Da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi, passando per Mario Monti e Enrico Letta. Quattro esecutivi in due legislature segnate dalla recessione, dal crollo dei consumi e dall’impennata della disoccupazione. E’ lo scenario con cui, tra mille difficoltà, ha dovuto fare i conti “Il governo al tempo della crisi”, titolo e fotografia dell’ultimo minidossier messo a punto dall’associazione Openpolis, che ha passato in rassegna agenda, numeri e composizione delle squadre degli ultimi quattro presidenti del Consiglio. Ricavandone molti elementi curiosi.
LARGO AI GIOVANI Il primo banco di prova è stato, per tutti, la formazione dei rispettivi governi. «La cui composizione è stata utilizzata in tutti e quattro i casi analizzati per dare un messaggio chiaro di discontinuità con il passato», si legge nel rapporto. Il primo dato che salta agli occhi è quello della consistenza numerica. Dai 68 componenti (25 ministri, 5 vice ministri e 38 sottosegretari) dell’ultimo governo Berlusconi, si è scesi ai 48 (19, 2, 27) dell’esecutivo Monti, per poi salire di nuovo a 63 (22,9, 32) con Letta e assestarsi a 61 (16, 9, 36) con la squadra allestita da Renzi. In totale 240 tra ministri, vice e sottosegretari si sono dati il cambio ai vertici dei palazzi del governo. Quanto alle differenze di genere, solo Renzi, al momento del suo insediamento, ha suddiviso equamente le 16 poltrone ministeriali della sua squadra: 8 uomini e 8 donne. Azzerando però la presenza rosa tra i viceministri (9, tutti uomini) e abbassandola al 25% tra i sottosegretari (27 uomini e 9 donne). Certamente meglio dei suoi predecessori. Da Berlusconi (19 ministri, 5 vice e 32 sottosegretari uomini; 6 ministri, zero vice e 2 sottosegretari donne), a Monti (16 ministri, 2 vice e 24 sottosegretari uomini; 3 ministri, zero vice e 3 sottosegretari donne) passando per Letta (15 ministri, 8 vice e 24 sottosegretari uomini; 7 ministri 1 vice e 8 sottosegretari donne). In totale, nei quattro governi, si sono avvicendati 82 ministri (58 uomini e 24 donne), 25 vice ministri (24 uomini e 1 donna) e 133 sottosegretari (111 uomini e 22 donne). Anche sul fronte delle deleghe, l’esecutivo Renzi si conferma il più rosa. Con 5 ministeri con portafoglio affidati a ministri donna: Esteri (Federica Mogherini, poi nominata eurocommissario e sostituita da Paolo Gentiloni), Difesa (Roberta Pinotti), Istruzione (Stefania Giannini), Salute (Beatrice Lorenzin) e Sviluppo economico (Federica Guidi). E 3 ministeri senza portafoglio: Riforme (Maria Elena Boschi), Pubblica amministrazione (Marianna Madia) e Affari Regionali (Maria Carmela Lanzetta, dimessa). Altro record stabilito da Renzi è quello del governo più giovane. Con un’età media di 48 anni la sua squadra precede quelle di Berlusconi (52 anni) e di Letta (53). Tutti e tre gli esecutivi si collocano comunque al di sotto della media dei governi italiani (56 anni). Ad eccezione dell’esecutivo Monti, che con i suoi 64 anni di media la oltrepassa largamente. Quanto ai ministri under 40, Renzi eguaglia Berlusconi (3-3), battendo Letta (solo 1) e Monti (zero).
