dimostrarlo è la posizione di segno opposto che arriva dalla prestigiosa istituzione islamica di al-Azhar con sede al Cairo, convinta che l’operazione militare egiziana contro le basi dello Stato islamico (Is) in Libia sia “un jihad sulla via di Dio e della patria“. Al-Azhar in una nota dichiara il proprio sostegno alla “mobilitazione veloce e forte dell’esercito del grande Egitto contro gli obiettivi vitali dell’organizzazione terroristica dello Stato islamico in Libia”, come risposta all’esecuzione dei 21 cittadini egiziani.
“La mobilitazione delle nostre forze armate a difesa della patria è da considerarsi un jihad“, precisa la nota, sottolineando che i crimini dell’Is “devono essere ostacolati con tutta la forza e la determinazione”. Per al-Azhar, questa organizzazione terroristica non deve essere definita “islamica”, poiché “attua un’agenda colonizzatrice che mira a disgregare la nazione araba e islamica” e a “fabbricare un’immagine errata, distorta e inquietante dell’Islam e dei musulmani” che invece “condannano tutte queste pratiche barbare e criminali“.
Al-Azhar: “Isis vuole disgregare la nazione araba e fabbricare un’immagine errata dell’Islam”
L’ambasciatore egiziano a Roma: “Serve l’intervento di una coalizione internazionale” – L’ambasciatore egiziano a Roma Amr Helmy in un’intervista al Corriere della Sera precisa che la questione della crisi libica sarà portata davanti all’Onu” perché la situazione “non riguarda solo l’Egitto: il Consiglio di sicurezza deve assumersi le sue responsabilità. L’Isis – precisa – è a poche centinaia di chilometri da Roma, questa situazione deve essere presa più seriamente. Non basta attaccare in Siria e in Iraq – ha aggiunto – l’Isis in Libia è una minaccia imminente”. Secondo l’ambasciatore “si può creare una coalizione internazionale, una forza di intervento. Ci sono bombardamenti contro l’Isis in Siria e in Iraq, si può intervenire in Libia. Il paese è un totale fallimento”.
Helmy ritiene però che l’Egitto non invierà “mai truppe di terra e di occupazione, mentre potrebbero esserci delle operazioni aeree limitate contro target ben definiti. Ma i bombardamenti non bastano. Potrebbero essere necessari una forza di peacekeeping, rifugi sicuri per le minoranze, un corridoio umanitario per i civili che lasciano il Paese”. In sostanza, “va considerata una combinazione di missioni. E se vogliamo essere sinceri, bisogna porre fine al sostegno militare ma anche finanziario per questi gruppi, e sappiamo tutti chi li sta appoggiando con la logistica e i soldi”.
Helmy: “Sappiamo chi sostiene questi gruppi. Stop al sostegno finanziario e militare per i terroristi”
Leon (Onu): “Fazioni trovino accordo rapidamente” – Insiste sulla mediazione della comunità internazionale anche il Rappresentante speciale dell’Onu in Libia, Bernardino Leon, che nel corso di un’intervista a Radio Anch’io spiega che la crisi in Libia è ancora “gestibile”, ma bisogna “rapidamente o nei prossimi mesi la situazione non sarà più controllabile”. Secondo Leon, la situazione attuale “non è paragonabile” a quella in Siria e Iraq, anche se di recente nel paese nordafricano c’è stata un’avanzata dell’Is in alcune città come Sirte e Bengasi. “Ma non credo – ha spiegato – che l’Is oggi sia una minaccia dal punto di vista quantitativo”.
A proposito della sua iniziativa che prevede il dialogo nazionale tra le varie forze, il rappresentante dell’Onu ha affermato che “o le fazioni trovano un accordo rapidamente o sarà molto difficile farlo in seguito. Credo – ha aggiunto – che i gruppi libici devono essere consapevoli dell’enorme minaccia del’Is”. Leon lunedì sera ha incontrato l’alto rappresentante europeo, Federica Mogherini ed entrambi hanno concordato sulla “necessità di intensificare il lavoro diplomatico per unire tutte le diverse parti libiche nello sforzo comune di combattere la minaccia dell’Isis”. Mogherini e Leon “in queste ore intensificheranno i contatti per garantire un appropriato supporto regionale e internazionale” all’iniziativa Onu.
Frena però sull’espansione del Califfato l’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino Grimaldi, secondo cui “dire che Sirte e Tripoli sono in mano allo Stato islamico (Is) è assolutamente sbagliato”. La situazione, prosegue il diplomatico, “è certamente grave ma non dobbiamo drammatizzarla”. In più “si può superare se da parte libica ci sarà un’intesa verso un post-rivoluzione e vi sarà la consapevolezza di isolare il terrorismo, con l’aiuto della comunità internazionale”.
