Undici milioni di euro per duemila braccialetti ogni anno: cinquemila e cinquecento euro l’uno. Non sono gioielli, non hanno diamanti e preziosi, ma sono delle semplici cavigliere che servono a controllare i detenuti agli arresti domiciliari. Solo che adesso sono finiti. E il risultato è che i detenuti beneficiari dei domiciliari non potranno tornare a scontare la custodia cautelare a casa ma rimarranno in carcere. L’ultimo caso è quello di Pino Faraone, il consigliere comunale palermitano del Megafono, la lista del governatore della Sicilia Rosario Crocetta.
Faraone era stato arrestato nel blitz antimafia della procura di Palermo il 9 febbraio scorso: è accusato di tentata estorsione. Quattro giorni dopo il Tribunale del Riesame accoglie la richiesta dei legali di Faraone e gli concede gli arresti domiciliari. Solo che i giudici hanno dato al consigliere comunale la possibilità di scontare la custodia cautelare a casa sua, vincolandola con l’applicazione del braccialetto elettronico. Che però, come racconta il quotidiano livesicilia.it, sono esauriti: e in attesa che se ne liberi uno, Faraone è rimasto recluso nel carcere Pagliarelli di Palermo.
Solo l’ultimo imbarazzante episodio di una vicenda tragicomica. La storia dei braccialetti elettronici comincia nel 2001 con un primo accordo tra il Ministero dell’Interno e la Telecom. All’inizio l’utilizzo delle cavigliere elettroniche era previsto solo nelle province di Milano, Torino, Roma, Napoli e Catania. Poi nel 2003 Telecom sottoscrive un altro accordo, che prevede la fornitura di 400 braccialetti in tutta Italia. Il costo è di dieci milioni l’anno fino al 2011: il totale ammonterà alla fine a ottantuno milioni tondi.
Peccato che nel frattempo i braccialetti usati siano soltanto quattordici. Cinque milioni per ogni cavigliera: una spesa bacchettata aspramente anche dalla Corte dei Conti. Ecco dunque che nel 2013 parte il nuovo appalto: se lo aggiudica sempre la Telecom che questa volta fornisce duemila braccialetti di controllo. A questo punto sembra che la moda delle cavigliere elettroniche esploda nei vari Tribunali del Riesame. Tanto che già il 19 giugno 2014 il capo della Polizia Alessandro Pansa avverte in una circolare che sono attivi “1.600 dispositivi, con una previsione di saturazione del plafond di 2.000 unità entro giugno”.
Il bello è che il contratto attuale non prevede la possibilità dell’aumento del numero di cavigliere elettroniche da parte di Telecom. Occorrerebbe dunque rifare nuovamente l’appalto milionario. Ipotesi che è già sul tavolo del Ministro dell’Interno Angelino Alfano. Dal Viminale, nell’estate del 2014, facevano sapere di aver “avviato le iniziative volte alla definizione di un Capitolato tecnico da porre a base di una gara per il nuovo servizio di braccialetto elettronico, ma i tempi necessari allo svolgimento della procedura non consentiranno l’attivazione del servizio prima di marzo-aprile del prossimo anno”.
Tradotto significa che fino alla primavera del 2015 le forze di polizia dovranno farsi bastare i duemila braccialetti elettronici che hanno in dotazione, mentre il numero dei detenuti continua a crescere sfiorando quota 65mila. E chi avrà la fortuna di vedersi riconoscere gli arresti domiciliari, dovrà sperare anche di trovare un braccialetto elettronico libero.
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