QUESTIONE DI FIDUCIA Sul fronte delle maggioranze parlamentari che hanno sostenuto e sostengono i governi delle ultime due legislature «è iniziata una riconfigurazione delle forze politiche e dei partiti protagonisti della II Repubblica che è tutt’ora in corso», spiega il dossier di Openpolis. Una «instabilità», insomma, che ha avuto «ripercussioni sulla vita del governo». Da un lato «causando la caduta del Berlusconi IV» dall’altro impedendo a tutte le forze in campo «di avere una propria maggioranza parlamentare». Risultato: «E’ iniziata la stagione delle larghe intese». L’alleanza tra Pdl e Lega è stata, del resto, l’ultima maggioranza omogenea a sorreggere un esecutivo (Berlusconi IV). Il quadro è cambiato radicalmente a partire dal governo Monti (sostenuto da Pdl, Pd, Udc e Fli). Una sorta di Grosse Koalition ripetutasi con Letta (Pd, Scelta civica, Udc e Pdl) e Renzi (Pd, Scelta civica e Nuovo centrodestra). Sul fronte della fiducia, quello del professore è stato il governo votato, al momento dell’insediamento, dal più ampio numero di parlamentari: 556 deputati e 281 senatori. Seguito da Letta (453 e 233), Renzi (378 e 169) e Berlusconi (335 e 173). Con la piccola notazione che il Cavaliere ottenne 4 voti in più dell’attuale premier al Senato. Quanto agli incarichi di governo e sottogoverno, con tre presenze in quattro esecutivi, guidano la classifica Angelino Alfano (Ncd) alla Giustizia con Berlusconi, poi vice premier e agli Interni con Letta e infine ancora al Viminale con Renzi; Luigi Casero (Ncd) sottosegretario all’Economia con Berlusconi e Letta e vice ministro, sempre all’Economia, con Renzi; Claudio De Vincenti (Pd) sottosegretario allo Sviluppo economico con Monti, Letta e Renzi. Se quello guidato da Monti è stato il governo più tecnico (con 13 ministeri affidati ad esperti non politici), l’esecutivo Berlusconi si pone sull’altro estremo del confronto: un solo tecnico (Fazio alla Salute). In mezzo, alla pari con tre tecnici a testa, Letta (Saccomanni all’Economia, Cancellieri alla Giustizia e Giovannini al Lavoro) e Renzi (Padoan all’Economia, Guidi allo Sviluppo economico e Poletti alle Politiche sociali).
GOVERNO VERSUS PARLAMENTO Le larghe intese, giustificate dalla congiuntura emergenziale che ha segnato le ultime due legislature, hanno consegnato progressivamente al governo una centralità sempre più ampia e marcata. Di fatto si è assistito alla «ridefinizione dei rapporti fra istituzioni, forzando non poco l’equilibrio sancito dalla Costituzione». Una circostanza, sottolinea il dossier di Openpolis, che si documenta principalmente sul piano della produzione legislativa. Con «l’80% delle leggi di iniziativa governativa e solo il 20% di iniziativa parlamentare» nel periodo preso in esame. Non solo: se «oltre il 30% di tutte le proposte del governo diventa legge» quelle del Parlamento «non raggiungono neppure un misero 1%». In particolare, il 33,74% delle proposte presentate dall’ultimo governo Berlusconi è diventato legge, il 33,62% con Monti, il 32,32% con Letta e il 23,31% con Renzi. Se poi l’iniziativa è dell’esecutivo, ci vogliono mediamente 112 giorni perché il provvedimento veda la luce. Mentre se la proposta arriva dalle Camere la media del procedimento sale a 337 giorni, praticamente il triplo. Un risultato che il governo è riuscito ad ottenere ricorrendo «sempre maggiormente» allo strumento del voto di fiducia, diventato di fatto un «metodo consolidato per compattare la maggioranza e restringere il dibattito d’Aula». Il rapporto fra leggi approvate e fiducie richieste «ha raggiunto nuove vette con gli esecutivi Monti e Renzi, entrambi intorno al 45%». In valori assoluti, la fiducia è stata chiesta 45 volte (con un’incidenza del 16,42%) con il governo Berlusconi, 51 (45,13%) con Monti, 10 (27,78%) con Letta e, finora, 30 (44,78%) con Renzi premier. Poi c’è la questione degli atti di controllo parlamentare (interrogazioni e interpellanze) sull’attività del governo. Ma solo il 35,12% dei quesiti proposti da deputati e senatori (22.477 su 64.005), se si considerano gli ultimi quattro esecutivi, ha trovato risposta. Una percentuale che crolla addirittura al 24,72% con il governo Renzi (39,33% con Berlusconi, 29,33% con Monti e 40,37% con Letta). Resta una domanda. «Di che si occupa il Parlamento?», si chiede Openpolis nel suo dossier. La conclusione fotografa un’agenda parlamentare «fortemente influenzata» da quella del governo. «Esecutivo dopo esecutivo le priorità imposte dal premier hanno notevolmente marcato il calendario dei lavori di Camera e Senato».