Mondo
Libia, Occidente unito: “Soluzione sia politica”. Esercito Misurata entra a Sirte
Nota congiunta di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti: la comunità internazionale "è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale". Le truppe islamiste legate al governo di Tripoli entrano nella città occupata dagli jihadisti. Mercoledì si riunisce il Consiglio di Sicurezza dell'Onu
L’offensiva lanciata nella città di Sirte pare sortire gli effetti sperati. Le truppe islamiste delle brigate di Misurata, legate al Congresso Nazionale Libico (il governo non riconosciuto dalla comunità internazionale con sede a Tripoli), sono entrate nella città del golfo, riuscendo a riprendere gli edifici (emittenti radio e tv, uffici pubblici e ospedali) occupati nei giorni scorsi dai miliziani dello Stato Islamico.
Dall’Occidente, intanto, arriva un appello ad una soluzione politica della crisi: “I governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti condannano fermamente tutti gli atti di terrorismo in Libia. L’efferata uccisione di 21 cittadini egiziani, da parte di terroristi affiliati all’Isis, sottolinea ancora una volta l’impellente necessità di una soluzione politica del conflitto”, si legge in una dichiarazione congiunta. Il processo di dialogo sponsorizzato dalle Nazioni Unite per la formazione di un governo di unità nazionale, “costituisce la speranza migliore per i libici”. La comunità internazionale “è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale per affrontare le sfide attuali della Libia”. “Quattro anni dopo la rivoluzione non sarà consentito a chi tenta di impedire il processo politico e la transizione democratica della Libia di condannare il Paese al caos e all’estremismo – recita ancora la nota congiunta – costoro saranno ritenuti responsabili dal popolo libico e dalla comunità internazionale per le loro azioni”.
In giornata l’aviazione egiziana ha bombardato le postazioni dell’Isis a Derna, nel nord della Libia. Nella città si sono abbattuti altri sette raid delle forze del Cairo, che hanno provocato “decine di morti”. Tra gli obiettivi colpiti ci sono anche il “Tribunale della Sharia” istituito dai jihadisti e i quartieri di Sayeda Khadija e Shisha. Attacchi che il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukry definisce “parte del diritto all’autodifesa per proteggere i nostri figli”. Una reazione “forte e accurata” che si è resa “necessaria” dopo la decapitazione dei 21 egiziani copti sulla sponda africana del Mediterraneo.
E per il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi la via da percorrere è una sola: una risoluzione dell’Onu deve autorizzare l’intervento di una coalizione internazionale in Libia. “Non ci sono altre scelte, tenendo in considerazione l’accordo del popolo libico e del governo, e che ci hanno chiesto di agire”, ha detto il presidente egiziano alla radio francese Europe. L’Italia, in un vertice a Palazzo Chigi sulla Libia con Matteo Renzi insieme ai ministri Gentiloni, Alfano e Pinotti, insieme al sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti, ribadisce l’impegno italiano per per una forte azione diplomatica in ambito Onu.
Mercoledì si riunisce il Consiglio di Sicurezza Onu – Domattina il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà per una seduta pubblica dedicata alla questione libica, nel corso della quale Shukri riferirà sulla situazione. Skukri è arrivato a New York già lunedì, per una serie di incontri con diversi membri del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in vista della riunione, riferiscono fonti al Palazzo di Vetro. E’ ancora presto per aspettarsi una risoluzione che dia mandato a una coalizione internazionale contro l’Isis, anche perché manca la precondizione: “Una richiesta delle autorità libiche che richieda l’intervento internazionale”, ha spiegato un ambasciatore arabo al Palazzo di Vetro.
Hamas: “Ingerenza dell’Italia sarebbe una nuova crociata”
Ma Hamas si scaglia contro qualsiasi ipotesi di ingerenza a Tripoli “da parte di alcuni Paesi come l’Italia” che adducono “il pretesto di combattere il terrorismo”. Per Salah Bardawil, dirigente del movimento fondamentalista citato dall’agenzia Palinfo, un intervento militare sarebbe considerato “una nuova Crociata contro Paesi arabi e musulmani”. Il funzionario ha sottolineato che il suo movimento ha già espresso il suo rifiuto di un intervento straniero in Iraq, e che adesso rinnova il suo appello alla comunità internazionale di non permettere simili mosse contro qualsiasi altro Paese arabo. Commentando l’uccisione di 21 egiziani cristiani in Libia, il movimento di Hamas ha deplorato l’accaduto e ha espresso il rifiuto dell’omicidio e dell’attacco di persone a causa delle loro affiliazioni politiche, religiose e intellettuali, come accaduto di recente in molti Paesi.
