"Piena di niente" (BeccoGiallo) dal 19 febbraio in libreria. Racconta le storie di quattro donne molto diverse tra loro, ma accomunate da un'esperienza di solitudine e il senso di colpa
Elisa, Monica, Giulia e Loveth: quattro donne, un poker di storie vere sull’aborto e sull’obiezione di coscienza. Sullo sfondo, l’Italia di oggi. “Piena di niente”, graphic novel pubblicata da BeccoGiallo, sceneggiata da Alessia Di Giovanni – collaboratrice de ilfattoquotidiano.it – e illustrata da Darkam (Eugenia Monti), “è un racconto a tratti molto crudo e molto fisico sul tema dell’aborto”, spiega Di Giovanni. Il libro vuole affrontare il delicato tema dell’interruzione di gravidanza “analizzando le difficoltà e i pregiudizi che le donne incontrano quando decidono di praticarlo, in un Paese dove l’80 per cento dei medici è obiettore di coscienza e dove, secondo i dati Istat, le Ivg sono salite a 40/50 mila l’anno e gli aborti ‘spontanei’ a 80mila. C’è da far presente, inoltre, come la legge 194 sia sotto minaccia costante e come molto spesso si rimanga legati alla concezione della maternità obbligatoria, all’idea che si debba esser madri per forza. Il testo si vuole inserire in questa discussione, senza ipocrisie. Anche per questo il linguaggio è molto duro”.
Al centro quattro gravidanze non desiderate: Elisa è una liceale dai liberi costumi sessuali, Giulia un’infermiera sposata e madre di altri due bambini, Monica una donna bisognosa di affetto e pronta a tutto per conquistarlo, anche farsi mettere incinta e Loveth una donna nigeriana costretta a prostituirsi che non riesce a sfuggire al controllo dei suoi protettori. Tutte si ritrovano a confrontarsi con l’aborto. Le storie sono vere, frutto di alcuni studi: “Sono racconti un po’ borderline. Prima di scrivere ho fatto lunghe ricerche – racconta Di Giovanni – ho frequentato un reparto di Ivg e un’unità di strada di un’ associazione che si occupa di tratta. In ognuna però ho condensato anche episodi, sempre veri che però non sono accaduti alle singole protagoniste, come per esempio il corso di aggiornamento per infermieri obiettori organizzato a Torino”.
Filo comune che lega queste donne è anche la solitudine e il senso di colpa di fronte al giudizio della società: “A volte c’è una mancanza di rispetto delle scelte altrui, anche tra donne. La scelta di non avere figli, di essere sole, di lavorare piuttosto che avere una famiglia, sono tutte ugualmente valide, non c’è bisogno di farsi la guerra una contro l’altra. In alcune storie, come quella di Giulia, ho voluto anche sottolineare la mancanza di uno Stato laico”.
La fisicità dell’opera è accentuata dalla forma della graphic novel che “riesce a portare i lettori ad avere lo stesso immaginario e questo può anche aiutare un pubblico maschile a vedere ciò che non conosce, come una visita pre Ivg (interruzione volontaria di gravidanza, ndr). Le immagini diventano quindi fondamentali”, continua la sceneggiatrice.
“Le storie di queste quattro donne hanno tinte decisamente forti, ma anche una grande quantità di sfumature, legate al substrato emotivo delle loro esperienze – conferma Darkam -. Quello dell’aborto è un tema così delicato, complicato e scomodo che quasi non se ne parla. Entrare dentro i loro mondi e dare loro un corpo, seppur di carta, è stata un’esperienza molto forte”, confessa l’illustratrice.
Le donne sono disegnate in maniera particolare: “Tutte e 4 le protagoniste, seppur in maniera molto diversa, sembrano abitare il proprio corpo come inquiline, come se non gli appartenesse del tutto o come se non ne fossero le uniche proprietarie. Per questo le ho rappresentate spesso come modellini anatomici, sezionabili, scomponibili e tremendamente infallibili nel funzionamento fisiologico. Costrette a ‘scoperchiarsi’, a guardare e a mostrare letteralmente le proprie interiora”, conclude l’artista facendo particolare riferimento alla copertina del libro che mostra l’immagine di una marionetta dal ventre svuotato.
Le storie sono anche lo spunto per riflettere su altri temi, come quello dell’educazione sessuale nelle scuole. “Pur essendo fondamentale, è praticamente inesistente – attacca Di Giovanni –. I giovani hanno tutti gli strumenti, sanno cosa devono fare, hanno potere ma non lo sanno usare. Con l’educazione sessuale saprebbero dove possono arrivare. Così però i ragazzi sono lasciati a loro stessi e lo pagano sulla loro pelle”, conclude.
Il testo, in uscita il 19 febbraio, è il secondo episodio di quello che la sceneggiatrice definisce “la trilogia della violenza” e che è partito con la graphic novel su Carmela Cirella.