Governo
Governo Renzi, il più giovane e rosa, ma anche il meno rispettoso del Parlamento
Età media 48 anni e forte presenza femminile. L’esecutivo in carica si aggiudica il confronto con i predecessori Letta, Monti, Berlusconi. Ma ha un pessimo rapporto con le Camere. Troppi voti di fiducia e poche risposte alle interrogazioni
Da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi, passando per Mario Monti e Enrico Letta. Quattro esecutivi in due legislature segnate dalla recessione, dal crollo dei consumi e dall’impennata della disoccupazione. E’ lo scenario con cui, tra mille difficoltà, ha dovuto fare i conti “Il governo al tempo della crisi”, titolo e fotografia dell’ultimo minidossier messo a punto dall’associazione Openpolis, che ha passato in rassegna agenda, numeri e composizione delle squadre degli ultimi quattro presidenti del Consiglio. Ricavandone molti elementi curiosi.
LARGO AI GIOVANI Il primo banco di prova è stato, per tutti, la formazione dei rispettivi governi. «La cui composizione è stata utilizzata in tutti e quattro i casi analizzati per dare un messaggio chiaro di discontinuità con il passato», si legge nel rapporto. Il primo dato che salta agli occhi è quello della consistenza numerica. Dai 68 componenti (25 ministri, 5 vice ministri e 38 sottosegretari) dell’ultimo governo Berlusconi, si è scesi ai 48 (19, 2, 27) dell’esecutivo Monti, per poi salire di nuovo a 63 (22,9, 32) con Letta e assestarsi a 61 (16, 9, 36) con la squadra allestita da Renzi. In totale 240 tra ministri, vice e sottosegretari si sono dati il cambio ai vertici dei palazzi del governo. Quanto alle differenze di genere, solo Renzi, al momento del suo insediamento, ha suddiviso equamente le 16 poltrone ministeriali della sua squadra: 8 uomini e 8 donne. Azzerando però la presenza rosa tra i viceministri (9, tutti uomini) e abbassandola al 25% tra i sottosegretari (27 uomini e 9 donne). Certamente meglio dei suoi predecessori. Da Berlusconi (19 ministri, 5 vice e 32 sottosegretari uomini; 6 ministri, zero vice e 2 sottosegretari donne), a Monti (16 ministri, 2 vice e 24 sottosegretari uomini; 3 ministri, zero vice e 3 sottosegretari donne) passando per Letta (15 ministri, 8 vice e 24 sottosegretari uomini; 7 ministri 1 vice e 8 sottosegretari donne). In totale, nei quattro governi, si sono avvicendati 82 ministri (58 uomini e 24 donne), 25 vice ministri (24 uomini e 1 donna) e 133 sottosegretari (111 uomini e 22 donne). Anche sul fronte delle deleghe, l’esecutivo Renzi si conferma il più rosa. Con 5 ministeri con portafoglio affidati a ministri donna: Esteri (Federica Mogherini, poi nominata eurocommissario e sostituita da Paolo Gentiloni), Difesa (Roberta Pinotti), Istruzione (Stefania Giannini), Salute (Beatrice Lorenzin) e Sviluppo economico (Federica Guidi). E 3 ministeri senza portafoglio: Riforme (Maria Elena Boschi), Pubblica amministrazione (Marianna Madia) e Affari Regionali (Maria Carmela Lanzetta, dimessa). Altro record stabilito da Renzi è quello del governo più giovane. Con un’età media di 48 anni la sua squadra precede quelle di Berlusconi (52 anni) e di Letta (53). Tutti e tre gli esecutivi si collocano comunque al di sotto della media dei governi italiani (56 anni). Ad eccezione dell’esecutivo Monti, che con i suoi 64 anni di media la oltrepassa largamente. Quanto ai ministri under 40, Renzi eguaglia Berlusconi (3-3), battendo Letta (solo 1) e Monti (zero).