I sunniti di al-Azhar sostengono l’attacco alle basi Isis – La linea sunnita, però, non è compatta. A dimostrarlo è la posizione di segno opposto che arriva dalla prestigiosa istituzione islamica di al-Azhar con sede al Cairo, convinta che l’operazione militare egiziana contro le basi dello Stato islamico (Is) in Libia sia “un jihad sulla via di Dio e della patria“. Al-Azhar in una nota dichiara il proprio sostegno alla “mobilitazione veloce e forte dell’esercito del grande Egitto contro gli obiettivi vitali dell’organizzazione terroristica dello Stato islamico in Libia”, come risposta all’esecuzione dei 21 cittadini egiziani.
“La mobilitazione delle nostre forze armate a difesa della patria è da considerarsi un jihad“, precisa la nota, sottolineando che i crimini dell’Is “devono essere ostacolati con tutta la forza e la determinazione”. Per al-Azhar, questa organizzazione terroristica non deve essere definita “islamica”, poiché “attua un’agenda colonizzatrice che mira a disgregare la nazione araba e islamica” e a “fabbricare un’immagine errata, distorta e inquietante dell’Islam e dei musulmani” che invece “condannano tutte queste pratiche barbare e criminali“.
L’ambasciatore egiziano a Roma: “Serve l’intervento di una coalizione internazionale” – L’ambasciatore egiziano a Roma Amr Helmy in un’intervista al Corriere della Sera precisa che la questione della crisi libica sarà portata davanti all’Onu” perché la situazione “non riguarda solo l’Egitto: il Consiglio di sicurezza deve assumersi le sue responsabilità. L’Isis – precisa – è a poche centinaia di chilometri da Roma, questa situazione deve essere presa più seriamente. Non basta attaccare in Siria e in Iraq – ha aggiunto – l’Isis in Libia è una minaccia imminente”. Secondo l’ambasciatore “si può creare una coalizione internazionale, una forza di intervento. Ci sono bombardamenti contro l’Isis in Siria e in Iraq, si può intervenire in Libia. Il paese è un totale fallimento”.
Helmy ritiene però che l’Egitto non invierà “mai truppe di terra e di occupazione, mentre potrebbero esserci delle operazioni aeree limitate contro target ben definiti. Ma i bombardamenti non bastano. Potrebbero essere necessari una forza di peacekeeping, rifugi sicuri per le minoranze, un corridoio umanitario per i civili che lasciano il Paese”. In sostanza, “va considerata una combinazione di missioni. E se vogliamo essere sinceri, bisogna porre fine al sostegno militare ma anche finanziario per questi gruppi, e sappiamo tutti chi li sta appoggiando con la logistica e i soldi”.
Leon (Onu): “Fazioni trovino accordo rapidamente” – Insiste sulla mediazione della comunità internazionale anche il Rappresentante speciale dell’Onu in Libia, Bernardino Leon, che nel corso di un’intervista a Radio Anch’io spiega che la crisi in Libia è ancora “gestibile”, ma bisogna “rapidamente o nei prossimi mesi la situazione non sarà più controllabile”. Secondo Leon, la situazione attuale “non è paragonabile” a quella in Siria e Iraq, anche se di recente nel paese nordafricano c’è stata un’avanzata dell’Is in alcune città come Sirte e Bengasi. “Ma non credo – ha spiegato – che l’Is oggi sia una minaccia dal punto di vista quantitativo”.
A proposito della sua iniziativa che prevede il dialogo nazionale tra le varie forze, il rappresentante dell’Onu ha affermato che “o le fazioni trovano un accordo rapidamente o sarà molto difficile farlo in seguito. Credo – ha aggiunto – che i gruppi libici devono essere consapevoli dell’enorme minaccia del’Is”. Leon lunedì sera ha incontrato l’alto rappresentante europeo, Federica Mogherini ed entrambi hanno concordato sulla “necessità di intensificare il lavoro diplomatico per unire tutte le diverse parti libiche nello sforzo comune di combattere la minaccia dell’Isis”. Mogherini e Leon “in queste ore intensificheranno i contatti per garantire un appropriato supporto regionale e internazionale” all’iniziativa Onu.
Frena però sull’espansione del Califfato l’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino Grimaldi, secondo cui “dire che Sirte e Tripoli sono in mano allo Stato islamico (Is) è assolutamente sbagliato”. La situazione, prosegue il diplomatico, “è certamente grave ma non dobbiamo drammatizzarla”. In più “si può superare se da parte libica ci sarà un’intesa verso un post-rivoluzione e vi sarà la consapevolezza di isolare il terrorismo, con l’aiuto della comunità internazionale”.
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".