“Sulla vicenda della ‘ndrangheta, il Pd, il mio partito, tutti noi, abbiamo peccato di superficialità “. Il sindaco di Piacenza Paolo Dosi, a poche settimane dall’inchiesta della Dda di Bologna che ha portato all’arresto di 117 persone per ‘ndrangheta, attacca la classe dirigente dell’Emilia Romagna. Il renziano Dosi in un’intervista a Klaus Davi andata in onda su “KlausCondicio” ha precisato di aver fatto riferimento nelle sue riflessioni all’ambito regionale emiliano-romagnolo e non alla città di Piacenza. Ha poi spiegato che “non sono stati intercettati per tempo i fenomeni che erano stati denunciati, perché abbiamo ritenuto che la virtuosità del sistema emiliano presentasse gli anticorpi per contrastare le degenerazioni”.

Il sindaco ha parlato di una parziale sconfitta che deve servire a reagire: “Io parlo delle cose che conosco, parlo di Piacenza ,che è stata toccata solo marginalmente come territorio provinciale. Qui ci sorprendiamo per le cose che sono accadute, ma assicuro che abbiamo fatto e faremo tutto il possibile per combattere il fenomeno”.
Sarebbe necessario un mea culpa del Pd?. “Sì. Sarebbe salutare – ha risposto Dosi – anche se l’autocritica non va personalizzata. Il mea culpa deve tenere conto di un atteggiamento non doloso, ma anche colposo. In un ambiente come il nostro, dal tessuto radicato, non è facile riconoscere azioni che abbiano un contenuto criminoso”.

Parlando della situazione che c’è tra l’area padana, l’Emilia-Romagna, il sindaco spiega: “C’è stata una colpa nel non riconoscere per tempo il retro-pensiero dietro a determinate azioni che coinvolgono il mondo del lavoro che, si sa, in Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia ha avuto uno sviluppo avanzato e, quindi, occasioni per poter intercettare, attraverso bandi di lavoro, appalti e denaro da parte di persone con intenzioni criminose. Anche alcuni politici si sono prestati a sostenere questo gioco”, ha concluso Dosi.

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