QUESTIONE DI FIDUCIA Sul fronte delle maggioranze parlamentari che hanno sostenuto e sostengono i governi delle ultime due legislature «è iniziata una riconfigurazione delle forze politiche e dei partiti protagonisti della II Repubblica che è tutt’ora in corso», spiega il dossier di Openpolis. Una «instabilità», insomma, che ha avuto «ripercussioni sulla vita del governo». Da un lato «causando la caduta del Berlusconi IV» dall’altro impedendo a tutte le forze in campo «di avere una propria maggioranza parlamentare». Risultato: «E’ iniziata la stagione delle larghe intese». L’alleanza tra Pdl e Lega è stata, del resto, l’ultima maggioranza omogenea a sorreggere un esecutivo (Berlusconi IV). Il quadro è cambiato radicalmente a partire dal governo Monti (sostenuto da Pdl, Pd, Udc e Fli). Una sorta di Grosse Koalition ripetutasi con Letta (Pd, Scelta civica, Udc e Pdl) e Renzi (Pd, Scelta civica e Nuovo centrodestra). Sul fronte della fiducia, quello del professore è stato il governo votato, al momento dell’insediamento, dal più ampio numero di parlamentari: 556 deputati e 281 senatori. Seguito da Letta (453 e 233), Renzi (378 e 169) e Berlusconi (335 e 173). Con la piccola notazione che il Cavaliere ottenne 4 voti in più dell’attuale premier al Senato. Quanto agli incarichi di governo e sottogoverno, con tre presenze in quattro esecutivi, guidano la classifica Angelino Alfano (Ncd) alla Giustizia con Berlusconi, poi vice premier e agli Interni con Letta e infine ancora al Viminale con Renzi; Luigi Casero (Ncd) sottosegretario all’Economia con Berlusconi e Letta e vice ministro, sempre all’Economia, con Renzi; Claudio De Vincenti (Pd) sottosegretario allo Sviluppo economico con Monti, Letta e Renzi. Se quello guidato da Monti è stato il governo più tecnico (con 13 ministeri affidati ad esperti non politici), l’esecutivo Berlusconi si pone sull’altro estremo del confronto: un solo tecnico (Fazio alla Salute). In mezzo, alla pari con tre tecnici a testa, Letta (Saccomanni all’Economia, Cancellieri alla Giustizia e Giovannini al Lavoro) e Renzi (Padoan all’Economia, Guidi allo Sviluppo economico e Poletti alle Politiche sociali).
GOVERNO VERSUS PARLAMENTO Le larghe intese, giustificate dalla congiuntura emergenziale che ha segnato le ultime due legislature, hanno consegnato progressivamente al governo una centralità sempre più ampia e marcata. Di fatto si è assistito alla «ridefinizione dei rapporti fra istituzioni, forzando non poco l’equilibrio sancito dalla Costituzione». Una circostanza, sottolinea il dossier di Openpolis, che si documenta principalmente sul piano della produzione legislativa. Con «l’80% delle leggi di iniziativa governativa e solo il 20% di iniziativa parlamentare» nel periodo preso in esame. Non solo: se «oltre il 30% di tutte le proposte del governo diventa legge» quelle del Parlamento «non raggiungono neppure un misero 1%». In particolare, il 33,74% delle proposte presentate dall’ultimo governo Berlusconi è diventato legge, il 33,62% con Monti, il 32,32% con Letta e il 23,31% con Renzi. Se poi l’iniziativa è dell’esecutivo, ci vogliono mediamente 112 giorni perché il provvedimento veda la luce. Mentre se la proposta arriva dalle Camere la media del procedimento sale a 337 giorni, praticamente il triplo. Un risultato che il governo è riuscito ad ottenere ricorrendo «sempre maggiormente» allo strumento del voto di fiducia, diventato di fatto un «metodo consolidato per compattare la maggioranza e restringere il dibattito d’Aula». Il rapporto fra leggi approvate e fiducie richieste «ha raggiunto nuove vette con gli esecutivi Monti e Renzi, entrambi intorno al 45%». In valori assoluti, la fiducia è stata chiesta 45 volte (con un’incidenza del 16,42%) con il governo Berlusconi, 51 (45,13%) con Monti, 10 (27,78%) con Letta e, finora, 30 (44,78%) con Renzi premier. Poi c’è la questione degli atti di controllo parlamentare (interrogazioni e interpellanze) sull’attività del governo. Ma solo il 35,12% dei quesiti proposti da deputati e senatori (22.477 su 64.005), se si considerano gli ultimi quattro esecutivi, ha trovato risposta. Una percentuale che crolla addirittura al 24,72% con il governo Renzi (39,33% con Berlusconi, 29,33% con Monti e 40,37% con Letta). Resta una domanda. «Di che si occupa il Parlamento?», si chiede Openpolis nel suo dossier. La conclusione fotografa un’agenda parlamentare «fortemente influenzata» da quella del governo. «Esecutivo dopo esecutivo le priorità imposte dal premier hanno notevolmente marcato il calendario dei lavori di Camera e Senato».
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Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Il definanziamento del fondo per la povertà educativa, che pure in 10 anni ha dato sollievo e maggiori opportunità a mezzo milione di bambini e bambine in condizioni di fragilità. E poi, ancora niente per non autosufficienza e disabilità, così come si profilano nuove nuvole all'orizzonte a causa dei tagli agli enti locali e quindi anche al welfare". Lo dichiara in una nota Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria nazionale del Pd con delega al Terzo Settore e all'Associazionismo.
"Contravvenendo alle tante promesse, la manovra di bilancio appena approvata dal Parlamento - la terza dell'era Meloni - chiude una porta in faccia a tutto il comparto del Terzo Settore. Non va meglio poi per quanto riguarda la mancata rimozione del tetto per il 5 per mille agli Enti del Terzo Settore, soldi che non finiscono là dove gli stessi contribuenti indicano di volerli indirizzare".
"Speriamo almeno che la proroga dell'entrata in vigore del regime dell'Iva per il Terzo Settore serva a risolvere la cosa una volta per tutte. Come Partito Democratico ci impegneremo in questo senso a partire già dai primi giorni del 2025".
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Uno dei lati più cupi e tristi di una catastrofe umanitaria è che i morti fanno sempre meno notizia: a Gaza siamo oltre la tragedia, siamo oltre la più bieca e feroce disumanità. Gli ospedali i personale sanitario sono diventati il bersaglio delle truppe israeliane . E nelle tende degli sfollati, ogni giorno neonati muoiono morti di freddo : che he responsabilità avevano dei bambini ? Collaboravano con Hamas, sostenevano Hamas, erano complici di Hamas? Cos'è questo se non un crimine di guerra?". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs.
"Lo chiedo - prosegue il leader di SI - a chi contesta la decisione del Tribunale Internazionale dell'Aja, che ha spiccato un mandato d'arresto per Netanyahu per crimini di guerra. Lo chiedo a Matteo Salvini, che ha detto che quella decisione sarebbe disattesa dal nostro Paese se il criminale di guerra Netanyahu venisse in Italia. Lo chiedo a chiunque si metta a fare l'analisi semantica della parola genocidio. Cos'altro vi serve dopo migliaia e migliaia di bambini morti?".
"Non basta continuare a dire 'due popoli, due Stati' senza fare nient'altro. Perché lo Stato di Palestina non c’è, e a breve - conclude amaramente Fratoianni - potrebbe non esserci più nemmeno il popolo palestinese".
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "È degna di rilievo la notizia che i cattolici democratici si preparano ad assumere una forte iniziativa politica e culturale. Essa è destinata a smuovere le acque stagnanti dentro il Pd, partito ormai consegnato a una deriva populista. Non è indifferente, però, il modo in cui l’iniziativa di Delrio, Prodi, Castagnetti e Ruffini prenderà piede. Perché un conto è la sua costituzione come area culturale all’interno del Pd, altra cosa, ovviamente, sarebbe la nascita di una forza esterna a quel partito. In questo secondo caso, Azione, forza di chiara ispirazione liberale, laica e riformista, potrebbe essere aperta al confronto e al dialogo senza paletti o pregiudizi". Così Osvaldo Napoli di Azione.
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - La locandina dell'evento è pronta. L'appuntamento è per il 18 gennaio a Milano. Occasione: il battesimo di Comunità democratica. A promuoverlo alcuni esponenti cattolico democratici del Pd. L'organizzatore è Graziano Delrio e con lui ci sono Stefano Lepri, Patrizia Toia, Silvia Costa, Fabio Pizzul tra gli altri. Nutrito l'elenco dei partecipanti all'iniziativa. A partire dai 'padri nobili' Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti, presidente dell'associazione 'I Popolari', fino a Ernesto Maria Ruffini, l'ex-direttore dell'Agenzia delle Entrate da cui si è dimesso nelle scorse settimane, attorno a cui si sono condensate suggestioni come possibile 'federatore' di un'area moderata.
Quindi il mondo dell'associazionismo con il dem Paolo Ciani, esponente di Demos, il presidente delle Acli Emiliano Manfredonia ed ancora Francesco Russo, vicepresidente del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia e tra gli animatori della 'rete di Trieste', un nutrito gruppo di amministratori locali di ispirazione cattolica, nata appunto a Trieste a margine della Settimana Sociale dei Cattolici lo scorso luglio.
Ed ancora studiosi e professori come Elena Granata, vicepresidente della Scuola di Economia Civile. E poi tanti amministratori locali. Lombardi, innanzitutto, come l'ex-sindaco di Brescia e consigliere regionale, Emilio Del Bono. "Ci saranno diversi amministratori lombardi perché è da lì che cominciamo, poi faremo iniziative in altre regioni", spiega Lepri interpellato dall'Adnkronos.
"L'incontro del 18 gennaio -aggiunge Lepri- arriva dopo una sequenza di appuntamenti, come quello dello scorso anno de I Popolari, molto partecipato, all'Angelicum (c'erano anche Dario Franceschini e Lorenzo Guerini tra gli altri, ndr) e poi la Settimana Sociale dei Cattolici a Trieste. C'è l'esigenza di un impegno, di confrontarsi e di rappresentare anche l'attualità del pensiero dei cattolico democratici. Lo faremo con la presenza di autorevoli esponenti dell'università e ricerca e con tanti amministratori perchè facendo comunità, di qui il nome che ci siamo dati, che si cambia il mondo e lo si fa partendo dalle comunità locali. E lo faremo con alcuni 'padri nobili' nel segno della continuità politica".
Lepri, ma Comunità democratica sarà un'area del Pd o l'embrione di quel soggetto di centro di cui tanto si parla? "La nostra volontà è quella di confrontarci e rimettere insieme reti che abbiamo cominciato a ricomporre. Non è in discussione che il nostro impegno è nel Pd e per contare di più nel Pd, a partire dalle nostre proposte e dalla nostra capacità di organizzarci. Non c'è nessun ragionamento che va oltre". Ma ci sarà anche il 'federatore' Ruffini... "Lo abbiamo invitato e lui è molto contento di esserci".
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Con questo governo anche la matematica è un’opinione. Matteo Salvini ha infatti annunciato trionfalmente che 'nei primi 15 giorni di vigore del nuovo codice della strada, i morti sono diminuiti del 25%, passando dai 67 del 14-18 dicembre 2023 rispetto ai 50 dello stesso periodo di quest'anno'. Signor ministro, ma lei è del mestiere? Non vorrei sconvolgerla con questa notizia, ma il periodo 14-18 dicembre è composto da cinque giorni, non da quindici. E un confronto su un lasso di tempo così ridotto è in ogni caso ridicolo per trarre conclusioni e bilanci statistici. Il motivo è semplice: cinque giorni non sono in grado di indicare alcuna tendenza. Sono una fotografia parziale, casuale, distorta. Senza contesto”. Lo scrive sui suoi canali social il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
“Se davvero vuole impegnarsi per la sicurezza stradale, servono dati seri, analisi profonde, non proclami e statistiche creative. Servono - sottolinea Magi - infrastrutture decenti, educazione stradale, mobilità sostenibile, riduzione della velocità e non una caccia alle streghe nei confronti di chi consuma cannabis, di chi vuole istituire le zone 30 o investire nella mobilità sostenibile. Ci penseranno i tribunali a spazzare via queste norme. Ma le vite salvate, ministro Salvini, non sono numeri da lanciare a casaccio per farsi belli. La pianti con la sua propaganda e - conclude Magi - faccia un ripasso in matematica”.
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Il 18 e 19 gennaio ci ritroveremo a Orvieto con l’associazione Libertà Eguale sul tema generale Idee per una sinistra di Governo. Cosa dobbiamo, cosa vogliamo, cosa possiamo fare. Ci rivolgiamo, come sempre, all’intero centrosinistra per far maturare una moderna cultura liberale di Governo nell’orizzonte segnato dal conflitto tra democrazie e autocrazie”. Lo dichiara Stefano Ceccanti vice-presidente dell’Associazione.
Sono previsti, tra la relazione iniziale di Claudia Mancina, l’intervento di Michele Salvati e le conclusioni del Presidente Enrico Morando alcuni focus particolari, tra cui un’intervista di Giorgio Tonini a Paolo Gentiloni. “Il conflitto tra democrazie e autocrazie – prosegue Ceccanti- comporta di prendere sul serio il tema di un’efficace difesa europea, fuori da qualsiasi forma di appeasement e di forme astratte di pacifismo. E la difesa porta con sé il grande tema di De Gasperi e Spinelli di una maggiore integrazione politica perché difesa comune richiama autorità politica comune”.
Previsto anche un focus sullo stato delle istituzioni a partire dal libro sulla presidenza Napolitano “Presidente di tutti” di Giovanni Matteoli presieduto da Emilia Patta con l’autore, Stefano Ceccanti, Francesco Clementi, Carlo Fusaro. “E’ evidente a tutti che istituzioni non compiutamente e non coerentemente riformate non stanno ferme, immobili . dichiara Ceccanti – ma vedono peggiorare il proprio rendimento. Si può affrontare seriamente una gestione dell’autonomia dopo la sentenza della Corte senza un Senato delle Regioni? Si possono ridurre i decreti senza una data certa per i disegni di legge del governo? Si può intervenire sulla forma di governo senza chiarezza sul bicameralismo, sul voto estero, sull’avvicinamento tra singoli eletti ed elettori, sulle forme di ballottaggio? Le istituzioni non possono essere trattate come una qualsiasi materia che veda per forza lo scontro tra maggioranza e opposizione”. L’Assemblea Nazionale si svolgerà presso l’Aula Magna del Centro Studi città di Orvieto.
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - Gabriele Gravina è l'unico candidato alla presidenza della Figc per il prossimo quadriennio. I termini per la presentazione delle candidature sono scaduti il 25 dicembre. L'assemblea elettiva è in programma il prossimo 3 febbraio presso il Rome Cavalieri a Roma. All'ordine del giorno l'elezione dei Consiglieri federali delle componenti ai sensi dell’art. 26, comma 4 dello Statuto federale; l'elezione del Presidente Federale; l'elezione del Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti.